Triestina, le “seconde linee” danno garanzie. Ma l’attacco è spuntato…
martedì 20 Dicembre 2016 - Ore 12:00 - Autore: Gabriele Fusar Poli
La Triestina ha il merito di aver costruito un girone d’andata molto positivo. Ma non si può non sottolineare come la squadra di Andreucci abbia lasciato sul cammino qualche punticino che la terrebbe nella scia di un Mestre stratosferico. Lasciando stare la sconfitta casalinga con la formazione di Zironelli che ci può stare, tante, forse troppe sono state le partite nelle quali l’Unione ha fatto il match per poi concludere con un pareggio o con una sconfitta (ad Abano). È successo in casa con Feltre e a Vigasio tanto per fare un esempio.
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A voler vedere il bicchiere mezzo pieno conforta proprio il rendimento dei giocatori hanno sostituito i titolari. È una caratteristica che si era già vista in altre circostanze (il solo Carraro sembra fare fatica) e questo indica che la rosa è abbastanza lunga nonostante gli under siano contati o poco più. Perché Crosato è una discreta alternativa a Bajic le cui sgroppate sono comunque fondamentali per il gioco offensivo. Il jolly Di Dionisio può giostrare sia a centrocampo che in difesa, lo stesso Celestri da interno sinistro è un giovane che gioca con ordine, voglia ed è dotato di un piede più che discreto. Nel bicchiere mezzo vuoto invece c’è una certa mancanza di incisività nelll’andare in gol. In certi momenti della stagione, e questo sembra essere uno di questi, la palla non ne vuole proprio sapere di entrare. Ma a voler far lavorare la ragione è evidente che qualcosa si sia inceppato nel reparto che è il gioiello costruito quest’estate. França dopo un periodo di appannamento domenica ha dimostrato una nuova vitalità ma comunque non è riuscito a segnare come capita da oltre un mese. Dos Santos è utilissimo per recuperare palloni, far salire i compagni e per lanciarsi in contropiede. È un ragazzo che corre tantissimo il che, sommato a un piede non fatato, fa sì che gli manchi la lucidità e la precisione quando si tratta di concludere a rete. Serafini gioca quasi sempre da trequartista e quindi abbastanza distante dalla porta. Il suo compito è quello di creare sponde per i compagni specie di testa e anche a Verona in area non è riuscito a sfruttare una buona occasione di testa. Ma al di là dei singoli sembra esserci un minimo comune denominatore che indubbiamente incide sulla capacità di sfruttare la mole di lavoro e di occasioni create. Dagli spalti si ha l’impressione che, pur nell’impegno di tutti, manca quel pizzico di cattiveria che consente agli attaccanti di andare in gol anche quando non si gioca sul velluto.
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(Fonte: Il Piccolo. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)
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