Live 24 TrivenetoGoal! Uno sguardo completo sulle squadre trivenete
lunedì 4 Aprile 2016 - Ore 10:00 - Autore: Gabriele Fusar Poli
Clicca qui per aggiornare la diretta
Ore 22.20 – (Il Piccolo) C’è euforia dentro e fuori allo spogliatoio alabardato del Comunale. C’è Mauro Milanese soddisfatto, dal corridoio esce anche il consulente Toni Iannotti. I giocatori gli hanno riservato una “doccia”. «Questo significa che il gruppo comincia a cementarsi» dice Iannotti. Poi è il turno del tecnico Roberto Bordin. Alla seconda uscita sulla panchina alabardata ha ottenuto il primo successo. «È stata una partita molto combattuta – spiega il tecnico -. Il nostro approccio è stato buono, abbiamo da subito cercato il possesso palla per fare la partita. Buono il pressing anche se abbiamo fatto fatica nel primo tempo a tirare in porta» Nei primi 10’ della ripresa l’unico momento difficile della sfida. «In effetti ci hanno messo un po’ in difficoltà e stavolta siamo stati un po’ fortunati. Ma nel calcio ci vuole. Abbiamo saputo soffrire e dopo il bel gol di Skerjanc abbiammo creato parecchie palle-gol» Dopo la partita deludente con la Sacilese al Rocco a Castelfranco si è vista un’altra squadra. «Siamo stati più efficaci ma in fondo – continua – l’atteggiamento in campo anche con la Sacilese era quello giusto. Godiamoci questa vittoria che è tutto merito dei ragazzi». L’assenza in extremis di Muzzi non ha inciso anzi. «Skerjanc ha giocato una grande gara – conclude Bordin – ma questo significa che abbiamo delle alternative valide. Bravi anche Giordani e Cuppone. Ma il rendimento di tutti è stato buono in una partita che era importantissimo vincere. In questo finale difficile abbiamo bisogno di tutti. Ora è giusto gioire. Da martedì pensiamo al prossimo match al Rocco. Perché nelle ultime cinque partite non possiamo sbagliare».
Ore 22.10 – (Il Piccolo) Dopo il flop dello 0-0 casalingo con la Sacilese, la Triestina ha saputo risollevarsi. E lo ha fatto nella partita che doveva assolutamente vincere. Contro il Giorgione, diretta rivale a pari punti fino a ieri in classifica. L’Unione non tornava a Trieste con i tre punti dal 22 novembre (vittoria a Verona). Lo ha fatto ancora una volta a Castelfranco dove due anni fa l’impresa era riuscita all’Unione di Rossitto. Ma al di là di ricordi e statistiche, il successo per 3-1 di ieri pomeriggio è stato meritato per il gioco espresso sul campo, per il carattere, per la condizione fisica. Solita fatica a finalizzare in un primo tempo dominato nella manovra. Ma la scarsa incisività dell’attacco è un problema con il quale Bordin dovrà convivere in questo finale di stagione. Se la squadra però non si scompone e anzi reagisce come ha fatto dopo il gol del pareggio, e al conseguente sbandamento di inizio ripresa, alla fine anche i gol possono arrivare. Va detto che gli avversari, bravi davanti soprattutto con Brotto, sono sembrati meno attrezzati degli alabardati nella fase difensiva e di costruzione. La conquista della salvezza non è facile ma a Castelfranco qualche buona base (anche sul piano psicologico) è stata gettata. Ed è un’indicazione positiva anche il fatto che l’improvvisa assenza di Muzzi per uno stato febbrile sia stata compensata da un prestazione ottima di Skerjanc che ha sostituito il giovane figlio d’arte destinato ieri al debutto. Proprio l’assenza di Muzzi ha costretto Bordin a rivoluzionare lo schema provato con l’inserimento, oltre che dello sloveno davanti, anche dell’under Cornacchia a centrocampo ad aiutare Abrefah nel sostegno a Spadari in regia. Cuppone è svelto e proprio sula destra l’Unione comincia a martellare sin dai primi minuti. Spadari detta i tempi e i lanci, il pallino è nelle mani degli ospiti mentre i padroni di casa, anche beccati un po’ dal loro pubblico, si limitano alle ripartenze ispirate dall’ex Gusella per le punte Brotto e Gazzola. Nessuna delle due squadre tira nello specchio della porta (a parte una staffilata di Spadari fermata da Bevilacqua). E così è un episodio a sbloccare l’equilibrio. Cuppone riesce a mettere al centro una palla lentissima sulla quale però Skerjanc riesce ad anticipareFontana che lo tocca. È rigore. Giordani, dopo l’errore di domenica si defila, mentre il terzino Dalla Riva (41’) tira con precisione milllimetrica nell’angolino destro. Vantaggio meritato. Dopo la pausa il Giorgione si fa più aggressivo. E l’Unione arretra e si apre sooprattutto a sinistra. Vezzani si supera su Brotto entrato in area al 3’ ma nulla può quando dopo 2’ l’uomo di maggior talento dei rossi veneti lo infila con un preciso destro a rientrare da venti metri. Solo in quella circostanza i ragazzi di Bordin vacillano e Gusella li grazia dal limite (8’). La scintilla della reazione nasce da un’iniziativa di alta fattura di Abrefah: il centrocampista fugge sulla sinistra e mette in area una palla d’esterno sulla quale Skerjanc è pronto e veloce a intervenire di prima intenzione. Niente da fare per Bevilacqua. I padroni di casa subiscono il colpo. L’Unione potrebbe triplicare se Giordani non calciasse in modo maldestro un assist al bacio di Cuppone dalla destra (19’). L’unico brivido per Vezzani è un colpo di testa leggermente alto di Giacomazzi. Spadari, uscito di scena nella ripresa, viene sostituito con acume da Di Dionisio per tamponare le incursioni dei veneti. Mossa che funziona. Cucchiara appena entrato per Giordani riesce a capitalizzare al 31’ un lancio di Sckerjanc e un’indecisione di Fontana. Partita di fatto chiusa e Triestina che riprende quota. La zona salvezza è a un punto.
Ore 21.50 – (Gazzettino, edizione di Belluno) Mister Vecchiato è davvero soddisfatto. Vittoria importante quella del Belluno che di fatto stacca il biglietto per i playoff. «Sono orgoglioso della prestazione della squadra. Penso che sia una vittoria meritata conquistata grazie a un’ottima prestazione di squadra. Indubbiamente è un successo che ci permette di toccare i playoff, domenica ospitiamo la Luparense e se dovessimo vincere avremmo conquistato questo traguardo matematicamente. «Vincere contro la Virtus – prosegue il tecnico, confermato con un contratto biennale dalla società – non è mai facile. È una squadra che sa lottare, di grande agonisno, ci vuole grande fisicità, ma soprattutto ci vuole grande concentrazione e la massima attenzione. I miei ragazzi hanno dimostrato di essere sempre sulla partita, abbiamo concesso davvero poco alla Virtus grazie a una prestazione collettiva molto importante. È una gara a cui tenevo molto perché sapevo le difficoltà che la Virtus ci poteva creare. Ma i ragazzi sono sempre stati molto attenti e concentrati». È stata la vostra vendetta per la sconfitta di Coppa? «Mah. Con tutto il rispetto il campionato è più importante e mi piace pensare che noi la Virtus siamo stati in grado di batterli anche all’andata. Sapevo che era una partita di grande difficoltà, direi quasi resa facile da una prestazione senza sbavature della mia squadra. È arrivato anche il gol di Corbanese, un giocatore molto importante per noi. Insomma ci sono tanti motivi per cui essere soddisfatti».
Ore 21.40 – (Corriere delle Alpi) Il ko con il Monfalcone? Già un lontanissimo ricordo. Cancellato subito dalla superlativa prestazione che i gialloblù piazzano al Gavagnin di Verona. Un 2-1 ottenuto da un Belluno operaio andato avanti con il suo capitano, tranquillissimo una volta subito il pareggio veronese e caparbio nel raddoppiare e conservare fino alla fine tre punti che sanno di play-off. Spareggi non ancora matematici, ma che potrebbero diventarlo domenica in caso di vittoria contro la Luparense. Considerando che dopo i padovani poi ci sarebbero ancora quattro partite, tantissima roba. Pur senza Duravia, pur senza Farinazzo, pur dopo una sconfitta difficile da digerire i gialloblù non si fanno intimorire dalla forza dei veronesi. Fanno due vittorie su due in campionato con la squadra del presidente allenatore Gigi Fresco e peccato solo non averci aggiunto quella in Coppa Italia. Il rinnovato impianto incastonato nel quartiere est di Borgo Venezia vede una bella spedizione di tifosi gialloblù, curiosi di vedere come potrà iniziare quest’ultima parte di campionato. Vecchiato sceglie la meglio gioventù, piazzando Quarzago titolare in mediana e Marta Bettina accanto ad un Corbanese desideroso di tornare presto al gol. Sommacal ha il compito di arginare Mensah nel ruolo di terzino destro. C’è un caldo da primavera inoltrata in terra scaligera, ma le due squadre non disdegnano la possibilità di far intravedere buone trame. La Virtus fa girare la palla in maniera discreta, ma i gialloblù non sbagliano nulla. Per il primo tiro si attende il 20’, quando Burato da fuori prova un qualcosa che finisce di molto fuori. Tre giri di lancette e passano i gialloblù. Straripante l’azione di Mosca sulla sinistra, pallone dentro e tocco rasoterra di Corbanese che fa 1-0. Solagna è bravissimo a dire di no all’incursione di Mensah, ma pure il collega Tebaldi è da applausi, quando toglie dalla porta una gran conclusione di Mosca su angolo di Miniati. Pare possa resistere il minimo vantaggio bellunese, ma la retroguardia si dimentica di Vesentini, già in rete nel match di Coppa, bravo a colpire di testa un perfetto cross di Peroni per il pari. I primi dieci minuti della ripresa paiono più una cosa colorata di rossoblù, tanto che dopo un minuto Calcagnotto è bravissimo ad anticipare il tentato assist di Vesentini per Mensah. Arriva però il momento del vantaggio definitivo del Belluno. Corner di Miniati, testa-assist di Quarzago per Corbanese che gira in porta, trovando l’istintiva respinta di Tebaldi; il pallone resta nei pressi dell’area e Sommacal tocca quanto basta per festeggiare. Fa un altro paio di cose interessanti la squadra di Vecchiato: prima Miniati tira centrale, poi Bertagno spreca malamente un appoggio di Corbanese. Salvadego è il primo a subentrare a un generoso Marta Bettina. A entrare in scena però è Solagna: il numero uno bellunese è protagonista alla mezz’ora nell’anticipare in uscita il Cernigoi, bomber appena subentrato. Tre minuti e ancora il numero uno mette il lucchetto sul vantaggio. L’intuizione di Burato per Vesentini è illuminante, la respinta del portiere sulla conclusione dell’attaccante di più. C’è da stringere i denti e anche in quest’ottica si legge il cambio Pescosta per Quarzago, anche se “Pesco” resta ad occupare il ruolo del 1999. Manca poco che non diventi protagonista, con un bel suggerimento in area per Masoch anticipato di un soffio. Il tempo scorre lentamente fino ai tre di recupero. Cernigoi di testa alza troppo. Poi è festa Belluno per una vittoria che sa di play-off. Una vittoria da grande squadra.
