Chievo, Campedelli: “Il nostro campionato non finisce certo dopo la salvezza…”
martedì 12 Aprile 2016 - Ore 12:00 - Autore: Gabriele Fusar Poli
A tavola per parlare di vino, Chievo e serenità. Luca Campedelli, ospite nello stand della Camera di Commercio, ha raccontato la sua avventura infinita alla guida del club della Diga. Un’altra salvezza, un’altra emozione lunga un campionato. Riflessioni e idee per il futuro. Il suo Chievo sembra essere immutabile. Ma allo stesso tempo in continuo movimento. Belli e possibili.A chi dedica la salvezza di quest’anno?«Le dediche sono sempre le stesse. Penso a chi lavora per il Chievo, a chi sta vicino alla società, a chi sta vicino ai giocatori, a chi sopporta il presidente. La dedica è a tutti loro, e naturalmente ai tifosi».Si aspetta che squilli il telefono di Maran in estate?«Sinceramente non mi pongo nemmeno il problema».Lei entra nel suo venticinquesimo anno di presidenza. Si ricorda quando, da ragazzino, cominciava questo percorso? Qual è la prima emozione che le viene in mente?«Quando ho iniziato era tutto molto diverso. La prima emozione non è molto bella, sono diventato presidente perché è mancato mio papà».Pensando ad un ipotetico album con i ricordi di questo lungo percorso, in copertina quale foto metterebbe?«Senza dubbio l’immagine di mio padre».Resta dell’idea che siete tanto diversi e che il maestro rimarrà sempre lui.«Diciamo che lui non ha potuto fare quello che avrebbe potuto. Perché avrebbe potuto fare molto, ma non ne ha avuto il tempo. Credo che, altrimenti, sarebbe stato il presidente per definizione».L’impressione è che il suo percorso sia sempre stato finalizzato a fare qualcosa per il papà. Cosa le manca ancora?«Non tanto per il papà, quanto per il bene del Chievo. Quello era fondamentale. Lui teneva a questo e questo è ciò a cui tengo anche io. Per mio padre non c’è da fare niente, lui sa se le cose che ho fatto vanno bene o no e se quelle che voglio fare andranno bene o no. È sbagliato dire che ho fatto qualcosa per lui. Ho fatto qualcosa per il bene di questa società, che era sua immagine principale».Guardando indietro avete vissuto quasi tutto. Le salvezze, la grande promozione, la conferma, il ritorno dopo la retrocessione, l’Europa, i preliminari di Champions. C’è qualcosa in più da conquistare o la salvezza rimane sempre l’unico obiettivo?«Uno deve capire i propri limiti. O meglio, bisogna distinguere gli obiettivi dai sogni. Prima di tutto, l’obiettivo deve essere chiaro fin dall’inizio, ed il nostro è la salvezza. Poi è ovvio, prima la si raggiunge e prima si può pensare ad altre cose. Ma il resto viene da sé. Il nostro campionato non finisce certo dopo la salvezza. Prima ci si salva e poi eventualmente si pensa all’anno futuro, se c’è ancora tempo all’anno in corso, ai progetti da fare, alle attività».La sua famiglia fa parte delle grandi dinastie del calcio. Da cosa si differenzia dalle altre, secondo lei?«A me piace il calcio per il calcio. Il resto conta meno».Il Chievo di oggi è il Chievo di domani? «Dobbiamo ancora pensarci. Dovremo stare attenti a non stravolgere una squadra che ha fatto bene e, nello stesso tempo, a non cullarci sugli allori».Arriverà un difensore centrale, magari giovane, da far crescere?«Vedremo se ci saranno giovani con tali caratteristiche. Oggi sinceramente non è una priorità».
(Fonte: L’Arena)
Commenti
commenti