Udinese, trent’anni di Pozzo: “Rimpiango la Coppa Italia del 2005. E la squadra più forte…”
giovedì 28 Luglio 2016 - Ore 10:30 - Autore: Gabriele Fusar Poli
Il Cavaliere sta per essere disarcionato anche dal Milan, la resa milionaria agli eredi dell’esercito di Tai Zong pare scritta: così Gianpaolo Pozzo sta per celebrare il 30º anniversario al timone dell’Udinese con la prospettiva di diventare a breve il patron più longevo della serie A. «A dire il vero dopo aver firmato il preliminare d’acquisto andai a San Siro ancora da tifoso e il Milan era ancora quello di Giussy Farina, quindi sono già adesso il più vecchio sulla piazza: gli anni galoppano», scherza quello che tutti in Friuli chiamano sempre presidente. Questione di sfumature, di tempi e accordi firmati alla presenza del notaio, di passaggi di consegne epocali nel calcio italiano: nella metropoli il Diavolo a Berlusconi, in provincia l’Udinese a Pozzo. Si ricorda esattamente il giorno dell’acquisto? «Non proprio. Dovrei risalire. Magari lo farò, così, tanto per ricordare qualche episodio in più. Ma è vero che per me la data del vero anniversario è il 28 luglio 1986, quando la mia prima Udinese cominciò la preparazione. Allora il campionato partiva più tardi». La serie A è cambiata tanto. E adesso alcuni club sono in mano agli stranieri… «Anche cinesi. Li conosco bene: venti anni fa avevo delle aziende in Cina. Hanno spirito imprenditoriale e capitali, ma penso che il fenomeno calcio, per come lo intendiamo noi in Europa, sia di difficile comprensione per loro». Scettico? Pensa che abbiano comprato delle società anche blasonate come l’Inter per fare affari? «No, penso che le abbiano prese per farle diventare trainanti all’interno di un gruppo. Ma una squadra di calcio è come una macchina: se la compri devi metterci anche la benzina, non si alimenta solo con i soldi delle tv». Ecco, l’Udinese potrebbe essere un esempio. Almeno fino a qualche anno fa. «Vero abbiamo interrotto il discorso perché non abbiamo saputo rinnovarci. Ora abbiamo ripreso: spero che il cocktail giovani-vecchi sia decisamente più esplosivo rispetto alle ultime stagioni. E sono speranzoso, abbiamo preso gente di talento». Un po’ il marchio di fabbrica dell’era Pozzo… «Vero, nella scorsa stagione mi sono reso conto che è meglio avere un giovane motivato che un calciatore anche esperto ma a fine carriera: questione di motivazioni, non di etica professionale». Per i prossimi trent’anni che Udinese si immagina? «Una società pronta a sfidare anche i capitali stranieri. Anche i cinesi. Abbiamo le conoscenze e gli strumenti per farlo. La struttura societaria che adesso viene orchestrata dai miei figli, Gino e Magda, è solida e con lo stadio di proprietà possiamo far parte delle realtà del calcio italiano già proiettate verso il futuro». Guardandosi alle spalle, invece, pensa di aver lasciato per strada qualche trofeo: la bacheca è sguarnita. «Rimpiango la Coppa Italia del 2005, in semifinale ci siamo consegnati alla Roma. La Coppa Uefa del 2009? No, la coppa che ci manca è quella che doveva portarci Spalletti». A proposito di allenatori: il migliore? «Tutti e nessuno. Ti innamori quando vinci, poi la magia svanisce: fa parte del calcio». Allora l’Udinese più forte: quale è, quella di Di Natale e Sanchez nel 2010? «No, quella del terzo posto nel 1998, con Poggi, Bierhoff e Amoroso là davanti».
(Fonte: Messaggero Veneto)
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