Ore 21.10 – (La Nuova Venezia) Sotto il segno del cinque: i gol rifilati al Fontanafredda, i punti di vantaggio sul mai domo Campodarsego, le partite che mancano alla fine. Tutto bello, se non fosse per quella mezz’ora iniziale, che non avrà fatto preoccupare i più, ma che se non fosse stato per l’immediato pareggio di Marcolini, forse non sarebbe finita in goleada. Di certo, e va detto, la differenza in campo tra le due formazioni si è vista, eccome, ma ora i punti cominciano a valere tanto e il traguardo con lo striscione “Lega Pro” inizia a farsi vedere laggiù in fondo. «Non sono abituato a segnare tanto (primo gol stagionale, ndr)» dice Matteo Marcolini «ma è stata una bella sensazione. Nelle ultime settimane mi sono allenato bene e dopo un periodo turbolento, sono riuscito a farmi trovare pronto». Sulle difficoltà iniziali, Marcolin parla anche dell’aspetto tattico. «In mezzo al campo non siamo riusciti a trovare gli automatismi giusti» spiega «loro ci pressavano alti, giocando sulle ripartenze. Poi siamo riusciti a rimontare e la vittoria è ampia. Queste non sono partite facili, perché trovi davanti avversari che hanno poco da perdere». La doppietta di giornata è firmata da Giacomo Innocenti, uscito subito dopo il 4-1 tra gli applausi. «Sono due reti importanti per me» dice «e, almeno all’inizio, ho sentito il cambio climatico, facendo fatica. Este non sarà facile, forse è l’ostacolo più duro delle prossime settimane ma dobbiamo mantenere alta la concentrazione». Denis Maccan si è battuto molto là davanti, a lui va il merito di aver fatto gli assist vincenti a Marcolini e al primo dei due gol di Innocenti. In più ci mettiamo la sua rete personale, che ha davvero svoltato la gara poco prima del riposo. «Siamo partiti non bene» commenta l’attaccante «ma dopo lo svantaggio c’era tanto tempo per recuperare. Dobbiamo far tesoro di gare come queste, non dobbiamo ripetere gli stessi errori a Este e negli incontri successivi, ora che il traguardo è vicino. Con il Fontanafredda è stata una bella partita e nel secondo tempo è uscita tutta la nostra qualità. Dedico il mio gol ai compagni: ci alleniamo tutti con l’idea di andare in campo e fare bene». Paolo Carbonaro è uscito malconcio dopo un colpo rimediato alla coscia. «Mi fa un po’ male» avverte «ma credo che in due-tre giorni il problema si possa risolvere. Lo 0-1 iniziale ci ha scossi, fino a quel momento stavamo giochicchiando ma con il passare dei minuti siamo andati a valanga sull’avversario. Con l’Este sarà dura, dobbiamo affrontarli bene». Nel giorno in cui i tifosi del Venezia hanno ricordato Alvaro Recoba e il suo addio al calcio, sullo 0-0 Gianni Fabiano ha rischiato di mettere dentro una punizione come l’uruguaiano. «Sarebbe stato meglio fosse entrata» dice il capitano di giornata «e, infatti, anche prima della loro rete abbiamo avuto delle occasioni. Il Fontanafredda ha avuto un paio di sfuriate, dopo lo svantaggio ci siamo intimoriti pensando a una giornata storta ma ci siamo subito svegliati».
Ore 21.00 – (La Nuova Venezia) Cinque a uno, risultato rotondo e, a parte pochi minuti, mai in discussione. Il vice allenatore del Venezia Giovanni Langella, in panchina a sostituire lo squalificato Giancarlo Favarin dopo l’espulsione nel derby con il Mestre, guarda subito ai primi 30 minuti di gara. «Siamo partiti male» analizza il tecnico «regalando all’avversario la prima fase dell’incontro. Non mi è piaciuto il calo di concentrazione, forse dovuto al primo caldo, alla rottura del ritmo dopo la sosta pasquale. E questo era messo in preventivo. All’inizio dovevamo essere bravi a chiudere l’incontro, invece ci siamo trovati sotto e a dover rincorrere. Di contro, siamo stati bravi a reagire e a portare a casa la vittoria». Langella elogia Matteo Marcolini, l’uomo che ha dato il via alla rimonta e a sbrogliare una matassa che poteva intricarsi. «Chi entra in campo» spiega «ha come prerogativa mettere in difficoltà l’allenatore. Nei mesi scorsi ha avuto dei problemi fisici, stavolta ha fatto una buona gara, è un giocatore importante per noi ed è un titolare a tutti gli effetti». Messi da parte i tre punti con il Fontanafredda, da oggi s’inizia subito a pensare all’Este, partita definita «importante crocevia» da Langella per il resto della stagione. In quest’annata, per il Venezia la squadra padovana significa prima sconfitta stagionale, due gol fatali nei minuti di recupero dopo essere stato in vantaggio, il conseguente esonero di Paolo Favaretto, l’arrivo di Giancarlo Favarin. «Sono un’ottima squadra» continua Langella «hanno fatto una rincorsa eccezionale, hanno la migliore difesa del torneo ma domenica, in caso di vittoria, potremmo chiudere potenzialmente il conto. Il Campodarsego continua a vincere ma tra due settimane con il Belluno dovremmo avere lo stesso vantaggio di adesso. L’obiettivo promozione è sempre più vicino e la concentrazione dev’essere sempre massima per poterlo centrare».
Ore 20.50 – (La Nuova Venezia) Cinque gol al Fontanafredda, ancora cinque punti di vantaggio sul Campodarsego con cinque partite da giocare prima della fine del campionato. Il Venezia c’è e prosegue la sua corsa, nonostante un avvio difficoltoso contro la penultima in classifica. Giornata calda con poco pubblico al Penzo, ma terreno di gioco molto secco. Tanto che prima del fischio iniziale sono stati aperti gli idranti per rendere più soffice il campo. Il Venezia è schierato alla solita maniera, con Marcolini al posto dello squalificato Soligo e Carbonaro a fare il Serafini della situazione. Il Fontanafredda si presenta con un 4-4-2, ma gli esterni di centrocampo, Cusin e Alcantara, sin dal primo minuto si spingono in avanti per pressare in quattro la difesa veneziana. Una mossa che scombina le idee agli arancioneroverdi, che faticano una buona mezzora per prendere le misure agli avversari. È pur vero che al 7′ Fabiano centra la traversa su punizione dal limite dell’area, e poi Maccan di testa manca la porta, però il Venezia non costruisce gioco come sa fare. Marcolini e Acquadro a tratti sembrano sorpresi della situazione, dietro il pressing costringe i difensori ai lanci lunghi, e così il giochetto premia il Fontanafredda che al 26′ trova il vantaggio con Alcantara. Un bellissimo gol nato da un cross dalla destra di Tonizzo, su cui l’esterno friulano ruba il tempo agli avversari e insacca di testa. Sullo 0-1 il Venezia riparte, al piccolo trotto, allarga la manovra e inizia a fare il Venezia. Passano solo 4′ e arriva il pareggio con Marcolini: scambio Carbonaro-Maccan dalla destra, sponda per il centrale di centrocampo e tiro dal limite che fa secco Onnivello. Passata la paura la squadra di Langella (ieri lui a comandare le operazioni in panchina al posto dello squalificato Favarin, ndr) prende le redini del gioco e per gli avversari cala il buio. Al 44′ Carbonaro ha un colpo di genio e serve Maccan, il bomber si gira e fa il 2-1 con un diagonale rasoterra appena entrato in area. Con la notizia del vantaggio del Campodarsego sul Montebelluna, la situazione si risistema in laguna. E la ripresa è un autentico monologo. Sì, perché i friulani tornano a fare la penultima in classifica, a chiudersi in nove davanti al portiere, e così il Venezia capisce che la sola cosa da fare è prenderli in velocità, sfruttando tutte le frecce disponibili sugli esterni e in attacco. Emerge così una volta per tutte Innocenti. A volte lo si era visto calare nella ripresa, stavolta invece la sosta gli deve aver fatto bene, tanto che in tre minuti sigla la doppietta che chiude la partita. Prima al 15′ grazie a un suggerimento di Maccan in area che manda fuori tempo Onnivello, quindi al 17′ con un tiro a giro dalla sinistra che merita applausi a scena aperta. Il Fontanafredda è in ginocchio e così c’è gloria anche per Carbonaro, che si fa perdonare un paio di occasioni sprecate in precedenza. Ricevuta palla sulla trequarti, fa qualche metro e poi spara un diagonale di destro che finisce sotto l’incrocio. Nulla da dire, se non che è una rete di quelle da ricordare. Poco dopo esce Radrezza, una prova opaca la sua, e dopo essersi seduto in panchina arriva l’espulsione a seguito di qualche frase rivolta al guardalinee. Il resto è pura gestione del risultato, con il Venezia già con la testa a Este, ultimo vero baluardo sulla rotta promozione.
Ore 20.20 – (Mattino di Padova) Soddisfazione a metà. Dopo la gara, il tecnico dell’Abano Karel Zeman si gode la vittoria sul Tamai ma tira le orecchie ai suoi giocatori per il primo tempo, in cui sono apparsi decisamente sottotono: «Anche se la matematica non ci dà ancora certezze oggi (ieri, ndr) era importante fare risultato» sottolinea il Boemo Jr. «La vittoria è fondamentale per la classifica ma non sono contento della prima parte del match: a mio parere non è stata affrontata con l’atteggiamento giusto». Nei primi 45 minuti è mancato qualcosa in fase offensiva: «Sì, nella prima parte del match non ho visto combinazioni d’attacco e la forza necessaria per mettere in difficoltà i nostri avversari» aggiunge Zeman. «Nella ripresa, fortunatamente, i miei ragazzi hanno mostrato qualcosa in più e sono riusciti a capitalizzare le occasioni create».
Ore 20.10 – (Mattino di Padova) Tra l’Abano e la salvezza c’è solo la matematica. Parlare di pericolo-playout per i ragazzi di Karel Zeman è esagerato, perché dopo la vittoria col Tamai, acciuffata grazie alle reti di Gnago e Bortolotto sul “neutro” di Este, l’ipotesi post-season da brividi sembra piuttosto remota. I 44 punti parlano chiaro, sebbene nelle retrovie ci sia tanto equilibrio quanta bagarre. I neroverdi mettono a segno un bel colpo, liquidando la sesta forza del campionato nella ripresa. Da rivedere, in vista del quintetto finale (le sfide con Mestre, Fontanafredda, Belluno, Ripa e Este) l’approccio ai primi 45 minuti, costato caro a Levico due settimane fa ma non ancora cambiato del tutto. Anzi, il torpore aponense si trascina pure al Nuovo Stadio almeno fino al 18’, quando la punizione insidiosa di Caridi fa venire un coccolone a Peresson, salvato dal fischio dell’arbitro per un fuorigioco ai confini della mischia. Fusciello e Gnago, poco dopo, non sfruttano una mezza papera in disimpegno dell’estremo pordenonese mentre il solito Caridi, al 27’, ispira la zuccata di Pramparo che finisce fuori. Sono solo tre, in sostanza, le azioni degne di nota. Troppo poche per una formazione votata all’attacco come quella neroverde, decisamente più pimpante a inizio ripresa, nonostante il tiro di Sellan (51’) propiziato da un’uscita piuttosto insicura di Bettin. Non ha problemi, dall’altra parte, Peresson sull’incornata di Bortolotto (58’). Il Tamai non fa granché, ma si fa vedere in avanti con l’assolo di Perfetto, fermato all’ultimo da Pramparo. Il salvataggio dello stopper è come l’acqua gelida al mattino per l’Abano, che si porta in vantaggio al 63’: palla larga per De Cesare, assist del mediano e inserimento da gattone di Gnago. 1-0. L’Abano insiste e neanche 3’ più tardi Gnago lancia Fusciello in profondità, bloccato in qualche modo da Peresson. Fa un pasticcio, invece, Bozzetto su Bortolotto, provocando un rigore che il fantasista di casa non ha problemi a realizzare (78’). Gli ospiti tornano alla carica all’81’ con una conclusione rabbiosa dalla distanza di De Poli, quasi telecomandata all’incrocio dei pali. Bettin può solo guardare. Non succede altro fino all’86’, quando Gnago prende palla a centrocampo e va a fare meta nell’area avversaria, sparando su Peresson. Il Tamai, complice l’inferiorità numerica per l’espulsione di Kryeziu (doppia ammonizione), non ha la forza per imbastire l’assalto nei minuti di recupero, facilitando così la gestione del risultato da parte dei termali.
Ore 19.50 – (Mattino di Padova) A fine gara si è preso ben volentieri i gavettoni dalla squadra: Stefano Zarattini sta ricevendo le soddisfazioni che nella prima parte di stagione erano mancate. «Sono molto contento», le parole del patron della Luparense, «perché stiamo attraversando un momento positivo che ci ripaga degli sforzi fatti per costruire questa squadra. Due mesi fa questa partita l’avremmo persa: siamo stati bravi a crederci per due volte, dopo essere finiti sotto. Ci siamo tolti il peso della zona playout, da quando ne siamo usciti abbiamo cominciato a volare. I playoff adesso sono più vicini, non abbiamo nulla da perdere e crederci non costa nulla». Furibondo, invece, il tecnico del Levico: «L’arbitro ha sbagliato e condizionato pesantemente il risultato», tuona Marco Melone.
