Verona, Venezia, Padova, Vicenza, quattro successi e quattro storie da raccontare. Ma c’è del bello anche a Trieste, a Udine e a Treviso. Trento, ecco cosa serve a gennaio, Chievo: è allarme
domenica 14 Dicembre 2025 - Ore 23:15 - Autore: Dimitri Canello
Passano le giornate e la sensazione che qualcosa di bello stia succedendo aumenta e dilaga: Verona, Venezia, Padova, Vicenza, quattro storie, quattro sprazzi di cielo azzurro. Prendete l’Hellas. Sembrava spacciato, con le spalle al muro, come l’anno scorso Zanetti era sull’orlo dell’esonero, ma è stato difeso dal suo direttore sportivo. Una scelta rischiosa, difficile, persino azzardata. Eppure Sogliano ha visto che Zanetti aveva ancora qualcosa da dare al Verona. Perché, diciamo la verità, tante sconfitte gialloblù erano state immeritate, di chi stava dietro ad annaspare nella palude della zona calda l’Hellas era quella che giocava meglio e qualche barlume di speranza c’era ancora. In una settimana, sei punti. Pesantissimi, prima con l’Atalanta, battuta nettamente e con pieno merito, poi con la Fiorentina, ancor più pesanti in uno scontro diretto che ha affossato i viola. Sotto il segno di Giovane e Belghali prima, di Orban poi. Bene, anzi benissimo, anche se non è stato fatto ancora nulla perché ancora oggi il Verona sarebbe retrocesso. Eppure la squadra batte, pulsa, convince e lotta col coltello fra i denti. Insomma, ce la può fare, per l’ennesima impresa.
Venezia, quindi. Bello, anzi bellissimo. Abbagliante ad Avellino, dove ha preso a pallate un avversario che si è ritrovato in vantaggio senza neppure capire come, ha pareggiato, ha dominato, ma incredibilmente ha pareggiato. Ma il meglio doveva ancora venire. Col Monza la luce è stata purissima. Una prestazione magnifica, sontuosa, piena di “più” e con pochissimi meno. La vittoria certifica che per la promozione diretta il Venezia c’è ancora, nonostante un Frosinone straripante, che continua a vincere e a collezionare punti, a dimostrazione di quanto possa fare la differenza un allenatore, in questo caso Alvini. Ma anche in laguna c’è un cavallo di razza come Giovanni Stroppa. Che ci ha messo un po’ a ingranare, soprattutto fuori casa, dove la squadra ha stentato parecchio, non nel gioco, ma negli equilibri. Quell’impronta zemaniana sempre presente nonostante la metamorfosi tattica e la virata sul 3-5-2 avvenuta nel corso degli anni, ha portato il tecnico lodigiano a costruire la squadra più bella della B. Giocano tutti, corrono tutti, lottano tutti, a volte l’unico vero difetto è che il gruppo si sente troppo bravo. E tende a specchiarsi su se stesso. Ma passano le giornate gli spigoli si smussano, le ombre si dissipano e adesso la classifica autorizza di sognare in grande. Manca ancora qualcosa, come ha giustamente sottolineato Stroppa. Eppure quando vedi Hainaut fare le due fasi in modo egregio, Doumbia galoppare in mezzo, Kike Perez illuminare con lampi di classe, Adorante e Yeboah duettare e offrire certezze, Svoboda giganteggiare, Stankovic custodire, c’è molto di cui essere orgogliosi.
