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Treviso, De Poli racconta la scalata: “Dalla Promozione alla Serie D: potevamo perderlo solo noi questo campionato!”

venerdì 5 Maggio 2023 - Ore 16:43 - Autore: Pietro Zaja


Ha voluto la scalata dalla Promozione alla Serie D con il Treviso. Se l’è cercata ed è stato accontentato. Bastava portare solo un po’ di pazienza, ma ora il suo sogno è diventato realtà. Pazienza: l’ingrediente che in pochi riescono ad avere, ma che spesso sa portare lontano. Alberto De Poli, i tifosi e il club biancoceleste, di pazienza ne hanno avuta a sufficienza e dopo stagioni complicatissime e anni di agonia, ci sono riusciti. La Serie D è concreta, reale. Ed è anche merito del fantasista biancoceleste, perché in campo c’è sempre stato, da mezzala o da trequartista, con assist per i compagni e gol decisivi, come la sassata contro la Piovese al Tenni, che ha regalato tre punti di vitale importanza alla squadra di Cunico. Poi, domenica scorsa, la festa, la ciliegina sulla torta, con l’augurio di proseguire il percorso nella Marca anche in categorie maggiori. Alberto nei sogni ci ha creduto, perché non credere anche in questo? A quasi due settimane dalla vittoria del girone B d’Eccellenza e alla conseguente promozione in Serie D, Alberto De Poli ha raccontato la sua esperienza e le emozioni provate nel corso di questi tre anni in un’intervista a Trivenetogoal.

I miei complimenti, sei stato uno dei giocatori più decisivi e importanti della stagione, se non il più determinante oltre a Sottovia. Ma queste due settimane di festeggiamenti come le hai vissute? E che sensazioni hai provato?

“Le sensazioni sono state simili a quelle che ha descritto il Soncio (Alex Soncin). L’anno scorso ci siamo andati vicini e quest’anno siamo arrivati all’ultima giornata, ma alla penultima con il Liapiave abbiamo perso. Un po’ di pensieri ti vengono in mente, perché magari ti dici che lo perdi… Arrivi all’ultima giornata e per chi l’ha vista nel primo tempo non entrava, nel secondo abbiamo avuto tre o quattro occasioni, ma la palla non entrava comunque. Ti vengono in mente un po’ di pensieri negativi, perché ti dici che non è destino. Poi, però, quando ho visto il gol di Posocco è stata davvero una liberazione, per cui sono state due settimane davvero intense e a volte non mi rendo nemmeno conto che abbiamo vinto il campionato. Veramente! È stata lunga, dura, però coronata con una grande soddisfazione e una grande emozione”.

Come hai vissuto l’intervallo della partita con il Giorgione? Soncin in tachicardia…

“Quando sei fuori è peggio di quando sei in campo, perché soffri molto di più, forse perché non puoi dare il tuo contributo o quello che vorresti dare. Quando stai in tribuna è ancora peggio di quando sei in panchina. Giochi veramente tre partite, sei tutto sudato, anche mentalmente forse. Per quanto riguarda l’intervallo della partita con il Giorgione, io ho chiesto subito ai ragazzi che erano in panchina quanto fosse il Noale. Speravo stessero perdendo o pareggiando, invece erano 0-3 dopo un quarto d’ora. Ho capito che era tutto tra le nostre mani e che potevamo farcela tranquillamente. Abbiamo provato a stare calmi, ovviamente c’era un po’ di tensione anche prima della partita, perché era giusto ci fosse, anche un po’ di paura, però siamo rimasti concentrati e sapevamo che appena avremmo fatto un gol sarebbe stata in discesa. Bastava sbloccarsi. Si vedeva un po’ anche da fuori che eravamo un po’ tirati, ma era giusto così. Contratti. Mi ricordo solo un tiro loro nel secondo tempo e basta, però noi li abbiamo messi là, ma da fuori mi rendevo conto che non eravamo sicuramente gli stessi delle scorse partite. La paura ha fatto la sua parte, però dopo guarda la cornice, 3500 persone di fronte a te pronte a festeggiare, i tifosi che ci hanno incitato dal 1’… Tutto questo ti dà una carica in più”.

Avevi mai giocato davanti a così tanti tifosi?

“Sinceramente no. A fine partita ne parlavo con Boron e abbiamo detto entrambi che è stata la partita più importante e più difficile che avessimo giocato nella nostra piccola carriera”.

All’invasione di campo dei tifosi che hai provato? Qualcosa ti ha stupito in particolare?

“Beh, tutto! I ragazzini che ci chiedevano gli autografi o le foto con i loro genitori. Qualche genitore ci ha anche detto che lui c’era quando il Treviso era in Serie A, Serie B e che avevano fatto la stessa cosa con la promozione dalla Serie B alla A. Noi abbiamo fatto lo stesso, dall’Eccellenza alla D, con tutto rispetto. Sembrava avessimo vinto una categoria molto superiore. Anche dopo i festeggiamenti siamo andati in centro: petardi, fumogeni, tifosi… Ho pensato che se per sbaglio dovessimo vincere altre categorie qui sarebbe un’emozione unica. Sapevamo che era una città che ci credeva tanto e che vive di calcio. La gente ci ringraziava, persone che non avevi mai visto, per cui questa è sicuramente la parte bella”.

