Chievo, quindicesimo ritiro per Pellissier: “Più mi alleno e meno fatica faccio a star dietro ai giovani!”
giovedì 21 Luglio 2016 - Ore 11:00 - Autore: Gabriele Fusar Poli
Quindici anni di Chievo, quindici anni di ritiri e una familiarità con San Zeno che quasi commuove. Sergio Pellissier riparte dalla sua squadra e da se stesso, fedele al cliché del capitano-totem che non spreca le parole, pesa i giudizi e inoltra al gruppo messaggi di buon senso. Il primo dei quali è «non sentiamoci arrivati» perché i 50 punti del campionato scorso sono già seppelliti e perché non esistono formule che garantiscono ancora la salvezza. Neppure se il Chievo rinasce col valore aggiunto di essere quasi identico a quello di due mesi fa: «La conta dei ritiri? Sono così tanti che ormai bisogna solo pensare di farli al meglio», rivela sorridendo dalla hall dell’hotel Diana, accogliente eremo con vista lago. «L’importante è sapere che più ti alleni e meno fatica fai a star dietro a questi giovani».Fisicamente come sta il Pellissier di fine luglio?«Siamo ancora in là ed è giusto che sia così. I carichi sono pesanti, siamo stanchi ma la voglia è quella giusta. Vogliamo assolutamente ripetere il campionato fatto l’anno scorso».Che sensazione dà sentirsi ancora al passo con ragazzi che hanno magari dieci o quindici anni di meno?«Non è semplice: ti accorgi che molti potrebbero essere tuoi figli. Però sento ancora tante emozioni: riuscire a far tutti gli allenamenti e competere ancora a questi livelli con questi ragazzi ti dà la conferma che hai ancora qualcosa dentro». E quali sono i segnali generali? Ci sono indicatori, presagi che possono già raccontare qualcosa di quello che riserverà la nuova stagione?«Intanto sai che quando l’anno prima fai bene poi devi alzare la soglia di attenzione. È inconscio ma qualcosina molli… E allora guai a pensare che anche la nostra prossima Serie A procederà in tutta tranquillità».È un rischio che esiste in questo gruppo?«Per ora no. Ma cercherò, magari assieme agli altri più vecchi, di far capire che quello che è stato l’anno scorso è stato e che è già iniziata un’altra storia. Questo bisogna capirlo subito perché poi riuscire a rientrare a campionato in corso non è semplice, è importante partire bene». Qual è l’immagine, il flash, la partita che resta impressa della vecchia stagione? «Le cose positive ti rimangono tutte. Dopo di che è stato un anno abbastanza tranquillo, non abbiamo mai rischiato per cui non c’è stata mai una partita fondamentale, una di quelle da vincere a tutti i costi. Eravamo salvi a tre quarti di campionato. Diciamo che è stato un anno un po’ strano per il Chievo». C’è qualche episodio particolare, qualche aneddoto legato a vecchi ritiri che vale la pena di rispolverare?«Ho passato tantissimi allenatori, tantissimi preparatori, tantissimi giocatori e ogni anno è un ritiro diverso. È vero che a San Zeno ormai mi sento a casa ma c’è sempre qualcosa di nuovo. In generale direi che una volta i giocatori facevano più gruppo, oggi si è tutti più indipendenti, si sta in camera di più… È l’evoluzione, i giovani sono così, bisogna adattarsi».A proposito, il Chievo è cambiato in maniera quasi impercettibile: quanto possono pesare la continuità e le vecchie certezze?«Può essere sempre un’arma a doppio taglio. Ripeto: se c’è gente che pensa che l’anno scorso è stato tutto semplice e che lo sarà ancora perché la squadra è rimasta quella fa un errore enorme».In estate ci sono stati addii dolorosi anche dal punto di vista umano. Come la vedi?