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  • Editoriale

Quel 9 giugno che segna Mestre, Venezia e Trieste: un raggio di sole e due autentiche mazzate

lunedì 10 Giugno 2019 - Ore 09:30 - Autore: Dimitri Canello

Avevo pensato a domenica 9 giugno come a un giorno che sarebbe potuto essere memorabile per il calcio triveneto. Pensavo al Mestre ed ero convinto che ce l’avrebbe fatta, magari soffrendo, a tornare al piano di sopra, bussando piano, quasi impercettibilmente. Pensavo alla Triestina e mi dicevo che stava davvero cambiando il vento, ascoltavo Mario Biasin e vedevo finalmente un’aria nuova. L’ho visto arrivare allo stadio in pulmino, sorridere alla gente, salutare e stringere mani dal finestrino. Come una persona qualunque, come qualcuno che ama Trieste, come uno di quei ventimila vestiti di alabardato che, ognuno per la sua parte, ha cercato di spingere in alto una città che ne ha passate di tutti i colori. Una città di confine, che bisogna saper comprendere, che a volte è strana, imperscrutabile, eppure maledettamente affascinante. E, infine, tornavo con la mente sempre a Venezia, la città in cui ho studiato e in cui mi sono laureato. Una città che ho sempre ammirato e che ho sempre considerato una realtà a sé stante in un territorio variegato e dai mille colori come quello del Nord Est. Temevo da giorni un brutto epilogo, ma speravo che una volta tanto una grande ingiustizia si trasformasse in un ribaltone insperato. Non è stato così Oggi, 10 giugno, per il calcio triveneto è un giorno con sole che sorge e che illumina solo Mestre e che per il resto è velato di nubi e di tristezza. C’è una promozione “riparatrice” con una pennellata di arancio e una di nera: riparatrice, sì, ma solo in parte di quanto accaduto dodici mesi fa. Rivedi il viso di Stefano Serena e ti fai tante domande, di cui molte non hanno risposte. Dopo il autodeclassamento, doppio, incomprensibile ai più per la forma, molto più che per la sostanza, ecco la nuova resurrezione. E i tifosi sono sempre lì, pronti e rialzare la testa, pronti a testimoniare che l’arancionero no, non vuole scomparire. Anzi, in un giorno Mestre fa un salto al piano di sopra, mentre Venezia scende al piano di sotto.

Fa male l’epilogo del Penzo. Fa male e stride, soprattutto mentre guardi l’espressione di Claudio Lotito mentre parla per 25 minuti in sala stampa, a metà fra chi osserva con fare distaccato quanto accade e magari sa dove muovere e come muovere i fili dietro le quinte. Joe Tacopina ha detto che non si arrenderà, che la squadra è retrocessa in Serie C ma che lui la battaglia è convinto di non averla ancora persa. Serse Cosmi usa termini forti, perché sta male davvero, punta il dito pure contro i giornalisti quelli che con la penna potrebbero dire qualcosa e invece, dopotutto, al grande parterre mediatico sembra che possa andare bene così. Non una parola, non un’obiezione vera a quanto accaduto. Ma davvero Serse, pensavi che qualcuno si sarebbe indignato, avrebbe mosso mari e monti per opporsi a quello che stava accadendo? Cosmi è arrabbiato, io non sono certo sorpreso forse perché ormai da tempo so come funzionano certe cose. Questa retrocessione Cosmi l’avverte come uno smacco, si è sentito preso in giro, ingannato, tradito. Da quel calcio che ama e odia allo stesso tempo: “Se qualcuno mi rinfaccia questa retrocessione gli sputo in faccia”. E ancora: “Questi playout non si dovevano giocare”. E per chiudere: “volevano il sangue, l’hanno avuto”. Ha molte ragioni, mentre la società, che ha commesso molti errori nell’attuale stagione nella scelta degli uomini guida, nella vicenda Palermo ha un unico grande torto. Quello di essere caduta nella trappola di chi sembra aver organizzato tutto nei minimi dettagli, di chi assicura che il Palermo è retrocesso, che non ci sono possibilità che succeda l’impensabile e che si potrà andare in vacanza. E poi allarga le braccia, come a dire: “Eh, che ci volete fare, è andata così…”. Tacopina non si arrende, ma l’errore imperdonabile è stato quello di fidarsi di un calcio marcio fino alla radice, di aver creduto che per il solo fatto che fosse stata emessa una sentenza e una classifica definitiva si potesse infilare le infradito e prenotare l’aereo per Formentera. A Cosmi do ben poche colpe, nonostante i suoi detrattori siano pronti al varco a dire “ecco, ve l’avevo detto”. È veramente vittima di una trappola e ho visto un uomo che conosco soffrire veramente. Per Venezia e per Tacopina è una botta tremenda, mi auguro che il presidente e chi lo circonda non molli e non si arrenda, anche se gli scricchiolii sinistri ci sono e inquietano parecchio.