Quando avete fatto i due gol lo stadio ha tremato…

“Già al primo gol ho sentito un boato, ma sono tante 3500 persone. Anche durante l’anno abbiamo fatto sempre abbastanza spettatori per l’Eccellenza. L’anno prossimo speriamo di restare, mi piacerebbe, ma per me il Treviso in D farà 1000/1500 tifosi ogni partita, perché è giusto così. Sarà una bella Serie D, con tante rivalità: Mestre, Clodiense, Treviso… Belle piazze”.

Come mai quel “speriamo”?

“Perché non si sa mai. A me piacerebbe sicuramente restare, perché ho conquistato la D sul campo, ho sempre giocato, ho fatto una bella stagione e mi piacerebbe restare. Staremo a vedere”.

Proprio sulla tua stagione: qual è stata la tua prestazione migliore e il gol più bello che hai fatto?

“La prestazione migliore è stata quella con il Borgoricco, sia mia che di squadra. Quando abbiamo vinto 0-4. Il gol più bello, invece, con la Piovese, quando abbiamo vinto per 1-0. Di sera poi… è stato veramente bello. Anche lì ho sentito un bel boato, anche se non c’era così tanta gente. Nessuno se l’aspettava da me: guardo sempre il passaggio per i compagni io, ma non sono un gran tiratore, mentre lì mi è uscito proprio bello”.

A dicembre ti avevo chiesto i tuoi tre buoni propositi per l’anno nuovo, ma me ne hai detto solo uno, ovvero la vittoria del campionato con il Treviso e la conseguente scalata dalla Promozione alla Serie D. Che significato ha per te questa scalata? E che evoluzione hai visto in questi tre anni?

“Come ti avevo già detto ero sceso in Promozione per vincere un campionato. Non l’avevo mai vinto. C’è stato l’anno del Covid, in cui abbiamo fatto 5 partite e 5 vittorie, però poi hanno bloccato tutto a causa della pandemia. Per cui dopo ci hanno ripescato, l’anno scorso siamo arrivati secondi e siamo usciti ai playoff e quest’anno abbiamo vinto. Il mio proposito principale era quello di vincere il campionato. L’ho voluto tanto, ci credevo e ci siamo riusciti. Sono veramente contento. La società ci è sempre stata abbastanza vicino. Sono tante persone, però qualcuno veniva sempre anche nei momenti difficili a dire due parole per far sentire la loro vicinanza. In Promozione c’era già Cunico e lui l’ho già vissuto, però, come evoluzione, mi pare siano rimasti sempre uguali, sempre corretti. Non ho visto grossi cambiamenti. Abbiamo giocatori in squadra che fanno da collante tra squadra e società, per cui con loro, come il Salviato di turno, per qualsiasi problema va lui a parlare e a noi ci lascia tranquilli. Noi non lo vediamo tanto questo passaggio”.

Era da dieci anni che il Treviso non disputava un campionato nazionale. E sei pure nel libro di Raffaele Campo “Treviso Calcio, è ora di tornare”, che racconta proprio questi anni bui… Ti inorgoglisce questa cosa?

“Si! Mi hanno mandato la foto e l’ho fatta vedere ai miei genitori, che mi hanno detto che era una cosa importante perché ero su un libro sul Treviso, che è comunque una società molto gloriosa. E stare qui tre anni a Treviso… Tre anni non sono pochi, quindi i tifosi ti conoscono, ti chiamano per nome e mi rende molto felice. Mi spronano. Io e Casella siamo qui da più anni di tutti. Lui l’anno della Promozione era nella Juniores, quindi della Prima Squadra sono l’unico che c’era in Promozione. Anche questo mi rende molto felice. L’anno scorso sono arrivati Masoch, Soncin e Salviato, perché c’erano Granati e Fabiano che poi sono andati via. Non siamo rimasti in tanti…”.

Su Instagram hai voluto rendere partecipi della vittoria anche i compagni dell’anno scorso e quelli che sono andati via a dicembre. Che significato hanno avuto loro per te e per voi? Li hai sentiti quando avete vinto?

“Uno dei primi pensieri è stato rivolto proprio a Tibe Granati, perché lui è di Treviso. L’ho conosciuto l’anno scorso, ma per me è come un fratello, un amico vero. Ho pensato a lui perché sapevo quanto ci tenesse a questa vittoria e a vincere con la maglia della sua città. Lo sapevo e infatti è stato un bel colpo al cuore quando a dicembre è dovuto andare via. Poi, un’altra a Gianni Fabiano, perché anche lui aveva fatto questa scelta di venire a Treviso, anche perché lui adesso vive lì. Ma il calcio è questo, bisogna fare delle scelte, ma io ho voluto ringraziare chi c’era l’anno scorso, anche Matteo Chin, che aveva un rapporto speciale con me, però purtroppo il calcio è questo e bisogna accettarlo. L’anno scorso non è stato facile, perché siamo partiti come favoriti, tutti ti fanno la guerra, e la vittoria di quest’anno è stata una conseguenza dell’anno scorso”.

