Pordenone 2020, Atanasio Lovisa: “Mio figlio Mauro vede sempre tutto prima degli altri!

mercoledì 5 Dicembre 2018 - Ore 10:00 - Autore: Staff Trivenetogoal

«Ricevere da mio figlio la maglia neroverde con il numero uno sulle spalle è stata un’emozione grandissima». Atanasio Lovisa non ha ancora smaltito il tourbillon di sensazioni che gli ha procurato l’inatteso omaggio pubblico ricevuto venerdì scorso, durante la presentazione nella sala consiliare del Municipio del progetto equity crowdfunding Pordenone 2020, che si avvia ufficialmente oggi. Non solo perché quel numero uno attestava che proprio lui è stato il primo sottoscrittore delle quote messe sul mercato dalla società presieduta dal figlio, ma anche perché quella maglia l’ha vestita davvero. Il calcio, e quello neroverde in particolare, in casa Lovisa è una malattia con la quale tutti, parenti e acquisiti, devono convivere. Nel Pordenone hanno giocato nonno Atanasio, papà Mauro e anche Alessandro, fresco campione d’Italia Under 17, ora nella Primavera del Napoli, sotto gli occhi di Carletto Ancelotti.

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Atanasio Lovisa plaude l’iniziativa del figlio. «Mauro vede sempre tutto prima degli altri. Anche in questo caso. L’azionariato diffuso nel calcio italiano è una novità assoluta. Chi arriva primo sentenzia , in qualsiasi settore, conquista il mercato. Sono certo che avrà successo». S’intuiscono la fiducia e l’affetto nei confronti del figlio. «È un bravo ragazzo, sia come imprenditore, perché ormai praticamente in azienda fa quasi tutto lui, che come presidente del Pordenone, dato che è riuscito a portarlo dai dilettanti regionali fino alle soglie della B. Oltretutto con soldi tutti suoi, personali, e interventi minimi della Vitis. Era bravo anche quando giocava a pallone. Una vera mania per Mauro. Già a 6 anni, quando lo portavo a vedere le partite, lui mi scappava sempre in campo. Crescendo ha cominciato a giocare pure lui ed è diventato un bomber di razza. Difficile da fermare perché danzava con la palla, aveva un dribbling bruciante e pensava più velocemente degli altri. Per fermarlo ci sarebbe voluto uno tosto, ma veramente tosto. Insomma, uno come me».

(Fonte: Gazzettino. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)