Ore 19.40 – (Mattino di Padova) La sesta perla arriva come meno te l’aspetti: la Luparense supera 3-2 tra le mura amiche i trentini del Levico, e lo fa con un’incredibile rimonta nel quarto d’ora finale. Matteo Giglio, uno dei pezzi pregiati della rosa di mister Cunico, entra nella ripresa e decide la gara con una doppietta che rilancia le ambizioni playoff dei Lupi. Il Belluno batte la Virtus Vecomp e il quinto posto si avvicina a sole tre lunghezze, con cinque gare ancora da giocare. Ma il match non è stato una passeggiata: la Luparense, dopo aver sfiorato il gol con Beccaro al 10′ (bravo Nervo a dire di no alla punizione del capitano rossoblù) e con Baggio all’11’, è finita sotto alla prima sortita offensiva trentina: al 29′ il calcio d’angolo battuto da Tessaro con una traiettoria beffarda ha attraversato tutto lo specchio della porta prima di appoggiarsi sul secondo palo e in rete, senza che Rossetto potesse fare alcunché. I Lupi ci hanno messo diversi minuti a riprendersi dallo shock, ma al 39′ sono riusciti a pervenire al meritato pareggio: micidiale il contropiede orchestrato da Sottovia e finalizzato da Beccaro, che ha timbrato il suo diciassettesimo centro stagionale battendo Nervo con un destro all’angolino. Nella ripresa, dopo che prima dell’intervallo Sanavia si era divorato la rete del sorpasso calciando a botta sicura colpendo in pieno Michieli, e che Nervo, ancora lui, al 6′ era riuscito a dire di no il destro violento di Sottovia, il Levico ha messo ancora una volta la freccia: ancora su calcio d’angolo, stavolta al 23′, è stato Sanavia a perdersi Tobanelli, bravo a svettare e a battere Rossetto per la seconda volta. Nel finale, però, la Luparense ha trovato in Matteo Giglio, subentrato in corso d’opera, l’apriscatole di cui aveva bisogno. Al 32′ il nuovo pareggio ha portato la firma dell’ex Montebelluna, freddo nel calciare il penalty concesso per un fallo (per la verità, molto dubbio) di Tobanelli su Sottovia. Al 40′, infine, è arrivata anche la rete del clamoroso sorpasso: lancio a tagliare di Sottovia, nell’inusuale veste di rifinitore, e diagonale all’angolino di Giglio che regalato la sesta vittoria consecutiva ai rossoblù.
Ore 19.20 – (Mattino di Padova) «Siamo stati poco cattivi e incisivi in fase offensiva». Il tecnico dell’Este Andrea Pagan commenta così la sconfitta in terra trentina, che interrompe l’imbattibilità dei giallorossi nel girone di ritorno: «Una sconfitta può capitare anche se avremmo potuto fare qualcosa di più sotto porta» aggiunge il mister atestino. «La prestazione, ci tengo a dirlo, non è da buttare via perché i ragazzi ci hanno creduto fino alla fine. Siamo stati poco precisi negli ultimi 20 metri e, soprattutto nel primo tempo, non abbiamo creato problemi agli avversari». Il risultato di Dro avrà qualche ripercussione in classifica: «Sfortunatamente il nostro passo falso ha coinciso con le vittorie delle nostre dirette avversarie. Ora siamo a +5 dalla quarta e a -5 dalla seconda ma non dobbiamo abbatterci».
Ore 19.10 – (Mattino di Padova) Una domenica storta e “dannosa” per l’Este. In Trentino i giallorossi interrompono la striscia positiva di 24 risultati utili consecutivi con un 1-0 che fa male più alla classifica che al morale: le vittorie di Campodarsego e Belluno su Montebelluna e Virtus Vecomp, infatti, riportano i giallorossi sulla terra, ora a -5 dai “cugini” dell’Alta padovana e a +5 dai gialloblù. Alla compagine allenata da Cristian Soave, invece, basta una disattenzione difensiva degli ospiti e un’attenta gestione del vantaggio per portare a casa la vittoria. Il Dro riesce comunque a impegnare Lorello in più occasioni: come al 5’, quando Proch, protagonista assoluto del match, innesca Tessaro che viene fermato dal portiere atestino. Lo stesso Tessaro prova la conclusione due minuti più tardi, senza troppa fortuna. L’Este ha un sussulto al 16’: Marcandella prima riesce a sfondare sulla destra, poi a servire al centro Mastroianni, il cui destro è leggermente impreciso. Al 21’, invece, è ancora la formazione di casa a far paura con una sventagliata di Colpo per Proch che spara su Lorello, strepitoso nella respinta. Il capitano dell’Este, alla mezz’ora, può solo inveire, perché da una disattenzione dei colleghi scaturisce la rete decisiva di Proch, favorita dall’assist di Amassoka, altrettanto bravo ad aggiustare il “ponte” di Bertoldi sulla punizione di Colpo. Il Dro rischia pure di chiudere la pratica al 40’ con il rasoterra di Kostadinovic. Nella ripresa è ancora Lorello a tenere in piedi l’Este: l’estremo padovano si oppone al solito Proch al 51’ mentre al 64’ riesce ad anticipare Tessaro sull’ennesima iniziativa di Proch. Il portiere di casa Chimini, invece, deve superarsi su Arvia, servito da Marcandella. Al 73’ tocca al neoentrato Coraini: il centravanti semina il panico sulla destra e poi cerca Mastroianni, stoppato da Kostadinovic. L’Este insiste ma il Dro risponde per le rime: al 76’ è ancora Proch a sfruttare la profondità, ma anche stavolta Lorello è perfetto nell’intervento. Per il Dro c’è un’ultima opportunità con Gili, che non riesce a trovare il tap in sul tiro-cross di Bertoldi.
Ore 18.50 – (Mattino di Padova) Una volta sotto le docce, l’allenatore del Campodarsego Antonio Andreucci si mostra sereno e raggiante. «Un risultato che non fa una grinza, seppure ottenuto contro una squadra che ha lottato a lungo per il pareggio visto che non eravamo riusciti a chiudere subito. Per cui sono soddisfatto, volevo un determinato atteggiamento dopo la pausa pasquale e ne ho avuto riscontro. Chiedo comunque ancora molto alla squadra, è questo il momento in cui emerge il temperamento dei giocatori perché bisogna lottare fino all’ultimo». Un pizzico di rammarico invece per il collega Gianfranco Fonti, che certo non ha sfigurato con il suo Montebelluna: «Abbiamo avuto tre buone palle gol che potevano cambiare il corso della partita, peraltro contro un avversario di tutto rispetto. Poi è giunto il 2 a 0 che ci ha tagliato le gambe».
Ore 18.40 – (Mattino di Padova) Il Campodarsego torna alla vittoria contro il malcapitato Montebelluna, ma va detto che la gara è stata sostanzialmente equilibrata. Il risultato, ovviamente, mantiene inalterata in classifica la distanza dalla capolista Venezia, pure vittoriosa contro il Fontanafredda, e dà conferma di una maggiore solidità in campo. Si parte con un’occasione nei primissimi minuti per i padroni di casa, con la punizione di Zecchin che però non raggiunge alcun compagno. Ci prova poco dopo Radrezza su azione dalla bandierina, ottiene solo un altro angolo. Sul rovesciamento di fronte, pasticcia la difesa dei Gabbiani ma poi riesce a liberare. Montebelluna di nuovo in avanti con il cross di De Vido per Zecchinato, la cui incornata va sopra la traversa. È però il Campodarsego a passare in vantaggio al quarto d’ora, con il lancio di Zecchin che taglia la retroguardia ospite: s’intrufola con prontezza Kabine, che arpiona il pallone e batte Rigo. Il Montebelluna incassa e reagisce, con un’azione avviata ancora da De Vido, seguita dalla punizione di Fantinato che Merlano blocca senza difficoltà. Dopo la mezzora tornano pericolosi i biancorossi di casa, Buson perde l’attimo decisivo per crossare o tirare direttamente e il possibile 2 a 0 sfuma. Ecco quindi il passaggio di Radrezza per Kabine, appoggio a propria volta per Pelizzer che tira, ma si fa ribattere da un attento Bressan. Ma ormai il primo tempo è finito. Al rientro dagli spogliatoi si fiondano in avanti i trevigiani alla ricerca del pari, con pressing a tutto campo e tanto lavoro sulle fasce. Tuttavia il Campodasego c’è e si fa vedere con un’incursione in area su assist di Aliù. Dall’altra parte attenti a Zecchinato, il quale al 20’ colpisce al volo da distanza ravvicinata: provvidenziale intervento di Gal che manda in angolo per l’ennesima volta. Lo stesso Zecchinato riprova pochi minuti più tardi, ma senza esito. Il Campodarsego cerca allora di colpire in contropiede con Zecchin. La conclusione più bella è però del neoentrato Michelotto, che dalla distanza costringe Rigo a tuffarsi e a salvare in corner. Dalla successiva azione dalla bandierina arriva il raddoppio: prende palla Radrezza, cross dalla sinistra per Aliù che anticipa il portiere e mette in cassaforte il risultato. La rete spezza le residue speranze di rimonta del Montebelluna, che lascia campo libero agli avversari. Tanto che Radrezza nel finale cerca il tris, dopo aver ricevuto palla dal solito Aliù; bel tiro, ma che finisce di poco sopra la traversa.
SERIE D
Ore 18.10 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Come leoni “fuori” dalla gabbia. La parte più difficile del match vinto (1-0) con la Reggiana per Bruno Tedino, Mauro Lovisa e Adalberto Zamuner è stato il post-partita. Tecnico, presidente e preparatore, tutti squalificati, non hanno potuto raggiungere gli spogliatoi e far festa con Stefani e compagni. In tre, fuori, nello spiazzo fra sala stampa e palazzina neroverde ad allungare le orecchie per sentire almeno la soddisfazione dei loro ramarri. GABBIOTTO INFERNALE – «Non solo il post partita – Tedino il giorno dopo può finalmente parlare -, tutta la serata è stata per me una sorta di pena del contrappasso. È stata dura assistere alla partita chiuso nello gabbiotto accanto allo speaker a scontare un momento di rabbia (definito dal giudice espressione blasfema) a cielo aperto ad Alessandria. Senza poter essere d’aiuto alla squadra». Tedino ha comunicato con Marchetto con un paio di WApps per chiamare i cambi e dare un suggerimento. «In realtà – riprende il tecnico – c’era poco da comunicare. Avevamo già concordato tutto e, in ogni caso, Carlo e Andrea (Toffolo, ndr) sanno benissimo da soli cosa fare. Lavoriamo insieme 5 ore il giorno. Era più che altro – sorride, a squalifica scontata – un modo per sentirmi partecipe di ciò che stava maturando». MENO SEI – Nove punti in 6 partite, aveva chiesto Tedino alla vigilia della sfida di sabato sera per arrivare ai playoff. Ora ne restano 6 da conquistare in 5 partite, 3 delle quali al Bottecchia. Si può dire che è fatta. «È stata una vittoria importante – spiega Tedino – perché ha eliminato una concorrente. Ma – non abbandona l’usuale prudenza – abbiamo altre 5 finali da giocare. A cominciare da quella di sabato (17.30) con la Feralpi. Non possiamo mollare di un centimetro». VINCENTE NON BRILLANTE – Stefani e compagni più concreti che belli. «Sì – ammette Bruno -, sono usciti tutti stremati. È stata una partita difficilissima. Nella prima mezzora abbiamo patito perchè con otto palleggiatori nelle file avversarie non era facile recuperare palla alta e ripartire. Abbiamo comunque creato le nostre occasioni: il rigore ignorato su Strizzolo, il palo colpito da Mandorlini, la chance capitata sul piede sbagliato a Cattaneo solo davanti al portiere e ovviamente il gol di Pasa. Grazie invece a una straordinaria prestazione collettiva in fase di contenimento – gongola il tecnico – Tomei ha dovuto svolgere solo lavoro di ordinaria amministrazione». STRIZZOLO COME TEX – Grande Strizzolo, “solo contro tutti” come nei fumetti anni ’70 del mitico ranger di Bonelli e Galeppini. Ancora troppo poco invece da Martignago (impiegato dall’inizio) e Beltrame (subentrato nella ripresa), che dovrebbero essere le forze fresche per il finale di stagione. «Non è facile – li giustifica Tedino – entrare in gioco e integrarsi subito in una squadra che paga il logorio più mentale che fisico del filotto d’inizio anno. Sono uomini però che ci torneranno sempre più utili nello sprint da qui all’8 maggio». Sabato di nuovo in panca per un’altra sfida di cartello con la FearlpiSalò del “mulo” Maracchi. «Non vedo l’ora», sorride Tedino.
