Cittadella, pagina speciale della “Gazzetta” per i granata. Gabrielli: “Preferiamo prendere un Tonali a un Cristiano Ronaldo…”
venerdì 16 Novembre 2018 - Ore 12:00 - Autore: Staff Trivenetogoal
Negli anni Settanta con il Compromesso storico si è cercato di dare un futuro all’Italia. Chissà come staremmo oggi se Dc e Pci si fossero messi d’accordo. Guardando il Cittadella un’idea potremmo farcela, e coltivare rimpianti. Perché la società-modello della B è nata così, negli stessi anni. Era il 1973 e si sono unite la Cittadellese, squadra del popolo, e l’Olimpia, squadra dell’oratorio. Comunisti e cattolici, sotto la guida di Angelo Gabrielli, che mentre costruiva l’impero imprenditoriale dava vita a una realtà calcistica che sarebbe diventata d’esempio, nella sua straordinaria normalità. Il Cittadella, appunto, la realtà più piccola (20mila abitanti) dell’attuale B.
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«Attorno a noi — spiega il presidente Andrea Gabrielli, figlio di Angelo — c’è un bacino di 50mila abitanti. Le nostre aziende sono anche nel Trevigiano, raccogliamo consensi». Solo quello manca al Cittadella: il pubblico. Il resto è perfetto. Strutture, organizzazione, solidità, settore giovanile (16 squadre, più 5 femminili), ambiente sano. «Cose normali, che dovrebbero essere alla base di ogni società — spiega Gabrielli — e che portiamo avanti nel nostro processo di crescita».
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«Il calcio è fatto di cose normali ma difficili da realizzare – spiega – noi ce la facciamo grazie agli uomini: prima che calciatori, allenatori, impiegati, guardiamo le persone». Gabrielli allarga il discorso: «Anche in azienda guardiamo prima di tutto alle persone. Servono competenze, continuità per potersi esprimere e rimediare a eventuali errori; i nostri dirigenti vivono l’azienda come se fosse loro, con intraprendenza e capacità di vedere cose che altri non vedono. Anche Marchetti è così. E poi le gerarchie: se non ci sono io, c’è lui. Siamo poche persone con una forte condivisione».
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Gabrielli spiega: «Quella dell’allenatore è la scelta più delicata, perché non si torna indietro. Non si risolvono i problemi spendendo o facendo ribaltoni, ma sapendo soffrire». Anche la squadra cammina su questa strada. Marchetti sceglie i giocatori attraverso video e segnalazioni, li va a vedere e non si basa sul rendimento dell’ultima stagione: «Se uno è forte, è forte. Se vediamo le qualità giuste e i valori umani che piacciono a noi lo prendiamo. Certo, alle nostre condizioni, perché non possiamo fare follie. Io non ho un budget, seguo solo la linea societaria». Che è nel rispetto delle regole: un monte ingaggi di 2,6 milioni (3 con i premi), stipendi sotto gli 80mila euro netti. «Per assurdo, preferiamo prendere un Tonali a un Cristiano Ronaldo».
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Il direttore guarda il campo d’allenamento: «Vede quei pali? Sono le forche : attacchiamo i palloni con una corda e i giocatori stanno lì ad allenarsi. Oppure calciando contro il muro, destro e sinistro, come una volta». Se mai un giorno sarà Serie A, sarà per questi dettagli. «Per noi essere in B è come fare la Champions» fa il timido Gabrielli, juventino tiepido. Allo Stadium non è mai andato. «Magari con il Cittadella…».
(Fonte: Gazzetta dello Sport. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)
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