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Treviso, Soncin: “Aver reso felici così tante persone mi ha fatto capire l’importanza del risultato ottenuto”

martedì 2 Maggio 2023 - Ore 08:00 - Autore: Pietro Zaja


Parte integrante del gruppo dall’anno scorso, tassello fondamentale per lo spogliatoio e per il centrocampo. Giocatore d’interdizione e dai buoni piedi, con il biancoceleste nel sangue. Ha vissuto il Treviso dei livelli più alti da bambino e lo ha visto sprofondare nell’abisso più profondo, da cui non riusciva ad uscire da dieci anni a questa parte. Adesso, anche per merito suo, Treviso può riaccendere la speranza e tornare a sognare. La promozione in Serie D conquistata domenica scorsa significa tanto, per lui e per la sua gente. Ragazzo simpatico, educato e spiritoso, Alex Soncin, centrocampista del Treviso con un trascorso anche in Serie D con la maglia della Liventina, si è raccontato a tutto tondo in un’intervista a Trivenetogoal. Doveva presentarsi con una parrucca biancoceleste, quella utilizzata per festeggiare sul prato del Tenni, ma un po’ di timidezza si è fatta sentire. La parrucca era comunque lì vicino, quasi fosse un totem, un peluche da tenere stretto la notte quando si cerca di dormire. Ecco le sue parole.

Immagino che tu abbia vissuto delle bellissime emozioni in questi giorni: come stai?

“Le emozioni sono state fortissime, avevo già vinto un campionato a Motta, però il contesto e il contorno, l’importanza della città, era un po’ diversa. Senza nulla togliere a Motta, è stato bellissimo, però già vincere davanti a 3500 persone, una bolgia incredibile, è stato bellissimo. Abbiamo finito di festeggiare la notte tardi, siamo arrivati a casa sulle 4:30 e alle 7:30 ero già in piedi, ma non riuscivo a dormire, ero euforico, mi giravo e rigiravo. Pensavo solo a quanto bello era stato tutto quanto. È stato un qualcosa di inspiegabile, bellissimo. Anche capire di aver reso felice tante persone che venivano lì e magari non avevi mai visto e ti abbracciavano e ti ringraziavano, o vedere qualche dirigente che piangeva, mi ha fatto capire l’importanza che aveva per tante persone quella partita e quel risultato. È una cosa che ti riempie di gioia”.

Ti aspettavi così tanta gente domenica al Tenni?

“Sicuramente tutti ci aspettavamo abbastanza gente, però 3500 son tanti e non pensavo ci fosse così tanta gente, ma soprattutto in così tanti a spingerci al risultato finale, all’obiettivo. Anche i bambini erano bellissimi, ci facevano anche loro i cori e sembrava di avere due curve domenica. I nostri ultras sono stati pazzeschi e non ho nulla di più da dire, se non grazie, perché sono stati bravissimi”.

Dalla tribuna stampa, ai due gol, è tremato tutto quanto… Impressionante. Ma la festa in campo?

“Non pensavo ci fosse un’invasione di campo del genere. Poi, tra l’altro, mi hanno rubato le scarpe che avevo lasciato in panchina e poi non le ho più ritrovate (ride ndr.), però in campo, gente che ti abbraccia, che vuole fare foto e ti chiede i pantaloncini, la maglia, sono cose che ti restano in testa e nel cuore. Tutto bellissimo. È da giorni che ogni tanto mi metto a scorrere le foto sul telefono. Guardo le foto del post-partita, tutto veramente incredibile. Bellissimo il video della società su Facebook che fa scorrere velocemente tutte le immagini: ripercorre tutte le emozioni che ci sono state”.

Sei entrato in campo nel secondo tempo: cosa hai provato con tutta quella gente che vi guardava e vi supportava?