Ore 17.50 – (Messaggero Veneto) Vittoria importante quella maturata sabato sera al Bottecchia e, percorrendo un’assonanza tennistica, sabato prossimo inizierà un match al meglio dei cinque set, tre dei quali verranno disputati sul “centrale” di Pordenone. Considerando che due delle prossime tre partite interne verranno giocate contro Cuneo e Giana Erminio, sulla carta nettamente inferiori ai ramarri, il teorico match-ball per i playoff potrebbe già concretizzarsi proprio sabato nello scontro diretto contro la Feralpi Salò. Tornando alla gara contro gli emiliani, tutto secondo il copione immaginato da mister Tedino alla vigilia, ovvero una partita difficile contro un’ottima squadra che ha scaricato tutta la propria verve agonistica nel primo tempo aggredendo ogni zona del campo mettendo in difficoltà il centrocampo del Pordenone, impedito nella costruzione delle consuete trame di gioco. Un primo tempo decisamente difficile, dunque, per i padroni di casa, che, sostenuti dalla consueta solidità difensiva, hanno avuto la pazienza di attendere il naturale calo fisico degli ospiti per poi uscire con le proprie qualità legittimando una nitida vittoria. Ad arricchire l’evento del Bottecchia, ospite d’onore della serata, Daniele Molmenti, oro olimpico a Londra 2012 di canoa. Nonostante gli intensi impegni di preparazione alle prossime olimpiadi di Rio de Janeiro, il campione pordenonese segue assiduamente le gesta dei ramarri in questa sorprendente stagione. Invitato a “portare bene” in cabina stampa, Daniele con la sua innata simpatia condita da un raffinato umorismo ha sostenuto la squadra esultando al gol di Pasa: «La Reggiana – ha detto – si è dimostrata una squadra davvero forte che grazie all’intensità agonistica ha impedito al Pordenone di esprimersi per tutto il primo tempo. Poi il calo inevitabile ha permesso ai ragazzi di venir fuori e meritare la vittoria. Quindi grande merito a tutti, anche se mi sarei aspettato qualcosina di più da Stefano Beltrame quando è stato chiamato in causa nella ripresa. Ora dobbiamo stare vicini ai ragazzi in questo finale di stagione, perché questo gruppo sta costruendo qualcosa di davvero importante».
Ore 17.40 – (Messaggero Veneto) Il Bottecchia sta diventando un fortino. Saranno già scattati gli scongiuri, in casa neroverde, considerato che sabato prossimo la squadra gioca di nuovo in casa con la FeralpiSalò, ma ai dati non si sfugge: il Pordenone non perde in via Stadio dallo scorso 20 dicembre, dal ko (immeritato) per 2 a 0 col Pavia. Da lì in poi 16 punti sui 18 disponibili, un ruolino di marcia che fa ben capire come il team di Tedino sta costruendo soprattutto tra le mura amiche il miracolo playoff. Il primo risultato risale a metà gennaio con la Pro Piacenza, alla vittoria per 1-0 con gol di Finocchio: quindi i tre punti con Mantova (1-0), Pro Patria (3-0), il pareggio col Lumezzane e, infine, i successi importantissimi con Padova (2-1) e con la Reggiana (1-0). Delle cinque gare che mancano tre sono da giocare al Bottecchia: un aspetto che regala dosi di fiducia alla truppa neroverde, che riprende oggi gli allenamenti (alle 15 al De Marchi, tutti a disposizione). Domani ci sarà la solita doppia seduta, quindi lavoro pomeridiano in attesa dello scontro con la FeralpiSalò, in programma sabato pomeriggio con inizio alle 17.30.
Ore 17.10 – (Messaggero Veneto) È vero che bisogna pensare a se stessi e non guardare ai risultati delle rivali. Ma stasera, il Pordenone, forte del successo con la Reggiana, osserverà con molta attenzione le sfide che completano il quadro della sestultima giornata di Lega Pro. E tiferà, oltre che per il Cittadella, soprattutto per l’Alessandria, che se supera il Pavia estrometterebbe di fatto un’altra rivale playoff e porterebbe così la lotta a sole quattro squadre (per tre posti disponibili): i ramarri, il Bassano, i grigi e la FeralpiSalò, ieri vittoriosa ma “eliminabile” sabato nello scontro diretto al Bottecchia. Il quadro. Il team di Tedino, superando i granata, ha fatto un grande passo in avanti in chiave post-season. Sono tornati – almeno sino a stasera – secondi in classifica e hanno messo pressione alle rivali, obbligate a vincere per tenere il passo. Come detto, le gare di stasera rappresentano un importante crocevia per il finale di stagione. C’è Cittadella-Bassano, con i granata che cercheranno di vincere per andare a più 15 sull’inseguitrice neroverde: se così sarà, solo la matematica li separerà dal ritorno dopo una sola stagione d’assenza in serie B. Un risultato del genere sarebbe quello desiderato dal Pordenone, che manterrebbe così il ruolo di vicecapolista. Ma l’incontro da seguire maggiormente sarà quello di Pavia, con i locali all’ultima spiaggia per rientrare nel giro che conta: se l’Alessandria stasera vince fa calare il sipario anche sui lombardi, dopo che è già calato su Padova (ieri 1-1 a Cuneo) e Reggiana. Forte. Insomma, se tutto gira per il verso giusto il Pordenone sabato può ritrovarsi con i playoff assicurati. Ipotesi difficile, ma comunque da considerare. Al di là dei calcoli, a ogni modo, c’è da dire che i neroverdi hanno dimostrato in questo turno di essere un gruppo vivo, che ha solo avuto qualche problema di risultato (i ko di Bassano e Alessandria): la vittoria con la Reggiana ha messo in evidenza lucidità nella gestione del match, qualità necessaria adesso, visto che la squadra ha un momento di leggera flessione atletica. Stefani e soci hanno sofferto i granata nel primo tempo, soprattutto il loro atteggiamento tattico; non si sono però disuniti e, con pazienza, hanno trovato il gol-vittoria a un quarto d’ora dalla fine (il colpo di testa di Pasa). Sabato prossimo si dovrà fare così, anche se i “ramarri” partono già leggermente avvantaggiati: hanno il fattore campo dalla loro e, inoltre, la Feralpi che si presenterà priva dei due difensori Tantardini e Ranellucci, squalificati, mentre Pinardi è in dubbio (ieri il regista è uscito subito nella gara col Mantova). Si entra in una settimana fondamentale in ottica playoff e il Pordenone c’è ed è favorito per conquistare un posto al sole.
Ore 17.10 – (Giornale di Vicenza) Ora va meglio, ma all’inizio e anche dopo c’era da strabuzzare gli occhi per l’incredulità. E d’accordo che i social sono l’amplificatore anche di chi non abbonda alla voce grano salis, tuttavia gli strali che sul web hanno seppellito il Citta travolto 4-1 in gara uno di finale di Coppa Italia giovedì sera a Foggia hanno del fantascientifico. Ma come? C’è una squadra che ha piallato il campionato e che, male che vada, staccherà il ticket per il balzo in serie B con un mese di anticipo e qualcuno trova il modo di storcere il naso? Eppure è andata davvero così con la rete che ha fatto da contenitore al malumore montante di parte della tifoseria granata che in un attimo ha messo sul banco degli imputati il tecnico Venturato e la sua truppa, dimenticando in un istante la poderosa e fragorosa cavalcata di 11 vittorie di fila. E si ha il coraggio di obiettare se la capolista viene sbiancata in finalissima di Coppa. È dovuto intervenire il leader difensivo Pascali con un post su Facebook a riportare l’ordine e la calma tra i supporter. A parte che, nonostante il 4-1 rimediato in Puglia (risultato bugiardo nella forma, minimo il 4-2 era meritatissimo) la rivincita al Tombolato è più in ballo di quanto si possa pensare, quanto accaduto nell’ex isola felice padovana è un campanello d’allarme della deriva pericolosa che sta prendendo l’atteggiamento di troppi appassionati verso il calcio e lo sport in generale: se si mette in discussione un club che ha disputato uno stagione esemplare e che diventerà memorabile per un ruzzolone che non inficia minimamente il traguardo primario che verrà tagliato in pompa magna, allora siamo sulla luna, perché queste valutazioni fanno a pugni con la logica. Del resto, proprio il portiere del Cittadella, l’ex biancorosso Alfonso, 15 giorni fa aveva rivelato alla stampa il suo stupore dinanzi ai mugugni degli aficionados per uno sbiadito 1-0 interno sull’Albinoleffe che sanciva tra l’altro la decima vittoria. «Ma cosa vuole di più la gente?» si interrogava il n. uno della prima della classe. Lui aveva colto il primo malessere, che poi è deflagrato con la débacle di Coppa. È accaduto a Cittadella, ma può succedere dappertutto. Ormai le aspettative sono spropositate, vincere non basta, è necessario stravincere e pure quello diventa ordinario. Non ci siamo.
Ore 17.00 – (Giornale di Vicenza) Sulla scorta del film proiettato all’andata, con uno strapotere giallorosso non sintetizzato dal risultato di parità, in tanti allora vagheggiavano il braccio di ferro del Tombolato come una sorta di resa dei conti con vista sulla B. Invece non ci sarà alcun regolamento stasera: il Cittadella è già in volo al piano di sopra e deve solo comunicare le coordinate per l’atterraggio, mentre il Bassano, damigella d’onore virtuale, sta comunque fabbricando una stagione incantevole, tenuto conto che l’anno seguente di un’impresa sfiorata, in tanti ci lasciano le penne ed è cara grazia se poi non precipitino di sotto. Anche se in ogni caso non ci saranno i crismi della promozione ufficiale, nell’habitat granata mirano al bersaglio grosso per fare comunque una botta di festa con la propria gente e non risvegliare gli incredibili sbuffi dei maigoduti di cui parliamo qui a fianco. Insomma, avrebbe più bisogno il Bassano di qualche balsamico puntaccio: brutalizzato in malo modo dal Pavia a domicilio dopo aver imboccato la via della felicità con 5 vittorie una sommata all’altra, il Soccer Team è tornato sulla terra e ora vorrebbe non finirci per terra. Il solo fatto di poter interrompere con un pari l’inarrestabile progressione dei cugini conferirebbe sembianze irreali alla notte giallorossa. Però qua è indispensabile affrescare l’impresa per riappropriarsi del secondo posto subaffittato (si spera provvisoriamente) al Pordenone.TESTA SGOMBRA. «È la forza del Cittadella che sa di poter puntare a vincere senza correre rischi concreti – avverte Sottili – perché anche in caso di ko il loro vantaggio rimarrebbe smisurato. È la condizione migliore per preparare le partite, perché la testa è più libera. Noi, al contrario, non ci dovremo dimenticare né oggi, né mai della lezione che ci ha inflitto il Pavia. E cioè che se allentiamo il livello dell’attenzione, chiunque ci può fare la pelle. Lo choc di quella sbandata mi pare alle spalle, i ragazzi l’hanno metabolizzato, tuttavia è bene tenere a mente gli errori di quella sera. Eppoi c’è assoluta urgenza di ricominciare a fare punti altrimenti potremmo compromettere la nostra rincorsa al secondo posto e la rimonta di febbraio e marzo e non mi pare proprio il caso». LA SQUADRA. Cenetti e Fabbro appiedati per squalifica, Candido in bilico: ieri sera il tecnico ha svolto sotto la luce dei riflettori la rifinitura abolendo per stamane il consueto risveglio muscolare delle partite serali. «Preferisco concedere qualche ora di riposo in più, dopo la sosta pasquale il gruppo ha lavorato tanto e con profitto», spiega il Pelatone. Davì rileverà Cenetti in mediana, poi ballottaggi Momentè/Pietribiasi, Stevanin/Semenzato, Martinelli/Barison e Piscitella/Candido, coi primi favoriti. Bassano dovrà indossare lo smoking per non sfigurare.