Padova, dunque. C’è un allenatore in vetrina: è Matteo Andreoletti, una bravura incredibile nonostante la giovane età. E’ il più giovane, ma legge le partite come pochi, indovina i cambi, ha coraggio, non si ferma neppure di fronte a mostri sacri dello spogliatoio, come quando a Pescara ha fatto scaldare Gomez senza metterlo in campo. O come quando tiene Baselli a minutaggio ultraridotto perché deve pensare al bene della squadra. E lo fa egregiamente. Il vero valore aggiunto di questo Padova è lui, perché le cose a queste latitudini sono cambiate quando è arrivato lui. Ha messo in fila una promozione e uno spicchio di campionato al di sopra di ogni sospetto. L’obiettivo resta la salvezza, ma quando galleggi in Serie B, basta poco, pochissimo, per arrampicarsi in alto, così come bastano un paio di onde anomale per sprofondare subito in acque agitate. Sinora ha tirato quasi sempre la vecchia guardia, ma ultimamente qualcosa sta cambiando. Sorrentino ha preso possesso della porta e merita in questo momento di giocare titolare. Sgarbi è una certezza, ma chi lo ha seguito negli anni non è certo sorpreso. Gomez sta mettendo minuti nelle gambe, se svolta lui svolta tutta la squadra e tutte le previsioni vanno riviste al rialzo. Crisetig, con gli opportuni accorgimenti, è ancora un signor regista e lo ha dimostrato anche a Reggio Emilia. Seghetti ha battuto un colpo, con un gol da rapace d’area. Insomma, c’è tanto di cui essere orgogliosi nella gestione di Andreoletti che, anche quando meriterebbe di perdere come contro il Cesena, è sempre lì, aggrappato alla partita e alla ricerca dell’episodio. Se poi la società gli desse, bontà sua, un po’ di chiarezza e qualche innesto a gennaio, tutto sarebbe estremamente più lineare e lucente allo stesso tempo.
Vicenza, in fondo a questo gruppo di elette, ma solo per una questione di categoria. Perché sul campo funziona tutto a meraviglia. Dodici punti di vantaggio sul Lecco, una squadra specchio del suo allenatore. Cattiva, sporca, determinata, si muove in simbiosi, soffre, segna, difende, si mette l’elmetto, poi improvvisamente colpisce. La rosa è profonda, con qualche difetto ben mascherato dalla bravura di Gallo, mentre Zamuner dietro la scrivania ancora una volta ha dimostrato di essere un signor dirigente. Dategli i mezzi e lui in questa categoria costruirà quanto necessario. A gennaio ecco gli ultimi ritocchi, per stare tranquilli, sicuri, al riparo da sorprese che oggi sembrano impossibili, o giù di lì. Un difensore e un vice Costa, mentre la crescita di Cavion, tornato su buoni livelli quando è stato impiegato, sembra escludere un intervento a centrocampo che era stato messo in cantiere a fine estate. In uscita ci sono sempre i soliti: Cester e Fantoni e un consiglio va dato, accettino un ridimensionamento, oppure la loro carriera imboccherà un vicolo cieco, se già non lo ha fatto. Tanti, per adesso, i promossi. Ne cito solo alcuni: Gagno, Cuomo, Leverbe, Pellizzari (futuro assicurato), Tribuzzi, Caferri, Stuckler, lo stesso Rauti nonostante la recente flessione. Siamo solo a dicembre, ma la strada verso la B pare spianata. Chi vivrà, vedrà.
Ma c’è del bello anche a Trieste, a Udine, a Treviso. A Trieste non ci si arrende, in settimana è arrivata finalmente l’incursione della proprietà, che ha provato a mettere ordine, a dare un futuro all’Alabarda. Quasi certamente il prossimo anno sarà Serie D, sinceramente del discorso di Rothstein non ho proprio capito la questione stadio. Se non al Rocco, dove altro giocare? Soluzioni estreme non ne vedo, neppure alla portata nelle vicinanze e quella ventilata di Muggia mi sembra un azzardo. Le promesse non ci sono state, del resto dopo quanto accaduto negli ultimi mesi nessuno ci avrebbe creduto. Si è scelto un profilo basso, rassicurando però sul fatto che il club non sparirà neppure in caso (assai probabile, diciamo un 98-99%) di retrocessione in D. Oggi la Triestina ha offerto il suo volto migliore con l’Albinoleffe, i punti di distacco dallo zero termico sono solo due. Ma la montagna da scalare è altissima, quasi impossibile. Salvarsi sarebbe come scalare l’Everest sotto una tormenta di neve e senza gli attrezzi giusti. Ci vorrebbe un miracolo sportivo, ben più eclatante di quello dello scorso anno, pure scintillante, gaudioso, da applaudire. Attilio Tesser ha rischiato seriamente di essere esonerato giusto poco tempo fa e lo sa anche lui, nonostante il veleno spruzzato in conferenza stampa. Del resto da che mondo è mondo se i risultati non arrivano a finire sulla graticola è l’allenatore. A guardare la classifica la conclusione non può che essere una, seguendo la logica, il buon senso, l’istinto. Se poi accadrà l’imponderabile, saremo qui a testimoniarlo con piacere, visto l’affetto che ci lega alla piazza.