“Quando entri in campo, almeno per me, sparisce tutto. Ho provato molte più emozioni quando ancora ero in panchina. Mi rendevo conto dell’importanza di quello che stavamo facendo, della gente che ci incitava, di tutti i cori, delle persone che ci vogliono bene ed erano lì per spingerci e per vederci. Poi, quando entri in campo, almeno personalmente, sparisce tutto e c’è solo il rettangolo verde e bisogna fare tutto quello che c’è da fare per portarsi a casa il risultato. Le emozioni, però, almeno io le vivo più da fuori che da dentro, perché viverle da fuori ti dà un po’ più di carica”.

Al triplice fischio qual è stata la cosa a cui hai pensato?

“Datemi la parrucca (ride ndr.)! Il triplice fischio era troppo atteso. Ho chiesto all’arbitro quanto mancasse e lui mi ha detto che mancava il recupero. Eravamo 2-0, era finita, avevamo vinto, gli altri erano salvi, e gli ho chiesto quanto dava di recupero. Lui mi fa che avrebbe dato cinque minuti e io gli ho chiesto di non darne così tanti e lui mi ha risposto che mi toccava e che mancava poco. Poi, quando ha fischiato, è stato un insieme di emozioni, volevo solo urlare e abbracciare i miei compagni e tutti quelli che ci vogliono bene e che ci hanno sostenuto dall’inizio alla fine”.

La partita con il Giorgione andava vinta. C’è stato un momento in cui avete pensato che potevate non farcela? La Calvi Noale stava vincendo…

“Sapevo già che la Calvi Noale stava vincendo. Essendo in panchina sapevamo già i risultati e vedevo che stavamo attaccando, tutto il primo tempo abbiamo attaccato e il fatto che non riuscissimo a buttarla dentro non ti nego che un po’ di ansia me l’ha fatta venire. Ho fatto l’intervallo in tachicardia totale, avevo i battiti a duemila e lì un po’ di timore l’ho avuto. Poi ho pensato alla fiducia che ho nei miei compagni e poi avevamo ancora qualche freccia in panchina, quindi ci siamo fatti forza e poi come secondo me è giusto che sia stato, ce la siamo portati a casa, anche perché ce la siamo presa noi”.

Non solo la partita vi siete presi!

“No, anche qualcosa di più importante!”.

Cosa significa per te questa promozione?

“Questa promozione significa che, anche dopo un anno come l’anno scorso, con tutte le aspettative, perché anche l’anno scorso da esterni dicevano che eravamo la favorita, ci si può regalare ancora quel che ci si può regalare. Con i miei compagni abbiamo fatto una cosa veramente grande e io li ringrazierò dal primo all’ultimo giorno. Questo per me vuol dire tanto, non so neanche spiegarti cosa. Mi riempie il cuore di gioia”.

Era dal 2013 che il Treviso non disputava un campionato nazionale. Penso che questo ti renda orgoglioso di ciò che avete fatto.

“Assolutamente. Ma come ho detto prima, vedere tutte le persone che hai fatto felici con questa cosa, spero che il Treviso possa tornare in palcoscenici che ha già calcato. Non so se sarò ancora parte del gruppo, però, indipendentemente da questo, spero che torni in questi palcoscenici perché la società, la piazza e i tifosi meritano qualcosa in più di Eccellenza e Serie D. Mi auguro vivamente che, con o senza di me, arrivino dove meritano”.

La Serie D l’hai giocata con la Liventina. Che categoria è rispetto all’Eccellenza?

“Rispetto all’Eccellenza cambia abbastanza, sia dal punto di vista fisico che tecnico. Tutti noi l’abbiamo già fatta, come gruppo squadra, almeno tutti i vecchi, e penso che tutti noi vecchi, ma anche i giovani, possano farcela e meritarsela. Poi, ovviamente, ci sono anche altre cose di cui discuteranno tutti quanti personalmente con la società, però credo che tutti possano farla in questo gruppo. È un gruppo forte, unito”.