Ore 16.40 – (Gazzettino) Il Pordenone ha vinto nell’anticipo di sabato con la Reggiana, così anche in caso di successo stasera al Tombolato il Cittadella non potrà ancora festeggiare la matematica promozione in serie B, ma è chiaro che il Bassano costituisce forse l’ultimo scoglio che si frappone tra i granata e un traguardo che quasi si tocca con mano. Proprio su quel “quasi” Roberto Venturato cerca di focalizzare l’attenzione alla vigilia del derby: «È vero che siamo vicini alla meta, ma mancano ancora sei partite e bisogna affrontarle tutte con grande impegno, serietà e determinazione, a cominciare da quella con il Bassano. Il risultato per il quale ci siamo impegnati in questi mesi è lì a un passo, ma non è ancora stato raggiunto. Il Cittadella ha fatto grandi cose in questa stagione, ora è il momento di raccogliere i frutti del lavoro». Venturato è uno che non si accontenta, e lo ribadisce ancora una volta: «Credo che il Cittadella possa e debba migliorare ancora in questo finale di campionato. Sembrano parole banali dette in questo momento, ma io credo che una squadra possa crescere, sempre, e chiedo un altro passo in avanti, anche a livello motivazionale». Il tecnico granata guarda poi all’avversario «È una delle gare più difficili dell’intera stagione. Il Bassano sta facendo bene da anni, ha dimostrato di essere una delle squadre migliori, gioca per vincere in casa e in trasferta. Ha cambiato allenatori, giocatori, ma la bontà del gruppo resta immutata, ha valori tecnici di rilievo. All’andata ci ha messo in difficoltà, ha grandi qualità anche fisiche e un allenatore preparato. E alle spalle c’è una società forte». Venturato cerca di tenere il freno a mano tirato, ma alla fine pure lui capitola sul discorso-promozione e loda il gruppo: «La soddisfazione di riuscire a vincere il campionato è immensa, non vanno sminuiti i meriti di una squadra che sta facendo cose straordinarie. Il Cittadella sta disputando un girone di ritorno di altissimo livello, e c’è riuscito perché ha sempre grande fame, in ogni partita». La squadra ha cannibalizzato il torneo, sono i numeri a testimoniarlo, con undici vittorie di fila, record assoluto per la categoria. «Tutti quando affrontano la prima della classe tirano fuori il meglio di sè, per noi invece è una responsabilità importante, per questo non mi accontento mai e dico ai miei giocatori di alzare sempre l’asticella». L’andata della finale di Coppa Italia può avere lasciato qualche scoria a livello fisico e mentale? «A Foggia abbiamo commesso degli errori all’inizio che hanno complicato la gara, nella ripresa ho visto il Cittadella che volevo che però non è riuscito a raddrizzare la partita. In questi giorni abbiamo cercato di raccogliere le energie per affrontare al meglio un impegno gravoso quale lo ritengo quello con il Bassano. Stiamo abbastanza bene fisicamente». Giovedì il Cittadella ha perso la prima partita del 2016, con un pesante passivo: la sconfitta può lasciare il segno anche in ottica campionato? «Perdere non fa mai bene, la voglia di vincere ce l’avevamo anche a Foggia ma non ci siamo riusciti. Ci sono anche gli avversari in campo. Per il ritorno di Coppa ci penseremo più avanti, adesso c’è il Bassano, è un’altra storia». Tra i convocati tornano Paolucci e De Leidi, non c’è invece Bonazzoli che ha una costola fratturata. Ballottaggio tra Schenetti e Zaccagni, in attacco pochi dubbi: giocheranno Chiaretti, Litteri e Jallow.
Ore 16.20 – (Mattino di Padova) La raccomandazione è una sola: meglio acquistare i biglietti in prevendita, per evitare code alle casse. A sabato i biglietti staccati erano più di 1.200 ed è difficile stabilire quanti siano stati comprati da sostenitori granata e quanti da quelli vicentini, in quanto, non essendo necessaria per questa partita la tessera del tifoso, ognuno può accomodarsi in qualsiasi settore del Tombolato (curva ospiti esclusa, lì la Tessera serve). I tagliandi si possono acquistare online nelle rivendite Ticketone e, oggi, nella sede del Cittadella, aperta dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 17, con i botteghini dello stadio a disposizione dalle 18. L’impressione è che, contando i 1.147 abbonati granata, si possano superare le tremila presenze. QUI BASSANO. «Affrontiamo una squadra che nel girone di ritorno ha compiuto un percorso netto, vincendo tutte le gare e stabilendo il record di 11 affermazioni consecutive in Lega Pro. Ha un organico di qualità e un mister che ha avuto la capacità di ruotare con continuità i propri giocatori. Il Cittadella sa di poter festeggiare la promozione a breve, non ha grandi pressioni, né l’assillo di dover vincere la gara a tutti i costi e quindi sarà più libero mentalmente», ha sottolineato ieri Stefano Sottili, allenatore del Bassano, in sede di presentazione della partita. «Dall’altra parte però ci siamo noi», ha aggiunto, «che abbiamo bisogno di vincere per riprendere il nostro cammino interrotto 7 giorni fa con il Pavia e perché vogliamo cercare di mantenere la seconda posizione fino alla fine del campionato.Formazione? Momentè da martedì è tornato ad allenarsi in gruppo e Candido ha ancora qualche problema che valuteremo nelle ultime ore». A Sottili mancheranno sicuramente il centrocampista Cenetti e l’attaccante Fabbro, entrambi squalificati.
Ore 16.10 – (Mattino di Padova) Comunque vada a finire, la festa è rinviata. Ci ha pensato il gol di Pasa, che ha deciso in favore del Pordenone la sfida con la Reggiana, a impedire che Cittadella-Bassano, in cartellone stasera alle 20 al Tombolato, possa essere la gara della promozione matematica della truppa granata in Serie B. Una vittoria degli uomini di Venturato, infatti, porterebbe il Citta a 68 punti, a +15 sui friulani, con cinque giornate davanti e lo scontro diretto (decisivo in caso di arrivo alla pari) ancora da disputare. Poi è vero che il 3-1 ottenuto all’andata al Bottecchia sembra in grado di evitare inverosimili sorprese a capitan Iori e soci, ma, appunto, la ratifica della matematica ancora non ci potrà essere oggi. E prima, in ogni caso, occorre superare i “cugini” del Bassano, la rivale che ha saputo mettere più in difficoltà la capolista. Venturato lo sa bene. «I giallorossi ormai da diversi anni stanno dimostrando di essere una delle realtà più attrezzate della categoria. Nel corso delle stagioni hanno cambiato diversi giocatori, mantenendo, però, un’intelaiatura importante. Il Bassano ha qualità fisiche, tecniche e tattiche, può contare su valori assoluti in tutti i reparti e anche sulla possibilità di mutare fisionomia a gara in corso: che giochino Piscitella, Candido o Falzerano sono tutti elementi di qualità», sottolinea il tecnico di Atherton. «E poi, Misuraca ha giocato in categorie superiori, Davì è fra i migliori centrocampisti della Lega Pro, la difesa è una delle più solide. È una squadra che sa stare alta rimanendo compatta e sa essere pericolosa sui calci da fermo». La pesante sconfitta di Foggia in Coppa, la prima del vostro 2016, può lasciare strascichi? «Perdere non fa mai piacere, ma, lo sapete tutti, nel calcio ci stanno anche gli avversari e i ko. Allo Zaccheria, nel primo tempo, abbiamo commesso errori che ci hanno penalizzato, e nel prosieguo del confronto non siamo stati bravi a sfruttare le occasioni create. La sconfitta, però, ci dà carica e motivazioni ulteriori». In questi giorni si è discusso molto sul massiccio turnover operato in Coppa: col senno del poi rifarebbe tutte le sue scelte? «Rimango fermamente convinto delle scelte fatte. La nostra rosa ha 25-26 giocatori determinanti. Ognuno ha le capacità per potersi comportare benissimo indipendentemente dalle mie decisioni. Io cerco di mettere in campo sempre le formazioni migliori e anche a Foggia credo che la nostra fosse una squadra competitiva». In campionato, intanto, manca l’ultimo passo. «Mancano sei partite da affrontare con serietà e voglia di provarci. L’obiettivo è lì davanti a noi, dobbiamo mantenere la concentrazione di sempre per raccogliere i frutti del lavoro svolto negli scorsi mesi. Non va sminuito quanto fatto sinora, ma per rimanere a grandi livelli non bisogna mollare mai». Ha seguito Pordenone-Reggiana? Si aspettava un… favore dagli emiliani? «Il Pordenone ha confermato anche sabato sera quanto vale. Conta su un allenatore molto bravo come Tedino, che stimo molto e che ha saputo dare un gioco e una mentalità vincente ai suoi uomini. Ci stava il pareggio della Reggiana, ma i friulani non hanno rubato nulla». Pochi dubbi sull’undici in campo stasera. Tornano fra i convocati Paolucci, dopo il rientro a Foggia, e De Leidi. Si ferma invece Bonazzoli che, come hanno stabilito gli accertamenti medici, ha riportato la frattura di una costola, causata da un colpo ricevuto nella gara di giovedì in Puglia.
Ore 15.40 – (Gazzettino) Le proteste per le due discusse decisioni dell’arbitro e la consapevolezza di non avere disputato una prova particolarmente brillante sono il leit motive delle analisi a fine gara. Ma nessuno ha voglia di ritenere ancora chiuso il discorso play off. «È mancato il guizzo finale – esordisce il tecnico Pillon – non abbiamo fatto una grandissima partita, ma in un campo piccolo e con tante buche non era facile giocare e solo gli episodi potevano decidere. Abbiamo avuto occasioni con Mazzocco su palla inattiva e con Neto su cui il portiere ha fatto un miracolo e poi con Fabiano di testa. Peccato perché la squadra ha dato tutto quello che poteva e, pur con qualche problema, ha risposto bene sotto l’aspetto dell’impegno». Poi aggiunge: «Dispiace anche per le scelte dell’arbitro, specialmente sul rigore e sull’ultimo fuorigioco inesistente di Cunico che mi ha detto che se non veniva fermato faceva gol. C’è dunque rammarico». Da rivedere il Padova della ripresa: «Abbiamo avuto qualche difficoltà iniziale e preso un gol che dovevamo evitare stando più attenti. Abbiamo pareggiato e ci abbiamo creduto senza riuscirci». Crede nei play off? «Dipende molto dalla partita tra Pavia e Alessandria (posticipo di questa sera, ndr). Se i piemontesi vinceranno penso sarà poi difficilissimo riprenderli. Noi continuiamo sulla nostra strada, mancano cinque partite e quindici punti». Avete iniziato a programmare il futuro? «In questo periodo eravamo impegnati nella rincorsa ai play off a cui credo ancora anche se dobbiamo vincere più gare possibili e non mollerò nulla fino alla fine. Per il futuro bisogna incontrarsi con la società e finora non si è fatto, ma credo ci sia già una grande base. Con il lavoro fatto in questo periodo si è creata un’impronta di squadra, i giocatori sono cresciuti bene e dunque l’impianto c’è. L’importante è completare l’organico per renderlo competitivo al cento per cento. Restare a Padova? Si sa quanto sono legato a questa piazza, la disponibilità mia ci sarà sempre, vediamo». Il presidente Giuseppe Bergamin torna sulle scelte arbitrali: «Un po’ arrabbiato lo sono e più che una bella partita è stata una battaglia. Meglio la ripresa, mentre fino all’intervallo siamo stati un po’ timidi, ma quello che mi disturba è che potevamo portare a casa i tre punti se certe decisioni non ci avessero penalizzato. Il Cuneo ha giocato alla morte è stato aggressivo e il risultato penso serva più a loro. Avremmo dovuto andare in vantaggio noi per risolvere la gara». Ci saranno proteste in Lega? «Ne avevo già parlato con il presidente. Gli arbitri sono questi, una sera li ho visti tutti assieme e sono dei ragazzi. Non credo ci sia gran differenza tra uno e l’altro, il livello è questo e non penso che protestare porti dei risultati». E adesso? «Era fondamentale ottenere i tre punti, ora dobbiamo vincere tutte le prossime partite, sperando che qualcosa di buono ci venga riconosciuto». Marco Cunico si è dimostrato subito decisivo. «Peccato – commenta – che non sia riuscito a fare la rimonta completa. I play off? Il risultato mentalmente un po0 ci rallenta, ma se le vinciamo tutte ci caschiamo dentro. Sappiamo che era ed è difficile, ma ci proviamo e l’obiettivo è quello di arrivare all’ultima partita con l’Alessandria a tre punti da loro per giocarcela». Un flash del brasiliano Neto Pereira, autore del gol del pareggio: «Ci servivano i tre punti e non è andata come volevamo, però dobbiamo andare avanti e crederci perché c’è ancora una piccola possibilità».
