Padova-Venezia, Brescia-Vicenza: la vittoria dei tifosi. Triestina-Tesser, si va avanti ma serve una svolta. Trento, gennaio è vicino e c’è un problema da risolvere. Treviso-Chievo: chi bussa dal piano di sotto
martedì 25 Novembre 2025 - Ore 00:36 - Autore: Dimitri Canello
E’ stato il weekend di Padova-Venezia, un derby purtroppo senza tifosi arancioneroverdi, un derby monco, silenzioso per 23 minuti, quasi surreale e poi, una volta terminata la protesta degli ultras biancoscudati, senza il necessario pathos che questa partita avrebbe potuto portare. Lo dico chiaro e tondo: sono in totale disaccordo con la scelta di prefetto e questore di vietare la trasferta ai sostenitori veneziani, così come trovo inconcepibile il divieto di trasferta ai tifosi vicentini a Brescia, per non parlare di quello ai triestini a Verona. In questo panorama desolante, la decisione del Centro coordinamento Club Biancorossi e dell’avvocato Federico Pesavento di presentare ricorso al Tar, vincendolo, rappresenta un grande elemento di svolta. Contro i divieti di chi conosce solo una via per evitare di prendersi qualsiasi responsabilità, finalmente c’è stato un segnale in controtendenza. Un ricorso vincente, un contropiede lodato da tutte le altre tifoserie, quella bresciana compresa. Un applauso a Pesavento e chissà che questa scelta in futuro faccia proseliti. Ecco, il bello del calcio è vedere i padovani che solidarizzano con i veneziani e che stanno in silenzio per 23 minuti facendo capire cos’è un calcio senza tifo, il bello del calcio sono i bresciani che accolgono con favore l’arrivo dei vicentini allo stadio. o i veneziani che aspettano la squadra per festeggiarla come merita, non avendolo potuto fare all’Euganeo. Opposte fazioni, pronte a sfottersi allo stadio e magari a mandarsi a quel paese, ma sempre entro certi limiti. Poi ci sarà sempre chi si scontra in autogrill o in mezzo un campo, ma non si può obbligare i club a costosi lavori in nome della sicurezza e poi alla prima vera occasione alzare la paletta rossa. Se al calcio si toglie il sale, ossia il tifo, è come servire in tavola un piatto insipido, insapore, inodore. Insomma, un piatto a cui manca l’essenza.
Sul campo cos’hanno detto Padova-Venezia, Brescia-Vicenza e Virtus Verona-Triestina? All’Euganeo ho visto un Venezia dominante, bello da vedere, eppure con ancora troppa distanza fra i reparti per poter pensare di vincere il campionato. Sicuramente Stroppa condurrà la nave ai playoff, ma se si vuole puntare a uno dei primi due posti, serve di più. Lo dico nella settimana della prima vittoria in trasferta, una vittoria netta, pulita, senza zone d’ombra. Almeno apparentemente. Perché laddove non si è saputo infilare il Padova un po’ dimesso di queste ultime quattro uscite, un avversario in giornata migliore o più forte tecnicamente può fare male. Belle, anzi bellissime alcune azioni, alcuni fraseggi a centrocampo, sontuoso il palleggio di Doumbia, Busio e Kike Perez, ma poi i gol bisogna segnarli e non guardarsi troppo allo specchio, altrimenti la partita rimane aperta e il Padova avrebbe potuto persino pareggiare. Il rigore di Yeboah ha chiuso il conto, ma siccome ritengo Stroppa un ottimo allenatore sono sicuro che saprà cogliere i segnali in codice che il derby ha saputo offrire. Se il Venezia vuole davvero la promozione, manca ancora qualcosa per il definitivo salto di qualità. Dispiace che, nel primo vero momento di difficoltà della stagione, c’è chi non abbia perso tempo a mettere sotto accusa Andreoletti. Perché l’allenatore è l’anello più debole del sistema, ma bisognerebbe forse orientare il proprio mirino altrove: ad esempio ricordando che l’allenatore non ha praticamente mai avuto a disposizione Gomez, Jonathan Silva, Baselli e Pastina, mentre Lasagna ha inciso solo in minima parte e Ghiglione, per ora, ha confermato di essere quello dell’ultimo anno di Salerno e non quello degli anni precedenti. Per cui si bussi alla porta di chi ha messo a disposizione un budget a dir poco risicato o di chi ha costruito la squadra, anziché puntare il dito su Andreoletti, che con questo roster sta facendo ampiamente il suo dovere.
