Venezia salvo: perché sì e perché no. Verona, hai gli anticorpi per evitare la B. Cittadella, due partite per evitare la C. Trento: e adesso? Padova, la voce di Oughourlian. Benvenuta Dolomiti Bellunesi (con il solito problema stadio)
martedì 6 Maggio 2025 - Ore 22:57 - Autore: Dimitri Canello
Mancano tre giornate alla fine del campionato di Serie A e il Venezia è a un solo punto dal quartultimo posto, che varrebbe lo spareggio salvezza (in caso di arrivo a pari punti fra due squadre non si conteggiano né gli scontri diretti né la differenza reti). Nonostante nell’ultimo turno gli arancioneroverdi abbiano recuperato un punto a Lecce ed Empoli, prevalgono i rimpianti. Perché quella di Torino era sulla carta la partita più agevole delle ultime quattro, perché il calendario mette i brividi (Fiorentina e Juve in casa, Cagliari in trasferta) e perché riesce difficile pensare alla salvezza senza aver vinto una sola volta fuori casa nel corso della stagione. La squadra è viva e su questo ci sono pochi dubbi. Esce sempre dal campo fra gli applausi, ma c’è sempre una sensazione di incompiutezza nel vedere il Venezia. Gioca bene, a volte segna, ma poi si dimentica di giocare, come accaduto nel secondo tempo di Torino dopo una prima frazione sontuosa. A volte i cambi non danno quello che il tecnico si aspettava, altre volte il Var fa arrabbiare, altre ancora una punta di uno scarpino toglie un gol che sarebbe stato strameritato per lo sviluppo di quell’azione, di certo non si può dire che il Venezia sia a credito con la fortuna. Dunque, Venezia salvo, perché sì: perché, appunto, è vivo, ha un’idea di gioco, sa sempre quello che deve fare, sfrutta le qualità che ha, ha centrocampisti che adesso segnano (prima Nicolussi Caviglia, adesso Busio e Kike Perez), perché (centravanti escluso) ha una squadra che ha un senso e che non ha nulla da invidiare altre altre concorrenti. Venezia salvo, perché no: perché gli manca un centravanti che la butti dentro, cosa che per esempio ha il Lecce (Kristovic), perché appunto non ha mai vinto in trasferta, perché ha un calendario più duro rispetto alle rivali, perché la sensazione è che abbia sprecato due grandi occasioni a Empoli e a Torino. Se riuscisse a centrare la permanenza in Serie A, Eusebio Di Francesco avrebbe compiuto un autentico miracolo.
Poi c’è il Verona, che ultimamente perde colpi e che, pur essendo a distanza di sicurezza dal terzultimo posto, teme di incartarsi da solo e un eventuale ko col Lecce aprirebbe ufficialmente la crisi. Ma l’Hellas ha dimostrato più volte nel corso della stagione di avere gli anticorpi per evitare il contagio retrocessione. Ha una difesa, salvo alcune giornate nere, che rispetto ai disastri dell’andata, si è registrata eccome grazie all’arrivo di Valentini (qualche alto e basso, ma ha portato un deciso miglioramento) e alla crescita di Coppola e Ghilardi, ha un centrocampo che poggia su Duda e prima o poi si ricorderanno delle proprie qualità anche Suslov e Serdar e magari Sarr, oltre che giocare partite di buon livello, riuscirà a colpire con una rete pesante. Non credo che il Verona, anche guardando il calendario, avrà grossi problemi, un eventuale tracollo sarebbe appunto tale e difficilmente prevedibile.
Mentre l’Udinese dimostra di non essere andata in vacanza, raccogliendo l’appello dei suoi tifosi, in Serie si stanno consumando gli ultimi fuochi della regular season. Avevo più volte scritto che il Südtirol si sarebbe salvato e il pronostico è stato azzeccato, visto che adesso c’è pure una piccola speranza di fare i playoff. Non credo succederà, ma è comunque una notizia, visto che fino a tre settimane fa l’aria che tirava era davvero pesante. Ero convinto della salvezza perché il valore dell’organico è superiore a quello di altre concorrenti e perché ha gente abituata a lottare, a partire dal suo allenatore. Castori ha compiuto una vera impresa, rivitalizzando una squadra che pareva inerme e che è tornata ad esprimere i valori che ha al suo interno. Continuo a non considerare spacciato neppure il Cittadella, nonostante i numeri e le cifre siano impietosi e che sia stato commesso lungo il percorso più di qualche errore. Il calendario dice Bari e Salernitana alle ultime due giornate, per andare almeno ai playout servono almeno quattro punti (e non è detto neppure che bastino), ma per invertire la rotta i granata dovrebbero fare il pieno alle ultime due della regular season. Il tempo dei processi va rinviato e, se anche sarà retrocessione, nella città murata non sarebbe un dramma, considerato che non si può sempre sperare di sfangarla con l’ultimo budget della categoria e di indovinare una raffica di scommesse.