Ore 15.30 – (Gazzettino) Un pareggio sostanzialmente giusto, ma dal sapore della sconfitta per il Padova che a Cuneo rischia di dire definitivamente addio al sogno dei play off a cinque giornate dal termine della stagione regolare. In terra piemontese servivano i tre punti e l’undici di Pillon, poco cinico nel primo tempo e in sofferenza per parte della ripresa, non è riuscito a trovare l’acuto vincente, anche dopo avere rimesso la gara sui binari della parità con Neto Pereira, il tutto condito da vibranti proteste per un paio di controverse decisioni arbitrali nella ripresa. Non tutto è ancora perduto, ma i destini in chiave promozione sono inevitabilmente legati alle disgrazie delle concorrenti, in particolare dell’Alessandria, attualmente quarto, impegnato questa sera a Pavia e ospite all’Euganeo all’ultima di campionato. Assenti Diniz, Dionisi, Anastasio, De Risio e Corti, Pillon è costretto a ridisegnare la squadra dalla cintola in giù. In mediana spazio all’inedita coppia Mazzocco-Baldassin, con Bucolo adattato nel ruolo di laterale di destra. Avvio di gara pimpante e locali subito alla ricerca del vantaggio con una potente conclusione dalla lunga distanza di Bonomo su cui Favaro si fa trovare pronto. Ben più difficile l’intervento di Tunno che al 7′ respinge con ottimo riflesso la conclusione dalla zona del dischetto di Neto Pereira destinata all’incrocio dei pali. Sul successivo angolo Fabiano mette alto di testa. Fino all’intervallo il Padova tiene in mano le redini del gioco, controlla senza difficoltà le sortite avversarie, frutto specialmente di veloci ripartenze, ma un po’ per le condizioni del terreno di gioco tutt’altro che eccelse e un po’ per i meccanismo poco oliati a centrocampo, fatica a creare situazioni di superiorità numerica sulle fasce e a fornire palloni giocabili ai due attaccanti. La squadra guadagna due punizioni dal limite e cinque calci d’angolo e proprio su un corner battuto da Finocchio al 25′ Tunno è autore di un’altra grande parata sull’incornata di Mazzocco indirizzata sul primo palo. Nella ripresa cresce il Cuneo e al 10′ sfiora il vantaggio Corradi che, servito sul secondo palo da Ruggiero, sbaglia mira da ottima posizione. Non sbaglia invece Chinellato che, imbeccato in profondità da Corradi, brucia sul tempo Fabiano, ne rintuzza il ritorno e supera Favaro con un preciso diagonale. Pillon opera allora un doppio cambio, inserendo Patrilli e Sparacello al posto degli spenti Ilari e Altinier. Favalli impegna il portiere dal limite (16’) e poco dopo Mazzocco calcia a lato dalla lunga distanza, ma il pericolo maggiore è per Favaro con una conclusione ancora di Corradi che esce di poco alla sua destra. Entra Cunico per Bucolo e il Padova a trazione decisamente anteriore alla mezz’ora reclama per un fallo di mano in area non sanzionato su tiro di Sparacello, ma due minuti dopo arriva il pareggio a opera di Neto Pereira che, magistralmente servito da Cunico, supera il portiere e depone la palla in porta. La vittoria resta però solo un’illusione, unita alle proteste a tempo scaduto per un errato fuorigioco che ferma un’azione pericolosa di Cunico.
Ore 15.10 – (Mattino di Padova) Nell’1-1 che suggella il match tra Cuneo e Padova, ancora una prestazione di gran classe da parte di Neto Pereira. Quando la sua squadra finisce sotto, l’ex Varese si carica sulle spalle la responsabilità dell’attacco e va a confezionare, grazie anche all’assist di Cunico, il giusto pareggio. «È stata una partita equilibrata», conferma l’esperto giocatore brasiliano, «molto diversa da quella dell’andata (terminò con la vittoria cuneese per 3-1, ndr), che capitò in un periodo per noi molto complicato. Questa volta avevamo davanti un Cuneo molto agguerrito, e sapevamo che il risultato sarebbe stato importante per entrambi. Secondo me non siamo riusciti a sfruttare magari un paio di occasioni, segnatamente quelle arrivate nel finale di partita, ma il pareggio è un risultato comunque giusto. Certo, per le nostre esigenze di classifica si tratta di un pari che serve a poco, ma non mi sento ancora di dire che siamo usciti dalla corsa per i playoff. Siamo vivi e dobbiamo crederci sino alla fine del campionato. Sulla carta, ma solo sulla carta ovviamente, il calendario nelle prossime giornate ci favorisce: noi ce la metteremo tutta». Secondo Pillon l’1-1 raccolto a Cuneo serve a poco al Padova, e Neto Pereira è sulla medesima lunghezza d’onda del proprio tecnico, anche se cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno: «Però qui abbiamo perso una grossa opportunità per rientrare in corsa con le prime». È il turno poi di Marco Cunico, determinante poer arrivare al pareggio, che confessa: «Non so se ero in fuorigioco nell’ultima azione, a me era sembrato che fosse una giocata regolare, ma è inutile rimuginarci sopra. Ci abbiamo provato, peccato non essere riusciti a completare del tutto l’opera. Il pareggio mentalmente ci rallenta, ma d’altronde, se vinciamo tutte le prossime partite, possiamo restare ancora in corsa. Ci proveremo sino all’ultimo secondo dell’ultima giornata, questo lo garantisco. La partita è stata dura, anche e non solo per le condizioni del campo piccolo, con la palla che non rimbalzava bene. Loro sono più abituati a giocare su questo terreno, erano messi bene oltretutto. Eravamo preparati per disputare una partita aggressiva, ma bisogna fare i conti anche con gli avversari. Cos’è mancato per vincere? La profondità non attaccata bene. Siamo venuti meno lì, ma il Cuneo non ci ha lasciato giocare».
Ore 15.00 – (Mattino di Padova) Non si rassegna Bepi Pillon. Agli errori arbitrali e alla possibilità di vedere il suo Padova ancora in lotta per agguantare i playoff. Per quest’ultima si dà ancora 24 ore di tempo, aspettando i posticipi. Per le sviste, invece, quasi non sembra più che pesci pigliare: «Qualcosa ci è stato tolto anche oggi (ieri, ndr), come con il Cittadella e come a Pordenone», rileva il tecnico nel dopo-partita. «Sono tutti errori arbitrali decisivi, arrivati in gare importanti. E anche per questo il risultato è molto duro da digerire. Il rigore a nostro favore era evidente, il fallo di mano in area netto. E poi alla fine, nell’occasione di Cunico a tu per tu con il portiere, è stato sbandierato un fuorigioco che non c’era. Marco poi ha calciato male, ma perché aveva già sentito il fischio e si era fermato. Peccato davvero». Una protesta piccata, ma anche pacata, da parte del tecnico, che non perde le speranze di raggiungere il treno che porta agli spareggi promozione. «La nostra rincorsa è stata importante, ma adesso molto dipende dal risultato del posticipo tra Alessandria e Pavia. Se dovessero vincere i piemontesi sarebbe durissima, ma noi andiamo avanti, ci sono ancora 15 punti in palio». Resta l’impressione, tuttavia, che non sia stato il miglior Padova quello visto a Cuneo. «Potevamo fare meglio nell’attaccare la profondità, ma era un campo brutto e stretto, sul quale era duro giocare palla a terra. Abbiamo avuto occasioni da palla da fermo e non siamo riusciti a sfruttarle. Partite come questa sono decise da episodi, un gol avrebbe potuto cambiare la sfida e invece abbiamo subìto una rete che non dovevamo prendere. Le assenze? Chi è sceso in campo ha dato tutto, non ho nulla da rimproverare alla squadra». In questa situazione di classifica è ancora presto per parlare di futuro e programmazione per la prossima stagione? «Finora sono stato concentrato solo sulla rincorsa playoff e lo sono ancora. Per il resto non ho ancora avuto nessun incontro con la società. Penso che sia stato fatto un gran lavoro da parte del mio staff, i giocatori sono cresciuti e abbiamo posto delle basi. C’è un impianto di gioco al quale basta apportare qualche correttivo per renderlo competitivo al cento per cento». La palla passa, quindi, al presidente Giuseppe Bergamin, che per il momento non parla di futuro, ma per la prima volta alza un po’ la voce contro gli arbitri: «Sono arrabbiato», il suo commento. «Potevamo anche vincere se non fosse stato per alcune decisioni del direttore di gara. Ho già parlato di questo con il presidente di Lega, ma gli arbitri sono questi e sono tutti molto giovani. Non c’è molta differenza tra uno e l’altro, il livello è questo e protestare ancora di più non porta risultati». Playoff svaniti? «Continuiamo a guardare gara dopo gara, giochiamo fino alla fine, augurandoci che qualcosa di buono ci venga riconosciuto più avanti». Protesta anche Edoardo Bonetto, che ci tiene, tuttavia, ad elogiare la prestazione di Cunico: «La sua immensa qualità ci ha permesso di rimettere a posto la gara», osserva il vice-presidente. «Avevamo tante assenze e l’arbitro ci ha penalizzato. Continuiamo a guardare gara dopo gara consapevoli che, comunque vada, abbiamo disputato una stagione sopra le righe».
Ore 14.40 – (Mattino di Padova) Due punti lasciati sul campo, brutto, gibboso e stretto, e uno portato a casa. Ma il risultato è giusto, il Cuneo non ha rubato nulla. È il Padova che deve mordersi le mani, e il pareggio – il dodicesimo della stagione – serve a poco nell’ottica dell’inseguimento agli spareggi-promozione. Perché se il Pavia stasera non batte l’Alessandria, ancorandola a quota 49, quarto ed ultimo posto utile per i playoff, la corsa è compromessa. Un’occasione sprecata, che in questo combattuto finale di campionato può costare molto cara a Neto Pereira & C. Poco concreti nei primi 45’. Partita non facile (e si sapeva), con i biancoscudati che nel primo tempo hanno avuto le occasioni migliori, ma più su palle inattive che su azioni manovrate. E il loro limite evidente è stato proprio quello della finalizzazione: si poteva e doveva fare di più sotto porta. Contro avversari che lottano per salvarsi – e il Cuneo aveva la ghiotta opportunità, vincendo, di avvicinare Lumezzane e Pro Piacenza – bisogna alzare di più il ritmo del gioco, il che obiettivamente non c’è stato. Certo, gli uomini contati hanno condizionato le scelte di Pillon, costretto ad inventarsi Bucolo terzino per le contemporanee assenze di Diniz (squalificato) e Dionisi (infortunato), e ad affidare la mediana a Mazzocco e Baldassin (De Risio squalificato e Corti ancora convalescente), ma davanti la squadra, pur creando, ha combinato poco. Dopo il pericolo portato in avvio di gara da Bonomo, con un sinistro da lontano intercettato alla grande da Favaro in tuffo, e conseguente deviazione in angolo (3’), i veneti hanno preso il sopravvento, costringendo i biancorossi ad arretrare il proprio baricentro e a serrare le fila. Più che a destra, dove proprio non si è visto, il Padova è andato giù soprattutto a sinistra, mettendo in azione spesso Finocchio. Al 7’, su un cross di Favalli proprio da quella fascia, con respinta di Tunno, Neto Pereira in semirovesciata ha fatto gridare al gol, sventato da un gran balzo dell’estremo difensore, che ha alzato sulla traversa. Dal successivo corner di Ilari, Fabiano, solo soletto al centro dell’area, ha incornato bene, ma fuori bersaglio. Ma la palla-gol più nitida è stata quella di Mazzocco, che sempre sugli sviluppi di un angolo, stavolta di Finocchio, di testa ha girato a rete sul primo palo, vedendosi strozzare in gola l’urlo di gioia dalla respinta d’istinto del portiere, che ha letteralmente sventato l’1-0 sulla linea bianca (25’). Da lì al riposo da registrare solo la seconda azione pericolosa dei piemontesi, con un’altra “botta” di sinistro di Bonomo, deviata, che Favaro ha addomesticato senza problemi in tuffo (44’). Chinellato fa male. La musica, purtroppo per il Padova, non è cambiata nella ripresa: ancora ritmo troppo basso, poca “cattiveria” agonistica e difficoltà nei disimpegni. Così, dopo un pericolo portato da Ruggiero, la cui conclusione al volo, nell’area piccola, si è persa sul fondo (10’), al 13’ il Cuneo è passato in vantaggio: Corradi, poco oltre la metà campo, ha lanciato benissimo Chinellato, che, inseguito vanamente da Fabiano (la difesa in quel momento era alta), ha galoppato verso la porta, si è spostato sulla destra e ha battuto Favaro con un diagonale chirurgico sul palo opposto. La reazione dei biancoscudati? Tre buone occasioni, capitate sui piedi di Favalli (il cui sinistro è finito tra le braccia di Tunno, 16’), di Mazzocco (conclusione da dimenticare dal limite dell’area, 19’) e di Neto Pereira (staffilata di destro dai 18 metri alta di un niente, su imbeccata di Favalli, 28’). Cunico, colpo di genio. Reclamato il rigore (che forse c’era) per un “mani” di D’Iglio su girata di Sparacello all’interno dei 16 metri (30’), Pillon ha tolto dalla naftalina Cunico, sperando in un colpo di genio. Che è arrivato, neppure un minuto dopo il suo ingresso, con una giocata da vero trequartista: palla scodellata oltre i difensori per lo scatto micidiale di Neto Pereira, che ha evitato Tunno e depositato nella porta sguarnita (32’). Alla fine, lo stesso Cunico è stato fermato dall’assistente Zinzi per un fuorigioco molto dubbio mentre stava per segnare. Beffa evitata, ma risultato che suona come una quasi condanna. Appellarsi agli dei del pallone, a questo punto, è doveroso. Chissà che si… commuovano.