Venezia si è svegliata, ha guardato la laguna e il mare e si è scoperta più triste, più smarrita e con il solito pallone che va e viene e che non vuole saperne di regalare certezze. Trieste si è alzata con gli occhi gonfi di chi ha toccato il cielo con un dito e si è vista togliere tutto all’improvviso. C’erano 20mila persone al Rocco ed è questa la vittoria più grande, da Pisa saranno arrivati in 4mila ed erano veramente uno spettacolo. Guardavo quel meraviglioso stadio intitolato al Parón e mi chiedevo come potesse essere Triestina – Pisa una partita di Serie C. La Furlan e tutto lo stadio hanno sventolato le bandiere fino in fondo, hanno applaudito lo stesso, hanno apprezzato, hanno abbassato lo sguardo perché purtroppo sono abituati a soffrire. E poi lo hanno rialzato. Ancora una volta la squadra, come contro il Pordenone, è stata tradita dalla tensione. È entrata in campo contratta, inceppata, poco fluida. Era un altro grande appuntamento, la differenza non l’hanno fatta solo i dettagli ma anche altro. Il Pisa l’ha giocata con personalità, gli episodi sono girati per il verso giusto, non ha vinto per l’arbitraggio. Perché il rigore concesso e poi trasformato da Granoche secondo me non c’era, ce n’era invece uno grande come una casa a cinque minuti dalla fine per un fallo di mano che dalla tribuna si è visto senza bisogno di replay e poi ne ha reclamato un terzo al 91′, dubbio, ma che io personalmente non avrei dato. La chiave in negativo è stato il cartellino rosso a Lambrughi, dopo un errore da matita blu di Frascatore. Anche questo figlio della tensione. È finita 3-1 per il Pisa ed è una botta durissima. Mauro Milanese aveva gli occhi gonfi di lacrime, Biasin in sala stampa non si è visto, Pavanel aveva l’aria di chi proprio non riesce a mandarla giù. Milanese lo ha confermato, lui ha detto “Ne parliamo dopo” ma poi non ha più toccato l’argomento e chissà cosa gli passa per la testa, se le sirene da Padova davvero lo possono portare altrove. Trieste ripartirà ancora, Biasin spero che vada avanti e che non molli la presa perché il calcio ha bisogno di gente come lui, ma un treno è passato e perderlo è stata una mazzata. Chissà quando e se ripasserà. Giusto non arrendersi, giusto guardare avanti. Ma la botta è davvero pesante. Per adesso serve solo leccarsi le ferite. Poi, più avanti, ci sarà tempo e modo di riparlarne






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Calciomercato

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    UDINESE 2023-2024 (Calciomercato invernale new!) Acquisti: Giannetti (d, Velez), Pizarro (a, Deportivo Colo-Colo) Cessioni: Pafundi a (Losanna), Masina d (Torino) Oggi così (3-5-2): Okoye; Joao Ferreira, Perez, Giannetti; Ehizibue, Samardzic, Walace, Lovric, Kamara; Lucca, Thauvin. All. Cioffi

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    Trento 2023-2024 (calciomercato invernale, new!) Acquisti: Satriano a (Heracles), Italeng a (Atalanta Under 23), Giannotti c (Crotone), Cappelletti d (Brindisi), Spalluto a (Monopoli), Caccavo a (Pergolettese), Puletto c (Spal) Cessioni: Galazzini d (Brindisi), Ercolani d (Albinoleffe), Attys c (Feralpisalò), Petrovic a (Spal), Garcia Tena d (Potenza) Probabile formazione (3-4-2-1): Russo; CAPPELLETTI, Trainotti, Obaretin; Vitturini, Di Cosmo, Sangalli, GIANNOTTI; Anastasia, ITALENG; SPALLUTO. All. Moll Moll

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    Virtus Verona 2023-2024 (calciomercato invernale, new!) Acquisti: Amadio d (Renate), Ronco d (Como) Cessioni: Cellai d (Fiorentina), Casarotto a (Virtus Entella), Faedo d (Padova) Probabile formazione (3-4-1-2): Sibi; Cellai, Ruggero, RONCO; Mazzolo, Zarpellon, Metlika, Daffara; Danti; Ceter, Gomez. All. Fresco

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