A dicembre c’è stata una sorta di rivoluzione…

“Per me non è stata una cosa facile, anche perché io ero tanto unito a tutti i ragazzi che sono andati via, soprattutto a Granati e Fabiano, con cui già l’anno scorso avevo legato tanto. Vorrei dire che questo campionato non è solo del gruppo che ha vinto, ma anche di quelli che c’erano a gennaio e anche di quello che c’era stato l’anno prima, di tutto quello che avevamo costruito insieme. Questa rivoluzione, all’inizio, ci ha un po’ disorientati e almeno per me è stato difficile, poi però ho conosciuto meglio anche i ragazzi che sono arrivati e devo dire che tutti, oltre che professionisti seri sul campo, sono anche bravissimi ragazzi a cui voglio un bene dell’anima e che terrò sempre nel cuore dopo quello che è successo domenica”.

A chi sei più legato del gruppo?

“Granati e Fabiano quando c’erano, poi a De Poli, che è il mio fratello là in campo, Simo Salviato, che è un altro con cui ho un gran rapporto. Questi sono un po’ quelli vecchi, ma di quest’anno potrei dirti Dario, che è un personaggio incredibile, magari conosciuto un po’ per altre cose, però è davvero una persona dal cuore grande. Anche con Yari Masoch ho un rapporto speciale, però sarebbe difficile dirti con chi ho più rapporto. Anche con i nuovi arrivati, Boron, Malagò, tutti quanti… Sono tutti super”.

Ti piacerebbe rivederlo così in Serie D questo gruppo?

“Identico è difficilissimo, molto, però mi piacerebbe avere uno zoccolo duro, una spina dorsale, di quest’anno e portarla avanti. Bisogna vedere cosa succederà con me, con tutti quanti, però secondo me sarebbe bello, anche perché cambiare troppo a volte non è sempre positivo. Non avrò nessun rimpianto indipendentemente da cosa succederà. Se il Treviso vorrà tenerci tutti sarò la persona più felice del mondo”.

A te piacerebbe tanto restare…

“Fare la Serie D in una piazza così è difficile dir di no. Sfido chiunque a dire di no a una piazza così. Vedremo, a me piacerebbe sicuramente. Nessun rancore e nessun problema se fosse il contrario. Intanto noi squadra, staff, società, tutti insieme siamo riusciti a riportare il Treviso in D. Questo ci fa onore sicuramente”.

Qual è stato secondo te il momento decisivo della stagione?

“Il momento decisivo per me è stato molto più tardi di quello che pensi magari, però secondo me il rigore con la Liventina al 92′ è stato quello che ha decretato tutto, perché è stato un segnale forte. La partita era bloccatissima, loro stavano facendo bene e si stavano anche difendendo bene, mentre noi non abbiamo fatto una delle nostre migliori partite. Partita così bloccata, loro così chiusi… Al 92′ riuscire a costruire un’azione, partendo dal basso con una decina di passaggi e arrivando in area loro e prendere un rigore così su uno stop da altre categorie di Dario (Sottovia), quello secondo me è stato un segnale forte, anche perché dall’altra parte il Noale vinceva. Lì, però, mi sono detto che era un segno, non possiamo più perderlo. Per me quello è stato il punto esclamativo sulla stagione”.

Gli ultimi dieci anni del Treviso sono stati un’agonia: più di 20 allenatori, molti presidenti diversi… Adesso, invece, il progetto come ti sembra?

“A me sembra un progetto stabile, forte, anche perché si sono esposti molti personaggi importanti della zona, tra cui il sindaco stesso che domenica era in campo con noi a festeggiare, quindi la vedo difficile che possa scemare questo progetto. In questi due anni ho conosciuto tutte le persone che ci sono dentro, che ci sono vicine e che gestiscono la società e mi sembra sia una cosa molto solida. Mi auguro sia così, perché questa piazza si merita altre categorie, come le persone che la gestiscono.

Essendo molto giovane io il Treviso non l’ho mai visto in categorie molto importanti…

“Io giocavo qua con i piccolini quando il Treviso era in Serie B. Ho visto quasi il tetto massimo e poi ho visto anche il fondo. Essere parte di quello che può essere l’inizio di una risalita mi rende contento e orgoglioso”.