LEGA PRO
Ore 14.10 – (Giornale di Vicenza) Nicolò Brighenti ha vinto due volte. Sul campo e sul ring, dove è stato messo più volte all’angolo, metaforicamente parlando, da Daniele Vantaggiato, che ha rifilato al capitano del Vicenza più di qualche colpo proibito nell’arco dei 90 minuti. Ma Brighenti ne è uscito alla grande. Come sempre.Ricorderà la partita col Livorno per la vittoria, ma anche per tutte le botte che ha preso…Ne ho prese a non finire. E infatti sono fasciato ovunque.Comunque ben vengano anche le botte se poi si vince.Certo, i tre punti contro il Livorno erano fondamentali. Eravamo chiamati a dare continuità dopo il successo di Ascoli. Un passo importante verso la salvezza?Non abbiamo ancora fatto nulla…Però 6 punti nelle due gare che più contavano…Sì, così va bene. Abbiamo portato a casa due scontri diretti e se fino alla fine metteremo questa determinazione sono sicuro che festeggeremo.Anche perchè vincere aiuta a vincere…Aiuta soprattutto il morale.Ma ha visto la classifica?Lo so, non è cambiato praticamente nulla. Dietro vincono ma sarà così fino alla fine. Il campionato di B lo conosciamo. Per noi c’è tanto da fare ancora. Torniamo a quel duello che l’ha vista protagonista sabato. Vantaggiato non è stato tenero nei suoi confronti…Lo conosco bene e sapevo che mi avrebbe dato del filo da torcere. Assieme a Comi ha formato un tandem di attaccanti spigolosi. Non è stata una partita facile.Già all’inizio Vantaggiato mi aveva rifilato un brutto colpo, per me andava assolutamente punito il suo intervento. Ma non voglio stare qui a questionare. Era un pezzo che il Vicenza non vinceva in casa e non faceva 6 punti di fila. Cos’è cambiato?Ora siamo più concreti, più squadra. Magari dovremmo ammazzare gli avversari, come si suol dire, quando andiamo in vantaggio. Insomma dovremmo essere più bravi a gestire la gara una volta che è stato spezzato l’equilibrio. E magari badate più al sodo?In un certo senso sì, a volte è bene mandare qualche pallone in più in tribuna piuttosto che cincischiare e correre rischi inutili. Se non avete subìto gol il merito è anche di Benussi. È d’accordo?Certo, ha salvato il risultato in più occasioni, ha disputato davvero una grande gara.È pur vero che avete rischiato molto sul 2-0…Dobbiamo ancora migliorare molto, continueremo a lavorare forte per limare i difetti e per correre meno pericoli quando ci troviamo in vantaggio come è capitato. Ma la voglia di alzare il baricentro c’è stata fino al 95′. Ad un certo punto l’abbiamo vista cadere nella sua area, nella ripresa. E ha fatto spaventare un po’ tutti. Che è successo?Sono scivolato e non è la prima volta che mi succede in quella zona del campo. Anche parlando dopo con gli addetti ai lavori, ho saputo che era un’area che non è stata rizollata. Mi è mancato l’appoggio e il ginocchio si è un po’ girato. In settimana mi sottoporrò a qualche terapia.Quando è rientrato in campo si è opposto alla grande su Comi. Non potevo certo tirarmi indietro. Il Livorno si era lamentato per un suo tocco di mano in area. Era rigore?Per me l’arbitro ha fatto bene a lasciar correre, perchè il mio braccio era completamente attaccato al corpo. È un Vicenza nuovo, anche nel modulo. Di chi è il merito?Semplicemente sappiamo che dovremo fare del nostro meglio fino alla fine perchè tutti vogliamo salvarci e in ogni partita ci sarà da lottare. Da oggi riprendiamo a lavorare ancora più intensamente. Ora il bottino pieno nei due scontri diretti, che hanno un valore assoluto, deve darci la spinta per continuare.
Ore 14.00 – (Giornale di Vicenza) Compagno (di squadra), amico, fratello: e tanti altri modi di essere Galano e Bellomo. In un pomeriggio di due settimane fa, al Menti, succede che Nicola rimane con il ginocchio tra le mani: a fine partita, Cristian fa il borsone e si trasferisce da lui per un paio di giorni. Angela, la moglie di Bellomo, sta per partorire, e un aiuto in casa – in un momento come questo – serve eccome. E poi, nel pomeriggio dell’ultimo sabato, sempre al Menti, succede che Cristian ritorna il talento di Bari che tutti avevano conosciuto: sinistro da fuori area all’incrocio, e corsa verso la panchina per alzare al cielo la maglia numero 8. Un amico è così.DEDICHE. Ed è anche social. Infatti, Bellomo non ci ha pensato un attimo a postare sul suo profilo Instagram la foto dell’esultanza di Galano: «Fratellino lo sai che con le parole non sono bravo – scrive – ma ti posso dire che mentre guardavo la partita soffrivo insieme a te quando all’improvviso fai un gol spettacolare e corri come un pazzo per dedicarmi il gol. Un gesto che per me, in questo momento, vale tanto! Mi hai fatto piangere come un bambino perché sappiamo solo noi cosa ci lega. Ti voglio tanto bene. Ricordati che per te ci sarò sempre in qualsiasi momento della vita perché tu per me non sei un amico, sei molto di più». Un ringraziamento pubblico seguito di qualche ora a quello diretto, spedito d’istinto non appena quel pallone è entrato in rete: «Gli ho scritto subito un messaggio – confida Bellomo -, anche se sapevo che l’avrebbe letto solo a partita. Se mi ha sorpreso? Certo, ma sono sicuro che avrebbe esultato così anche se il gol fosse arrivato tra sei giornate». Poi anche Galano ha digitato tastiera su bianco il suo pensiero: «Le tue parole mi riempiono di gioia, sei una persona speciale per me “fratello”. Oggi era il minimo che potessi fare per te, ho fatto di tutto in campo per segnare e dedicarti questo gol. Per farti capire che in questo momento della tua carriera non devi mollare anzi devi ritornare più forte di prima campione. Ti voglio un mondo di bene sappi che anche io per te ci sarò sempre, in qualsiasi momento della vita. Un abbraccio grande fratellino, manchi…».FRATELLI DI BARI. Nati sotto il segno della classe 1991, li separa solo il comune di nascita: Galano a Foggia, Bellomo a Bari. Ma è quest’ultima la città teatro della loro amicizia: Cristian nel capoluogo ci arriva quando ha 12 anni, va a vivere in convitto ma spesso – dopo le partite della domenica – si ferma a dormire a casa di Nicola, con la mamma di lui che sempre più spesso centrifuga in lavatrice le divise di entrambi. Poi le strade dei due si dividono: Bellomo a Barletta, Galano a Gubbio. Un anno dopo, il ritorno alla base, con Galano che stavolta prende casa a Bari vecchia, dieci metri più in là di quella di Bellomo: «Lì ci dormiva solo – racconta col sorriso Nicola – poi era sempre da me, diventando ben presto un secondo figlio per mia madre». E ci pensa sempre Nicola a spiegare come funziona Cristian: «Adesso si è anche aperto! Anni fa, in spogliatoio, parlava solo con me. Glielo dico sempre che questo carattere chiuso è la sua pecca più grande: è uno dei più forti in Italia, dovrebbe essere già in Serie A».
Ore 13.50 – (Giornale di Vicenza) Sei punti di ossigeno puro, aria buonissima di primavera. Il Vicenza di Franco Lerda nelle ultime due partite – due scontri diretti – ha ottenuto il massimo, migliorando in maniera significativa la propria posizione in classifica. Le vittorie contro Ascoli e Livorno, infatti, non solo hanno consentito ai biancorossi di risalire la china fino al quintultimo posto (che oggi varrebbe i playout contro il Modena), ma li hanno anche messi al sicuro per quanto riguarda la classifica avulsa in caso di arrivo alla pari con entrambi gli avversari appena battuti (ai quali si aggiunge il Modena, mentre il Vicenza è in svantaggio con Pro Vercelli e Lanciano).MENO OTTO. Per la salvezza diretta la strada è meno ripida, ma resta comunque in salita: servono altri 12 punti nelle otto partite che mancano (quattro al Menti, quattro fuori casa). In soldoni, bisognerebbe vincerne la metà, a costo pure di perderne altrettante. Se si potesse scegliere, calendario alla mano, non è difficile individuare quali sono gli scontri-chiave nei quali si potrebbe firmare già adesso per ottenere tre punti: 16 aprile, in casa contro una Ternana ormai tranquilla a metà classifica; 19 aprile (ultimo turno infrasettimanale), scontro diretto delicatissimo a Salerno; altro “spareggio” a Latina alla penultima giornata; gran finale al Menti contro un Perugia che probabilmente non avrà nulla da chiedere al campionato.LOTTA PLAYOFF. Negli altri quattro incontri, il Vicenza diventerà “arbitro” della lotta per i playoff, affrontando tutti avversari in piena corsa per accedere agli spareggi-promozione. Saranno dunque partite difficili per il valore e le motivazioni degli avversari, nelle cui file peraltro si annoverano parecchi volti noti. Si comincia sabato prossimo a Cesena contro Tonino Ragusa, per poi ricevere il lanciato Spezia di Mimmo Di Carlo al termine della settimana “terribile” cadenzata da tre turni ravvicinati (23 aprile); il 30 aprile il Vicenza sarà ospite dell’ottimo Brescia costruito dagli ex dirigenti biancorossi Sagramola e Castagnini, mentre il 7 maggio ospiterà la rivelazione Entella con Abderazzak Jadid. Non ce ne vogliano i tifosi della simpatica squadra ligure, ma a questo punto c’è da augurarsi che di qui a maggio proprio la formazione di Chiavari perda terreno rispetto al treno in corsa per i playoff, e arrivi al Menti ormai senza grandi velleità, appagata da una stagione comunque al di sopra delle aspettative. Sarebbe un preziosissimo “bonus” in più per capitan Brighenti & C.COSA VA. Giustamente però, più che pensare agli altri, il Vicenza deve guardare in casa propria. E allora, su che cosa Franco Lerda può fondare motivate speranze di raggiungere la salvezza? Prima di tutto su un modulo che funziona, ovvero quel 4-2-3-1 che si sta dimostrando equilibrato e congeniale alle caratteristiche dei giocatori a disposizione. Poi sulla vena ritrovata dei suoi attaccanti (Ebagua, Galano e Raicevic in gol negli ultimi due successi), e su una difesa quadrata con Benussi in porta, Brighenti e Adejo al centro, Sampirisi e D’Elia come terzini.COSA NON VA. Altri aspetti, però, sarebbero da migliorare. Su alcuni, purtroppo, c’è ben poco da fare, a cominciare dagli infortuni: Manfredini, Bellomo, Vigorito e Pozzi sono definitivamente fuori causa; e purtroppo pure i vari Laverone, Pinato, El Hasni, Modic sono alle prese con fastidi che vanno e vengono e non stanno permettendo loro di essere arruolabili con costanza, mentre Urso sta ricarburando dopo una lunga assenza. Ci sono poi giocatori importanti come Giacomelli e Moretti che non stanno rendendo al massimo delle loro potenzialità: il Vicenza, da qui in avanti, avrebbe bisogno di ritrovarli al meglio della forma, perché due come loro possono e devono essere ben più che comprimari in questa squadra. Massima allerta, infine, per quanto riguarda la situazione disciplinare: proprio perché le alternative in questo momento non sono molte, il Vicenza dovrà evitare di accumulare ammonizioni ed espulsioni che non siano strettamente necessarie. Quindi vietato protestare con l’arbitro, simulare, compiere interventi scomposti con il pallone lontano dall’area biancorossa: chi ha orecchie per intendere, intenda; chi finora le ha avute spesso chiuse a questa campana, le apra bene.