A Udine oggi la prestazione contro il Napoli è stata forse la migliore stagionale. Di gol i bianconeri ne avevano segnati tre, a forza di insistere quello buono è stato quello di Ekkelenkamp, il resto è stata una fotografia di rara bellezza e pragmaticità. Udine ha rigenerato Zaniolo, ha scoperto Piotrowski, ha sganciato Atta, sta crescendo Davis, sta scoprendo un centrocampo coi fiocchi. Pozzo vive sotto perenne strisciante malcontento, se non proprio contestazione, ma a Udine ormai ci si è abituati bene e forse non si è ben consci di quello che si ha: basterebbe girarsi poco lontano per capire che l’oro scoperto da quelle parti è da custodire gelosamente.
Treviso, quindi. Un progetto perfetto, solido economicamente, con alle spalle una regia illuminata e un risultato che al momento non ammette obiezioni. Più dieci sul Cjarlins Muzane che non si arrende e prova a prendere un altro attaccante (Diaw), un Gorini ispiratissimo, un mercato che porterà ancora uno o due colpi per vivere tranquilli, una C che aspetta a braccia aperte una delle realtà che al Triveneto è mancata maggiormente negli ultimi anni. Non è ancora finita, ma la strada sembra tracciata e pensiamo che ben difficilmente si possa deragliare arrivati sin qui. Le idee sono chiare, la squadra è forte sia nei senatori, che nei giovani di serie. E può spingere ancora.
Pillole finali. Il Cittadella non molla mai, neppure quando è sotto di due gol e sembra spacciato. Oggi col Novara ha rischiato pure di vincere e sarebbe stato clamoroso. Il primo posto oggettivamente è andato, oggi ha segnato Falcinelli ed è una bella notizia, ci sono ancora i playoff come soluzione di riserva. Il Trento ha una squadra matura, che sta facendo un percorso molto interessante. A gennaio se arriva una punta tutto può essere rivisto al rialzo e, al di là della difesa d’ufficio di Pellegrini (che a Meda ha dato qualche piccolo segnale di risveglio) è del tutto evidente cosa manchi alla squadra per cambiare marcia. Nota e menzione di merito per l’ottimo Tommasi, che sabato aveva parato un rigore prima di arrendersi alla ribattuta. Merita il posto da titolare e il destino gli ha restituito quello che aveva perso lo scorso anno, quando il posto gli era stato soffiato dopo un infortunio, non esattamente il massimo della vita. Il Südtirol galleggia e sabato ha evitato l’affondamento nonostante l’ennesimo cartellino rosso. Attenzione perché sta succedendo troppe volte e questo non può essere un caso. Castori avanza a colpi di pareggi, ma la vittoria manca da troppo tempo. Salvarsi è più che possibile, ma quelle espulsioni che si ripetono sono un campanello d’allarme. Arzignano e Virtus Verona, alla fine, in un modo o nell’altro, probabilmente riusciranno a evitare la retrocessione, mentre in casa Chievo trema Cacciatore. Tre sconfitte consecutive ed esonero possibile. Occhio, perché si sta sprecando una grande occasione.
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