Il tornado fuori stagione in laguna, gli sfoghi di Lovisa e Sannino e il caos senza fine a Vicenza
martedì 10 Ottobre 2017 - Ore 23:23 - Autore: Dimitri Canello
Sto cercando di renderlo un appuntamento fisso del lunedì, ma fra posticipi, anticipi, lunch – match, rinvii, vittorie a tavolino, varie ed eventuali, il calcio triveneto è diventato una giungla. Per orientarsi in mezzo a orari quasi schizofrenici che mandano al manicomio tutti, a cominciare dai primi fruitori dello spettacolo (i tifosi), non basta nemmeno la bussola. Fatto sta che l’editoriale della settimana arriva con qualche ora di ritardo, ma eccoci qui.
Ferma la Serie A, che riaprirà i battenti con Fiorentina – Udinese, Sassuolo – Chievo e con un Verona- Benevento da brivido lunedì prossimo, la copertina della settimana è tutta per il Venezia. Un tornado fuori stagione si abbatte mercoledì scorso in laguna: irrituale, fuori tempo massimo, per certi versi sconcertante. L’addio di Giorgio Perinetti si consuma fra piatti che volano, comunicati al veleno e un rapporto che va in frantumi all’improvviso ma solo in apparenza. Tacopina, lo dice la sua storia, non rimarrà a Venezia per sempre. Ma il momento dei saluti è ancora lontano, il rilancio in laguna è stato immediato e tutti i segnali sono stati rassicuranti. Leandro Rinaudo fino a giugno, poi radio – mercato gracchia in modalità criptata di un possibile ricongiungimento fra Tacopina e Franco Baldini (ex Real Madrid), legati da un solido rapporto che resiste ad anni e intemperie. Per adesso nessuna smentita e qualche mezza ammissione dietro le quinte, la pista va seguita ma intanto in bocca al lupo a Rinaudo, che si è presentato nel modo giusto.
Perché se n’è andato Perinetti? Nel comunicato ci sono tutti gli indizi necessari per capire. Al di là dell’irritualità e della mancanza di rispetto di Enrico Preziosi, che annuncia in tv l’ingaggio di un dirigente sotto contratto con un altro club fino a giugno, le motivazioni sono chiarissime. In quella frase in cui si ricorda “il budget più alto di tutta la categoria” speso per risalire c’è tutto. Per risalire due scalini in due anni si doveva spendere e giocare al rischiatutto: Perinetti ha speso tantissimo, ovviamente autorizzato, ma i ritocchi contrattuali in caso di promozione e diverse operazioni economicamente discutibili (su tutte il riscatto di Caccavallo, finito poi in prestito a Cosenza, per la bellezza di 300mila euro, cifra confermata dalla società) hanno incrinato la fiducia di Tacopina. Insomma, la storia di Perinetti si conferma tale: bravissimo dirigente, profondo conoscitore di calcio, capace di farsi aprire le porte anche dai padroni del pallone italiano, ma a un certo punto si arriva a un bivio. Proseguendo a oltranza su una strada con queste caratteristiche senza avere ancora in mano la certezza del nuovo stadio (chiedere per informazioni lumi sui contratti dei vari Pederzoli, Tortori, Ferrari, Facchin, Baldanzeddu e lo stesso Caccavallo) si sarebbe imboccato un vicolo cieco. Ecco, dunque, che si riparte senza più bisogno di rilanci al buio, perché la base di squadra c’è tutta, perché Inzaghi sta facendo un gran lavoro privilegiando la sostanza allo spettacolo e perché era urgente un riequilibrio dei costi e un cambio di rotta. Il che non significa non spendere, ma evitare che i conti vadano fuori controllo, perché da queste parti pianti e stridore di denti li hanno già conosciuti.