Qualche aneddoto e qualche parere: chi è il più forte della squadra?

“Difficile questo da dire, perché ci sono luoghi e momenti. Se quest’anno qualcuno ti chiede il personaggio della squadra devi per forza rispondere Sottovia, ha fatto 33 gol. Come fai a non rispondere con il suo nome? Ci sono momenti in cui il più forte è l’attaccante che ti fa gol, momenti in cui è il portiere che ti fa il salvataggio miracoloso, momenti in cui il centrocampista ti recupera trenta palloni, quindi il più forte è lui… Io sono dell’idea che quest’anno il più forte è stato il gruppo, perché comunque non è una piazza facile Treviso per noi ragazzi e aiutandoci l’un con l’altro siamo riusciti a tirare fuori il meglio di noi da tutti. Il più forte è il gruppo e ti ho dato una risposta incredibile (ride ndr.)”.

Alle prossime però non puoi rispondere così (ride ndr.). Io mi sono fatto un’idea sul più calmo e pacato del gruppo, però magari mi sbaglio. Malagò?

“La tua idea è sbagliata. Tranquilli e pacati direi De Poli e Severgnini, parlando dei vecchi, mentre parlando dei giovani ti direi Lombardi”.

Il più esperto? È un po’ scontato però…

“Beh, Simone Salviato! Quando c’è quella tensione in più, quell’aria pesante in più, è lui che viene fuori. Lui ha una tranquillità che nessuno ha in campo. Ce le ha anche nella altre partite, però magari in queste vedi che gli altri sono un po’ più nervosi, mentre lui è uno che ha fatto Serie B e altro. Però ha sempre la parola giusta, il consiglio da darti e se deve rimprenderti lo fa, ma in maniera da non appesantirti. Quindi Simone su tutti su questa cosa è stato un fenomeno, per come ha gestito alcune situazioni tra di noi, in cui magari qualcuno di più teso che si era già mangiato le unghie fino alle nocche prima della partita, luiu è andato là a togliere la tensione. Poi batte pure le punizioni, perché ha un gran piede. C’era un allenatore dell’anno scorso, Migliorini, che diceva che aveva un cannone sui piedi. Aveva ragione!”.

Il più pazzerello? Mi dicevano che era Marcolin…

“Buona risposta. È un po’ pshyco. Lo vedi da fuori tranquillo, timido, poi l’ho conosciuto e in spogliatoio è un’altra persona. Ogni tanto se ne viene fuori e racconta una barzelletta a caso, massacra tutti. È un grande, è lui il più pazzo di tutti. Seguito a ruota da Dario, ma di più. Una bella coppia (ride ndr.)”.

Poi c’è Posocco che sembra il ragazzo perfetto…

“Lui è il ragazzo perfetto, nulla da dire!”.

Il mister quest’anno cosa vi ha dato e che impatto ha avuto?

“Il mister quest’anno ci ha dato tanto sul fatto che è riuscito a tenerci tutti sul pezzo. Questa è una cosa che ho sempre detto ai ragazzi. Magari tante volte puoi accorgerti di chi il mister vuole far giocare o meno, ma lui è stato bravo a far tenere tutti abbastanza sul pezzo. C’è sempre qualcuno che si butta un po’ più giù, però questa è una cosa che ho notato tanto e non è facile, credimi, soprattutto in una squadra così lunga, con così tanti giocatori che anche hanno sempre giocato o in altre squadre giocherebbero. Qui è stato bravo, tenerci tutti sul pezzo”.

Grazie Alex, è stato un piacere.

“Grazie a te, spero di essere stato abbastanza simpatico. Io non sono pazzerello, ma mi trasformo quando serve (ride ndr.). Domenica è stato un caso eccezionale, ma chiedi agli altri se sono un tipo tranquillo o meno”.

Foto: FotoStampa Treviso FBC 1993






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