In Serie C sono cominciati i playoff e per il Triveneto il primo turno è stato un autentico massacro. Fuori Arzignano, Virtus Verona e Trento. Ad essere onesto, non sono sorpreso dell’eliminazione delle prime due, mentre non mi aspettavo il ko gialloblù, che lascia un po’ di amaro in bocca in questo finale di stagione. Il Trento con l’Atalanta ha lottato ad armi pari, non si è tirato indietro nonostante diversi uomini non al top della condizione, fra cui alcuni primattori. Il pubblico ha dimostrato di apprezzare e ha applaudito lo stesso. Ora è tempo di capire che ne sarà dell’attuale progetto. Giorgio Zamuner uscirà di scena. E’ in scadenza di contratto ed è stato il principale protagonista di questi anni, non ci sono stati colloqui per il rinnovo ed è ragionevole pensare che stiano scorrendo i titoli di coda. Devo anche rettificare una mia precedente notizia: avevo scritto che Luca Tabbiani aveva il rinnovo automatico solo in caso di sesto posto e invece scatterà ugualmente perché la clausola inserita era un risultato superiore alla decima piazza. Ma le parole del tecnico a molti sono parse quelle di un addio. In realtà Tabbiani a Trento sta bene, ma aveva (ha) un rapporto eccellente con Zamuner e l’addio del ds può essere un freno alla prosecuzione del rapporto con il club. A Tabbiani piacerebbe restare, ma solo se venisse confermato il blocco di quest’anno, cosa che per molti motivi non è semplice. Poi bisognerà capire se Zamuner verrà sostituito da un ds giovane oppure se Piazzi sarà plenipotenziario in una sorta di one man show.
Una volta tanto si parla meno di Padova, Vicenza e Triestina, ma non significa che non ci sia carne al fuoco. I biancoscudati hanno dimostrato ad Avellino nella prima delle tre partite del triangolare di Supercoppa di avere ancora fame e di voler concludere in bellezza una stagione straordinaria. Tutti gli occhi sono però puntati su Joseph Oughourlian, atteso in città nel weekend del 17 e 18 maggio. Dovrò fare chiarezza sui programmi e spiegare come e se andrà avanti. Ad oggi, a dar retta alle dichiarazioni di Alessandra Bianchi e Francesco Peghin, non ci dovrebbero essere dubbi, in realtà il finanziere franco armeno ha ricevuto un’importante offerta di un facoltoso imprenditore americano (con un patrimonio miliardario). E dovrà decidere cosa fare. Se, come pare, rilanciare e puntare addirittura alla Serie A, oppure uscire di scena dopo aver riportato il club in Serie B al sesto tentativo. Sullo sfondo continua a rimbalzare il nome di Alessandro Banzato, patron di Acciaierie Venete, che Francesco Peghin sta cercando di convincere a entrare nel pacchetto azionario biancoscudato. Vedremo. A Vicenza ovviamente è un momento di standby in attesa dei playoff. Quanto al tema Stefano Vecchi e del suo futuro, sinceramente se dovesse essere promosso dopo i playoff mi sembrerebbe un controsenso andare a guidare l’Inter Under 23 dopo essere salito di categoria (sarebbe a tutti gli effetti un downgrade), mentre diverso sarebbe il caso se i biancorossi fallissero l’assalto alla B. Tutti scenari futuribili, compresi quelli che coinvolgono i dirigenti Seeber e Matteassi, il cui futuro resta tutto da scrivere. Settimana di attesa anche a Trieste, dov’è arrivato l’atteso deferimento per il mancato pagamento di Irpef e Inps relativi alla mensilità di febbraio. Uno scenario inquietante, per quanto atteso, che porterà nel prossimo campionato, se la squadra si salverà ai playout con il Caldiero Terme e si iscriverà, a una penalizzazione fra i sei e gli otto punti. Un macigno che, di fatto, compromette già in partenza anche il prossimo campionato. Non certo un bel biglietto da visita per una proprietà che ha esaurito da tempo tutto il credito che si era guadagnata.
Dulcis in fundo, benvenuta fra i professionisti alla Dolomiti Bellunesi che, a quattro anni dalla sua fondazione, rispetta alla perfezione il programma che aveva stilato. Non sono un grande amante delle fusioni, ma il progetto di creare una squadra della provincia anziché disperdere le forze in tre realtà di tono minore (Union Feltre, Belluno e San Giorgio Sedico), in questo caso è riuscito a meraviglia. Congratulazioni al presidente Paolo De Cian, perfetto mediatore con l’anima da tifoso fra le varie esigenze del territorio e a Nicola Zanini, che si è rimesso in discussione dopo l’esperienza di Vicenza e, dopo una lunga gavetta in Serie D, porta a casa un grandissimo risultato, riuscendo a staccare la corazzata Treviso proprio sul rettilineo finale. Ora, come spesso accade, si apre il problema stadio: la provincia non ne ha uno a norma per la C (il Polisportivo lo sarà dalla Primavera 2026 grazie a un investimento di 10 milioni di euro, lo Zugni Tauro dovrebbe beneficiare di un massiccio restyling per rispondere ai criteri del professionismo) e il trasloco, fino a quando non si sa, a Fontanafredda sembra un’ipotesi molto concreta. Con una domanda: ipotizzando una tempistica simile a quella avvenuta a Chioggia (prima partita al Ballarin a dicembre) avrebbe senso, per il Comune di Feltre, investire sullo Zugni Tauro se poi dopo 3-4 mesi terminerebbero i lavori al Polisportivo? A queste domanda dovranno rispondere le istituzioni, prima di chiunque altro. Perché Belluno merita strutture all’altezza, nell’eterna lotta italica (e il Triveneto non fa eccezione) a recuperare il gap sempre più imbarazzante sul fronte stadi rispetto a quasi tutti gli altri Paesi europei di prima fascia.
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