Passiamo al Cittadella: il mondo si divide in pro – Zeman e anti – Zeman, a scanso di equivoci io faccio parte dei primi. Tuttavia, quando ho letto l’analisi pre – match del boemo ho dovuto riavvolgere e riascoltare perché pensavo di aver avuto un abbaglio. Invece era tutto vero. Ora, tutto si può dire, fuorché il Cittadella giochi poco e lo faccia solo di rimessa e infatti all’Adriatico Venturato ha vinto, fino a quando la partita lo ha permesso, imponendo il suo gioco. Il suo stile consueto, che magari prevede qualche gol in più, ma mai una tattica rinunciataria. E occhio al Cittadella che, lo ripeto, ha tutto per essere una delle sorprese del campionato di B.
Scendiamo di un gradino. In C si è messo a correre il Padova, che ha blindato quattro vittorie consecutive, tre in sette giorni. La conferma di una rosa importante e attrezzata per il primo posto, così come ha fatto la Sambenedettese, che sta viaggiando a mille. È stata la settimana degli show in sala stampa. Quello di Mauro Lovisa al Bottecchia, con toni alti e a tratti esasperati nei confronti di un opinionista reo di non comprendere la dimensione del Pordenone e quello di Giuseppe Sannino a Trieste dopo la vittoria con la Fermana. In quest’ultimo caso mi devo ripetere: gli spifferi dal golfo erano reali, se mi si chiede un’opinione la Triestina sta facendo il suo dovere, è tornata in C, ha cambiato praticamente tutta la squadra, ha tanti giocatori che arrivano dalla D. Sannino, dunque, non ha motivo di agitarsi troppo, il mestiere di allenatore è questo, condizionato da mille variabili, una delle quali imprescindibile: i risultati. Quanto a Lovisa, su una cosa il presidente ha ragione: il Pordenone sta facendo miracoli, fino a qualche anno fa pensare che potesse ambire alla B era pura follia, Tedino non era nessuno e adesso è uno degli allenatori più bravi in circolazione, fermo restando che la politica societaria regala frutti anche con Colucci in panchina. Non so se basterà per il primo posto, ma di sicuro il Pordenone se la giocherà anche stavolta.
Mentre il Mestre fa un figurone a Salò contro quella che, a mio avviso, sinora è la più grande delusione del girone, chiudiamo orientando i radar sul vicentino. Il Bassano si vede strozzare l’urlo di gioia in gola quando già assaporava il primo posto, mentre il Vicenza beve l’amaro calice della prima sconfitta. Ieri sera sono stato ospite di Sara Pinna a TVA e chi ha visto “Rigorosamente calcio” forse ha capito un po’ di più come la penso sulla società. Qualcuno continua a non essere d’accordo con la mia visione, ma tant’è: ognuno la pensa come vuole, la mia opinione su Boreas Capital l’ho esposta con chiarezza da fine maggio e non serve più che la ripeta. Ribadisco che, allo stato attuale delle cose, il male minore resta che Vi.Fin, pur con tutte le sue contraddizioni, rimanga in sella. Il 182 bis è stato da un lato un colpo di genio perché scaccia lo spettro del fallimento, dall’altro un cappio al collo che impedisce una vera ripartenza. Non sono preoccupato per il ko della squadra, che secondo me rimane ben costruita e ben guidata. La vera spada di Damocle resta il caos in società e, fino a quando non ci sarà chiarezza (la comunicazione è la grande assente da parte di chi, in questo momento, si trova sul ponte di comando) e al di là delle dichiarazioni ufficiali, la squadra non potrà non esserne condizionata. Sulla nuova trattativa con la cordata torinese, non ho notizie precise almeno alla data e all’ora attuale. Resta sempre il solito interrogativo: quale imprenditore sano di mente, serio e affidabile, senza interessi o avere qualcosa in cambio, potrebbe pensare di farsi carico di una società di calcio, per quanto storica o gloriosa, gravata di oltre 13 milioni di debiti in Serie C? La risposta temo sia: nessuno. Per questo penso che chi ha pur sempre un’attività a Vicenza, un nome e una reputazione da difendere, ci penserà due volte prima di affossare se stesso e 115 anni di storia. Se poi mi si chiede: “Come finirà?”. La risposta è un desolante ma sincero: “Non lo so…”
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