«Questo è il calcio. Sul campo bisogna dar tanto ma mica sempre ti torna quel che vorresti o che meriteresti. Indubbiamente – e penso a Pinzi o Pepe o a Bizzarri, un altro che qui ha dato tanto – bisogna dire che a volte non basta neanche dare tutto. Spiace perché qui anche chi non ha giocato o ha giocato poco ha dato il suo contributo e ha dato tanto al gruppo».Capitolo Sorrentino: per qualche amico che saluta ce n’è un altro che ritorna. E può aver colpito che il giorno del raduno lui si sia seduto proprio di fianco a te. Solo amicizia o era un modo per chiedere solidarietà al capitano?«Solo un fatto di età…».A parte le battute?«Stefano ha una personalità talmente grande che non credo proprio che gli serva il mio appoggio. Credo solo che ci siamo trovati lì quasi per caso. Ma ci conosciamo che avevo appena dodici anni, io nel Toro e lui alla Sisport, squadra filo-Juve». Comunque amici.«Io con lui ho sempre avuto un buon rapporto: magari ha un carattere un po’ particolare ma ha anche il grandissimo pregio di dirti in faccia quello che pensa. Non piacerà a tutti ma a me sì. E ricordo anche che quando ha giocato nel Chievo ha dato tanto».Bizzarri contro Sorrentino…«Sono due portieri straordinari, dura scegliere. L’ha fatto la società e noi ne prendiamo atto». E se la società te lo chiedesse cosa ti sentiresti di dire ai tifosi per difendere la scelta?«I nostri tifosi sono intelligenti. È normale che abbia potuto dar fastidio l’atteggiamento che Stefano ha avuto a suo tempo nel voler andare via ad ogni costo e io questo a lui l’ho già detto. Ma l’affetto che prova per questa società, per il presidente e i tifosi stessi c’è, altrimenti non sarebbe ritornato. Al di là dei suoi legittimi motivi personali. Sappiamo quello che può dare al Chievo. E ci servirà averlo al cento per cento». Maran ti ha detto qualcosa di particolare in questi giorni? «Penso che abbia già tanti pensieri… E poi sa che questo gruppo non ha bisogno di tante parole. No, il mister non mi ha detto niente ma nemmeno mi aspettavo che lo facesse».E Campedelli? Qual è stato il suo ultimo messaggio al capitano?«Noi due scherziamo praticamente sempre. Penso che mi tenga qui solo per quello… A parte gli scherzi, sappiamo quanto ci tiene a questa squadra e quanto gli manca il campionato. Speriamo di dargli qualche soddisfazione anche quest’anno».Se tu dovessi potenziare qualche virtù di questo Chievo su cosa punteresti? «Il gruppo è ottimo e non lo toccherei. Mi piacerebbe soltanto che fossimo un po’ più cinici».Spiegati.«Tante volte magari abbiamo sprecato qualcosa che non ci ha permesso di portare a casa il risultato. Ma è davvero difficile trovare qualche difetto al Chievo nell’anno passato. È stata una stagione talmente positiva…».E i cento gol in A? Meglio tenere il mirino puntato o evitare il discorso?«Ogni volta che inizi un campionato devi sempre porti degli obiettivi e questo mi auguro di centrarlo al più presto. Prima aspettavo i cento nel Chievo, speriamo di raggiungere al più presto i cento in A. È una pressione enorme, un traguardo a cui tengo e vorrei godermelo il prima possibile».Restando al reparto, pensi che sia già al completo?«Questo andrebbe chiesto al direttore. Diciamo che abbiamo perso un attaccante che viveva per il gol ma abbiamo un Inglese che può crescere e diventare lui il nuovo Paloschi. Deve dimostrare di poter essere un vero bomber, al di là della pressione che cresce».Avrai dato un’occhiata al resto della A. Troppo facile (o prematuro) indicare ancora la Juve come favorita? «La Juve è troppo forte, ha proprio un’ossatura diversa. È abituata a vincere, ha dei campioni… Basta pensare che la difesa della Juve è quella che ha tenuto in alto la nazionale agli Europei. Sono forti, hanno fatto acquisti importanti e credo che altri ne faranno».E sulle mosse delle vostre concorrenti che giudizio dai?«L’ultima volta che ho dato un’occhiata alle altre, un po’ di anni fa, ho pensato che ci saremmo salvati e invece siamo retrocessi. Ergo: delle altre non me ne frega niente… Pensiamo a noi».
(Fonte: L’Arena)
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