Chievo-Frosinone, Pepe: “Il valore aggiunto? Lo zoccolo duro italiano. E ho già parlato con Nember…”
mercoledì 20 Aprile 2016 - Ore 12:00 - Autore: Gabriele Fusar Poli
A ruota libera, come la sua vita. «La mia più grande pazzia? Non ce n’è una, è tutto un continuo. Io sono fatto così», l’autoritratto di Simone Pepe, variabile fuori controllo di Veronello insieme al compare Pinzi, difficile da arginare anche a «Lunedì nel Pallone», su TeleArena, il giorno dopo il pari di Udine. I pensieri corrono veloci. Verso Rolando Maran ad esempio: «Normale che per lui ci sia l’interesse di squadre di Serie A, i risultati di squadra si traducono in vantaggi anche per i singoli, come ci ha sempre detto il mister. Ci sta che certe società stiano prendendo informazioni su Maran». Il prossimo Chievo avrà ancora Pepe, pronto a metterci una firma e a rinnovare un contratto in scadenza fra due mesi. «Una chiacchierata col direttore Nember l’ho fatta, c’è la volontà da parte di tutti di chiudere l’accordo ma per adesso è meglio pensare al campionato e finire la stagione nel migliore dei modi. Con il Frosinone sarà una partita difficile, ormai in Serie A se non vai in campo sempre al cento per cento fai fatica con tutti», il ragionamento di Pepe, seduto per l’occasione vicino a Pierino Fanna, leggenda del Verona. IL BUIO E LA JUVE. Ha voglia di correre Pepe, che in bacheca ha quattro scudetti ma anche più di due anni senza calcio per una coscia sinistra che proprio non voleva lasciarlo in pace. «Ho superato quel momento pensando che in fondo nella vita i problemi seri sono altri. Mi sono fatto male in fondo a 29 anni, dopo buona parte della mia carriera. Mi fossi infortunato a 18 sarebbe stato tutto diverso. Penso a Mattiello, che è giovanissimo e che ha dovuto subire già due infortuni molto seri. Nonostante tutto in quel periodo ero sereno, felice per la nascita di mia figlia e convinto che prima o dopo sarei tornato in campo», ha raccontato Pepe, uno che a 32 anni è pronto a vivere un altro capitolo della sua vita. La Juve è alle spalle, «una squadra, quando arrivai io, ancora in costruzione perché se ci fossi andato cinque anni prima in quella squadra dei vari Cannavaro, Thuram e Zambrotta avrei fatto solo panchina perché davanti a me avevo un Pallone d’Oro come Nedved e un futuro campione del mondo come Camoranesi. Come posso paragonarmi a due così? Potevo essere un buon rincalzo, come Pessotto e Birindelli. O come il Padoin di oggi». CONTE E VERONELLO. La Juve è stata per lui anche Antonio Conte, «il miglior allenatore che abbia mai avuto, un vero perfezionista. Perché ha già detto che andrà al Chelsea? S’è voluto dare tranquillità, ma è giusto che uno come lui lavori sul campo tutti i giorni. Questa è la sua forza. La Nazionale non ha mai espresso un gran gioco», aggiunge Pepinho, «nemmeno quella del 2006 in cui c’erano venti campioni e tre giocatori bravi. Ora di campioni ce ne sono quattro o cinque, eppure l’Italia di Conte ha sempre provato a giocare a calcio». Pepe trova anche un’analogia fra Juve e Chievo: «Lo zoccolo duro italiano, quello lo devi avere. È un valore fondamentale, così come girarsi nello spogliatoio e trovare tanti leader. Quello tecnico, quello di campo, chi come Bizzarri parla poco ma quando lo fa dall’alto della sua esperienza ti trasmette sempre qualcosa di importante. Il concetto di gruppo spesso è inflazionato, il nostro invece è un blocco autentico». Talmente forte da poter fare a meno di Paloschi «perché tutti gli attaccanti finora hanno dato il massimo. La sua cessione è stata importante per lui e per il Chievo, siamo stati bravi ad ovviare alla sua partenza ma non ci dimentichiamo che finché è stato qui Alberto ha fatto grandi cose per noi». L’ultimo assist, in chiave azzurra, è per Meggiorini «che avrà anche trent’anni ma che per Conte potrebbe essere utile, in fondo all’Europeo serve gente che dia tutto in sette partite concentrate in un mese. Meggiorini per di più conosce bene il 3-5-2, l’ha imparato bene negli anni di Torino. Potrebbe essere utile alla Nazionale, come in futuro certi miei compagni che devono ancora lavorare molto ma che hanno tutto per arrivare molto in alto».
(Fonte: L’Arena)
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