Verona, Setti festeggia i 10 anni di presidenza: “Per me l’Hellas è una passione e non semplice voglia di apparire”
giovedì 23 Giugno 2022 - Ore 11:20 - Autore: Staff Trivenetogoal
Questa una parte dell’intervista rilasciata dal presidente del Verona Maurizio Setti a La Gazzetta dello Sport nell’edizione odierna
Il primo ricordo di 10 anni fa?
«Ero in uscita da Bologna perché c’era poca libertà per lavorare come avrei voluto. Mi guardai intorno. Riconobbi per logistica e capacità di far calcio Verona come una piazza ideale. Andai a vedere 8/9 partite. Iniziai a ragionare e mi colpì Jorginho. In realtà mi bastarono due mesi per capire che sarebbe stato quello il mio progetto. Fu determinante anche la tifoseria: mi innamorai».
L’Hellas è prima cuore?
«Oggi il calcio è cambiato molto, lo dimostrano le nuove proprietà straniere. C’è bisogno di numeri costantemente, le scelte di solo cuore non le fai più. Però per me il Verona è una passione vera e non semplice voglia di apparire».
Cosa la rende orgoglioso?
«Mi esalto per il progetto che funziona, non solo la domenica per il risultato positivo. Quando sono arrivato c’era quasi tutto da ricostruire, mi stimola vedere come questo “figliolo” sia cresciuto e continui a crescere».
Lei, il dg Simona Gioè e il ds Francesco Marroccu: la filiera è volutamente corta?
«Non puoi non avere una cabina di comando corta. Diventa difficile gestire altrimenti e solo così si ottengono risultati. L’orgoglio è avere un club che funzioni in tutte le sue aree e che sia rapido nel risolvere i problemi».
I momenti difficili?
«Ci sono stati, dovuti al fatto che un club come il nostro difficilmente potrà avere una rosa di primissimo livello. Ma anche in quei momenti abbiamo creato giocatori da Serie A, abbiamo sviluppato un vivaio. Non associo il momento negativo alla retrocessione. Nella crescita abbiamo avuto un periodo negativo sul campo verde, non fuori».
E lei come si gestisce?
«Non smetto mai di imparare. Poi ci metto istinto, caparbietà, continuità, capacità di non farsi condizionare. Non subisco gli insulti e non mi esalto con gli elogi. Sto con i piedi per terra. Faccio passare la nottata nei momenti difficili. Rifletto di più. Ero più impulsivo».
Un calciatore simbolo?
«Dico Toni. Poi Cacia, Pazzini, Romulo, Jorginho, Iturbe, Zaccagni, Valoti… Luca ha fatto cose straordinarie per l’età: lo ricordo con grande affetto».
E allenatori?
«Dico Mandorlini, Aglietti, Juric e Tudor. Ivan ha introdotto un modo di pensare vicino al popolo di Verona: attaccare, pressare, verticalizzare».
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