Poi Brescia – Vicenza. Credo che alla vigilia Fabio Gallo avrebbe messo una firma per i risultati dell’incrocio fra le prime quattro del campionato. Al Rigamonti era Diana a doversi prendere la scena, anche con tanti infortuni, se voleva davvero nutrire speranze di rimonta. E’ rimasto a -10, Pasini nel dopogara ha schiumato rabbia, ma il Vicenza ha fatto esattamente la partita che doveva fare. Ha respinto l’assalto della rivale, ha segnato con Costa, si è fatto raggiungere da un ex padovano (Cisco), ma ha retto egregiamente, mostrando una solidità e una compattezza che lo portano oggi ad aver scavato un solco sulla concorrenza. Non è ancora finita, ci sarà tempo e modo di sottolineare adeguatamente i meriti di quello che sta succedendo, nel frattempo bisognerà alzare le antenne dopo le sette vittorie consecutive del Cittadella, che è riuscito a espugnare anche Lecco senza meritarlo. Una partita in cui ai padroni di casa sarebbe stato stretto anche un pari, ma oggi Iori ha trovato un assetto da battaglia dopo aver iniziato il campionato come peggio non avrebbe potuto. Oggi il dna granata si vede tutto e, se non fosse stato per quella partenza sciagurata, il Cittadella oggi sarebbe lassù, vicino al Vicenza a duellare per il primo posto. Oggi il ritardo è troppo ampio per immaginare clamorosi scossoni di terremoto, ma il campionato ha ritrovato una protagonista che si era perduta e che oggi torna a far parlare di sé. Il Vicenza deve guardare a gennaio con la voglia di sistemare gli ultimi ritocchi, di non lasciare a metà una grande cavalcata. Servono un difensore, un vice Costa e anche un centrocampista con un passo diverso per blindare un vantaggio già cospicuo. Due ritocchi sarebbero il minimo sindacale per chi vuole vincere, tre l’optimum.
Ecco Virtus Verona-Triestina. Un altro capitolo del ritorno di Attilio Tesser che sinora ha prodotto solo buone prestazioni ma pochissimi risultati. Due punti in cinque partite, troppo poco, tanto che in società si è pensato davvero di esonerarlo. Alla fine la decisione è stata quella di andare avanti, ma dovesse andare male con la Pro Patria, il ribaltone sarebbe quasi automatico e il ritorno di Marino più di un’ipotesi. La Triestina si oggi sembra portarsi dietro l’aura negativa che ha accompagnato la genesi estiva, gioca e pure bene, regala sprazzi di gioco ottimo, ma puntualmente non ha chi ne finalizzi la mole prodotta. Ecco perché Tesser, che ha un credo quasi dogmatico, che ha saputo e sa vincere con uno spartito definito, non si trova a suo agio con un organico monco, messo insieme alla bene e meglio fra rimasugli estivi, svincolati e operazioni partorite in un giorno a fine mercato. Oggi la Triestina ha l’1% di probabilità di salvarsi, questo dice la logica, questo dice la realtà. Ma pensare che chi l’ha richiamato (Zelenovic e Santini), è stato a Trieste per appena una decina di giorni pienamente operativo, rende bene l’idea del caos che continua a regnare al quartier generale alabardato.
Una questione simile la affronta il Trento, che gioca bene, ma raccoglie decisamente meno di quanto meriterebbe. Il problema è sempre lo stesso: una volta te la possono risolvere i centrocampisti, un’altra volta una zuccata di un difensore su calcio da fermo, un’altra volta gli esterni, ma se il tuo centravanti non segna praticamente mai alla fine questo a lungo andare non può non diventare una spina. Pellegrini lotta, si sbatte, apre spazi, ma quando c’è da buttarla dentro, per ora ha fatto scena muta. Un gol su rigore a Lecco, nessuno su azione, il tempo oggettivamente sta per scadere e Pellegrini ha meno di un mese di tempo per riprendersi il Trento. Viceversa a gennaio l’epilogo sarebbe inevitabile, perché tutto il lavoro fatto dalla società e da Tabbiani viene annacquato e ridimensionato proprio da questo gap evidente che si evidenzia sempre più ogni settimana che passa. E’ stato giusto avere pazienza sinora, ma le settimane passano e di segnali in controtendenza non ne arrivano.
Pillole varie. Arzignano e Dolomiti Bellunesi, visto l’andazzo, dovranno lottare fino alla fine per evitare i playout. Le lacune, sia sull’uno che sull’altro fronte ci sono, aggravate nel caso dei rosanero da infortuni davvero pesanti con cui Bonatti deve fare i conti. Se ti mancano Toci, Masut e Mazzocco per due mesi, giusto per fare gli esempi più eclatanti, è chiaro che andrebbe in difficoltà anche Guardiola. Il Südtirol pareggia troppo, gioca un buon calcio, a Modena ha strappato un ottimo punto, ma per salvarsi servono anche le vittorie e anche qui più di qualcosa da ritoccare c’è. Alla società il compito di sistemare, ricucire, rammendare gli strappi. Il Verona non vince, anzi perde, si fa male da solo, sta entrando in un loop da cui potrebbe essere difficile uscire. La disperazione di Giovane, passato dall’essere un potenziale match winner a finire dietro la lavagna per un retropassaggio sciagurato, è la fotografia di cos’è oggi l’Hellas. Riesce difficile immaginare una pronta risalita e oggi i gialloblù sono una delle principali candidate alla retrocessione. L’Udinese, nonostante un Okoye nell’inedita versione di pararigori, paga dazio con l’eccellente Bologna di questo inizio di stagione, che coinvolge un numero enorme di giocatori e che può permettersi in alcuni ruoli ben tre scelte diverse (esempi: terzini destri: Holm, Zortea, De Silvestri; centravanti: Immobile, Castro, Dallinga). Postilla finale per Chievo e Treviso: il calcio triveneto e anche quello italiano potrebbero ritrovare a fine stagione due grandi protagoniste che parevano perdute e che, finalmente, sembrano pronte a rialzare la testa. Se lo augurano in molti e, lo confessiamo, un po’ di tifo lo facciamo anche noi.
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