Alex Soncin mi ha detto che siete fratelli in campo: che rapporto avete?

“Soncio è anche lui con Tibe uno con cui ho legato di più. È una persona splendida e in campo siamo fratelli perché io sono uno più tecnico e un po’ più bello da vedere, mentre lui è uno che corre, che dà tutto, comunque dai buoni piedi, ma si nota di più la sua grinta, quindi ci completiamo. Quando io sbaglio recupera palla e so che se sbaglio c’è lui a coprirmi le spalle”.

Quest’anno abbiamo fatto le nostre pagelle sulla stagione del Treviso. Sei d’accordo con quello che abbiamo scritto?

“Sì, molto d’accordo. Sia sulla mia che su quella di Soncio, perché anche se ha avuto molti infortuni era parte fondamentale del gruppo e dello spogliatoio. Quando era lui un po’ giù di morale ci dicevamo che non poteva esserlo, perché sennò ammazzava anche noi. Poi lui in campo ha festeggiato sì, ma anche per una settimana. Sulle storie di Instagram taggava Treviso, moltissimi festeggiamenti. Anche per lui è stata dura ed è giusto festeggiare. Con una stagione piena di infortuni non è facile”.

Qualche pressione e critica di troppo l’avete sentita?

“Questo succede in tutti in campi. Anche nell’ultima partita non eravamo contratti per la partita in sé con il Giorgione, sapevamo di poterla vincere, ma perché eravamo stati tutto l’anno primi e sai che tutti si aspettano che tu la vinca. Alla fine, sulla carta, siamo noi a dirlo che eravamo i favoriti. Potevamo perderlo solo noi questo campionato. Un’altra squadra se gioca a Treviso non fa i punti che ha fatto, perché è proprio una pressione diversa. Anche nel secondo tempo, dove non stavamo vincendo, il mugugno da fuori lo senti, perché per loro devi essere 3-0 dopo 10′, ma non è facile, perché veramente tutti ti fanno la guerra e tutti giocano alla morte con il Treviso. E si è visto con il Liapiave, una squadra che non aveva nulla da dire, ha fatto il terzo gol e si è tolto la maglia sotto ai tifosi che non hanno mai avuto. È così e amen”.

Hai giocato sia da trequartista puro che da mezzala. Nel primo ruolo ti sei esaltato di più, hai giocato più libero. Cosa cambia tra questi due ruoli? Quale ti piace di più?

“Preferisco fare il trequartista, perché rispetto alla mezzala posso andare un po’ dove voglio, a destra a sinistra, e posso avere più libertà di movimenti. Da mezzala, invece, devi occupare un po’ di più la tua zona, ma in realtà anche da mezzala vado un po’ in giro, perché mi piace cercarmi lo spazio. Ovviamente palla al piede questo, in difesa hai il tuo compito. Ho fatto il trequarti contro il Noale: nel secondo tempo sono entrato da trequartista, ho fatto bene e il mister mi ha detto che lo avrei fatto di nuovo. Ed effettivamente nelle successive 4 partite avevo fatto bene, più gol e assist, sono stato più decisivo rispetto al ruolo di mezzala”.

C’erano delle ragioni particolari sul tuo spostamento da mezzala a trequartista? Nelle ultime partite non sei sempre partito sulla trequarti…

“Sinceramente penso il mister abbia scelto in base al modulo avversario. Forse ha pensato, in base all’avversario, che era meglio tornare al 3-5-2 e così abbiamo fatto. Con il 4-3-1-2 avevamo fatto 4 vittorie, ma il cambio può essere anche una questione di giovani, di infortuni. Siamo tornati così al 3-5-2 e tutta la fine l’abbiamo fatto con questo schieramento in campo”.

Sabato affronterete l’Arzignano che gioca in Serie C. Come vivrete questa partita?

“Con l’Arzignano è un bel banco di prova. Siamo contenti di affrontare una squadra di Serie C, anche perché loro sono una bella squadra, che deve fare i playoff. Non so se giocheremo con i giovani o no, non so se loro giocheranno con solo i vecchi diciamo, perché loro non hanno l’obbligo dei giovani, però sicuramente è una partita che ti mette alla prova. Giocheremo contro dei giocatori che sono più forti di noi. Ci metteremo alla prova. È sempre una bella partita da fare”.

Un augurio per il futuro visto i buoni propositi di inizio anno un po’ incerti, se non uno (ride ndr.)?

“Sicuramente spererei di restare a Treviso e di fare la Serie D qui. Ma a prescindere da come andrà, auguro il meglio alla società, perché merita altri palcoscenici”.

Foto: FotoStampa Treviso FBC 1993






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