SERIE B
Ore 13.20 – (L’Arena) Una leggenda che cammina fra le vie del centro di Bologna. Gianluca Pagliuca è tornato a casa, dopo tre campionati del mondo e 592 partite giocate in Serie A. Solo Paolo Maldini, Javier Zanetti e Francesco Totti in campo ci sono stati di più. Il tempo passa anche per lui, il 18 dicembre gli anni saranno arrivati a 50 ma la voglia di calcio è rimasta intatta come un tempo.A Bologna Pagliuca cura i portieri delle squadre giovanili, punto di riferimento per tutti. In fermento il futuro quasi certamente roseo del suo Bologna e sicuramente pensieroso per l’annata dell’Hellas.«L’infortunio di Toni è stato deleterio per il Verona, aver perso per due mesi uno che in due anni è riuscito a mettere a segno 42 gol è stato un colpo durissimo. Ne sarebbero bastati cinque o sei in più per dare al Verona qualche speranza e restare agganciato al treno. Toni è stato strepitoso, ma la squadra col tempo ha perso anche l’entusiasmo della neopromossa che di solito ti dà tanta fame e cattiveria».Come dovrà ripartire il Verona la prossima stagione?«La cosa più importante quando retrocedi è fare piazza pulita. I giocatori altrimenti penserebbero ancora alla Serie A. Servono giocatori giovani con voglia di emergere, Fusco l’anno scorso a Bologna ha fatto una campagna acquisti a zero euro e siamo stati promossi. Le motivazioni in Serie B vengono prima di tutto».Gollini può diventare un grande portiere?«È già un buon portiere, dopo qualche errore iniziale che comunque puoi mettere in preventivo la continuità dell’ultimo periodo gli sta facendo bene. Giocare in una squadra con l’acqua alla gola non è facile, ma essere ormai titolare gli sta giovando».Che consiglio vuole dargli?«Gollini deve giocare, non so quanto gli farebbe bene andare in un altro club e fare da dodicesimo. Poco, secondo me. Meglio che resti al Verona, anche se dovesse andare in Serie B così come sembra. Sono contento che in Italia ultimamente siano emersi diversi portieri, Gollini è uno di questi. Fino a qualche anno fa invece dopo Buffon c’era il vuoto».Il futuro è già di Donnarumma?«Secondo me il dopo-Buffon è suo. Non è un bluff, è davvero molto forte. In più è titolare nel Milan. Bravo Mihajlovic a lanciarlo, bravo lui a farsi trovare pronto. Vedo sponsorizzare portieri italiani e stranieri che non valgono granchè, lui invece ha personalità, forza e tanta reattività nonostante sia grande e grosso. Fa spavento. Giocare nel Milan per di più aiuta, anche per una questione di visibilità».Saputo che presidente è?«Uno che parla poco ma che fa parlare i fatti. A Bologna ha portato fermento e soldi da investire, prima non stavamo navigando in acque proprio tranquillissime. A lungo andare mi piacerebbe rivedere il Bologna anche in Europa».E Setti?«Ha fatto buone cose, lo conosco. A Verona ha vinto la Serie B e costruito due stagioni molto positive in Serie A. C’è da dire che stavolta gli è girato tutto storto, ricordo una partita persa con l’Empoli per un solo tiro in porta. Capitano annate così».Toni smetterà a fine stagione o continuerà?«Non puoi sfidare la natura. Lasciare dopo una retrocessione, a questo punto probabile, mi rendo conto che non sia il massimo ma per tutto c’è un inizio e c’è una fine. Sento che Totti vuole continuare, ma quando arrivi a 39 o 40 anni fai davvero troppa fatica ad andare avanti».Il feeling di Pagliuca col Bentegodi?«Mi è sempre piaciuto giocarci, è diverso da tanti stadi italiani. Ricordo l’arrabbiatura per una partita persa 5-4 quando ero proprio a Bologna, una vittoria con l’Inter con un gol alla fine di Zanetti e tante altre belle battaglie. A Verona ho vinto ma sono uscito anche con l’amaro in bocca. Il pubblico è particolare, sempre bravo ad incitare anche dopo una stagione così negativa. Non è da tutti».
Ore 13.00 – (L’Arena) Roberto Donadoni la storia la conosce bene. «Sbaglia chi pensa che col Verona sarà una partita facile, so cosa significa essere ultimi e voler dimostrare di non meritarlo», l’avvertimento chiaro al suo Bologna, ripensando al calvario vissuto la passata stagione al Parma.Sette punti nelle ultime otto giornate non sono granché, proprio per questo il Bologna non può permettersi con l’Hellas di non conquistare un successo che manca dal 14 febbraio e dal successo di misura sull’Udinese. Donadoni ieri è stato svegliato dalla notizia della morte di Cesare Maldini, un pezzo di storia del Milan proprio come lui, compagno del figlio Paolo con cui ha vinto scudetti e Champions in serie.«Ho sentito Paolo, dire che mi dispiace è poco. Sapevo che aveva avuto dei problemi ma non credevo che la situazione precipitasse. È una di quelle persone che nel nostro mondo hanno insegnato più di qualcosa anche sul piano dell’educazione: non era solo un maestro di calcio ma di vita», il ricordo di Donadoni, tornato subito dopo sulla gara con l’Hellas. Il Bologna deve tornare quello di qualche tempo fa, quello che viaggiava a ritmo di Europa League. «In queste due settimane», spiega Donadoni, « ho cercato di trasmettere ai giocatori quello che è il nostro reale obiettivo. Dobbiamo ritrovare l’atteggiamento che ci ha contraddistinto fino a poco tempo fa, dentro di noi deve tornare a scattare la molla giusta. Sotto questo profilo mi aspetto una reazione di spessore. Non bisogna fare ragionamenti di lungo periodo. Le tabelle nel calcio sono fatte per non essere rispettate. Pensiamo a trarre il massimo dalla gara col Verona, poi dovremo essere bravi a conservare questo atteggiamento fino alla fine. Se resterò al Bologna l’anno prossimo? Non vedo perché non dovrei».Fuori Destro, sicuro l’impiego di Floccari in un attacco che ultimamente ha prodotto molto poco ma che Donadoni non ha assolutamente colpevolizzato: «Pure i centrocampisti dovrebbero accompagnare di più l’azione, così come i difensori, soprattutto sui calci piazzati. Dobbiamo riacquisire la volontà di andare in tanti nell’area avversaria. Troppo spesso ultimamente ho visto un atteggiamento passivo». Il Bologna non avrà gli squalificati Mbaye e Gastaldello, al loro posto rispettivamente Rossettini come terzino destro e Oikonomou in mezzo con Maietta. In mediana Donsah, Diawara e Taider, davanti uno fra Mounier e il giovane Rizzo affiancheranno Floccari e Giaccherini.
Ore 12.40 – (L’Arena) Nella pesante zavorra che accompagnerà il Verona nelle prossime otto partite mister Delneri ci ha messo il carico da undici. Alla vigilia della partenza per Bologna il tecnico gialloblù ha diramato le convocazioni e ha deciso di lasciare a casa Luca Toni. «Esclusione tecnica», la giustificazione, com’era successo qualche settimana fa con Gomez. Senza nulla togliere alle qualità di Juanito e alla sua professionalità l’esclusione del capitano dell’Hellas non può essere messa sullo stesso piano e merita un’analisi particolare. Difficile capire cos’è successo finchè non arriverà una giustificazione da parte dell’allenatore friulano o del club di Via Belgio, si viaggia nel campo delle ipotesi. La prima è legata all’esternazione di Toni dopo la gara con il Carpi. «Abbiamo perso contro una squadra scarsa e noi siamo stati più scarsi di loro», in sintesi il pensiero dell’ex campione del mondo. Un attacco molto forte al gruppo che si era arreso ancora una volta contro una diretta concorrente. Un atto d’accusa giusto per alcuni, fuori tempo massimo per altri, uno stimolo per i compagni o un modo sbrigativo per chiamarsi fuori dalla lotta? Solo con il tempo arriveranno le risposte ma l’esclusione di Luca si potrebbe collegare anche alla decisione congiunta di mister e società di valutare già alternative per il futuro, chiamiamole prove tecniche di Serie B. Può essere e in quest’ottica va vista l’idea di Delneri di far giocare Pazzini da unica punta e di comunicarlo già un giorno prima a tutto il mondo. Chissà se la decisione è stata condivisa con la società, sicuramente non con Toni che non ha gradito l’esclusione dopo quello che ha fatto in questi anni per il Verona, non solo in campo ma anche nello spogliatoio, l’uomo immagine di un gruppo che ha meravigliato l’Italia da matricola e ha raggiunto una salvezza tranquilla alla seconda stagione di A. Tanti interrogativi da sciogliere non ultimo quello che riporta alle voci circolate dopo la batosta con il Carpi quando qualcuno aveva ipotizzato il ritorno in panchina di Andrea Mandorlini nel campionato cadetto con Luca Toni dirigente e Tullio Tinti, procuratore del bomber e di Pazzini e amico del mister romagnolo, nel ruolo di supervisore. Una scelta tutta da valutare. Il presidente Setti aveva dichiarato che non avrebbe mai ripreso Mandorlini ma il tecnico è legato al club gialloblù da un altro anno di contratto e tenersi in tasca un milione e mezzo di euro circa non dispiacerebbe più di tanto a una società che dovrà far quadrare il bilancio anche tra i cadetti. Un castigo per il bomber o prove di B? Chissà? Chissà con quale spirito scenderanno in campo i ragazzi in gialloblù questa sera al Dall’Ara, nel posticipo della dodicesima giornata. Alla luce delle sconfitte di Palermo, Carpi e Frosinone l’Hellas potrebbe riaccendere la speranza per la volata finale ma il tecnico sembra aver già voltato pagina, a questo punto conta solo l’orgoglio, bisogna concludere il campionato a testa alta. «Chi giocherà, da adesso in poi, dovrà meritarsi questa piazza – ha detto Delneri alla vigilia della gara -. Ci sono calciatori che hanno dimostrato di avere potenzialità importanti, altri che hanno giocato in Nazionale, tutti avranno l’occasione di far vedere quanto valgono. Il gruppo ha dato quello che poteva dare, abbiamo ridato motivazioni a chi non ne aveva all’inizio, abbiamo fatto del cose buone e meno buone. Adesso dobbiamo onorare questa maglia». Restano alcuni dubbi sulla formazione titolare, tra le certezze Pazzini punta centrale e Albertazzi sulla fascia sinistra. Al centro della difesa Helander e Moras anche se non si può escludere il rilancio di Bianchetti. In avanti sicuri Pazzini e Wszolek, tutta da scoprire la linea mediana. Marrone e Ionita alle spalle di tre fantasisti, oppure un centrocampo con Viviani in regia e due interni? Delneri ha fatto capire che deciderà poco prima della gara. «Penso di avere un gruppo di calciatori che possono fare bene – conclude Delneri – e sarei ben contento che chi ha giocato meno dimostri poi di poter tornare qui. Abbiamo il dovere di tarare i giocatori più giovani e pensare al futuro del Verona, questa è una piazza che deve lottare per un ruolo importante anche l’anno prossimo».
Ore 12.10 – (L’Arena) È pesante la sconfitta per il Palermo a Verona, una caduta che lascia i rosanero al terzultimo posto in classifica. E sul volto del tecnico Walter Novellino si legge la delusione per una prestazione deficitaria. «Sono molto deluso » ammette «non riusciamo a muovere la classifica, abbiamo i mezzi per fare meglio, ma non riusciamo ad esprimerli. Il motivo? Ce ne sono tanti. Stiamo attraversando un momento particolare. Dobbiamo rimuovere tutto ciò che è accaduto oggi e ripartire. Credo che mentalmente non siamo sereni e le prestazioni sono il frutto di questo momento. Dobbiamo ripartire e reagire nel modo giusto a questa sconfitta». Non cerca scuse il popolare »Monzon» soprannome con cui l’ex attaccante di Perugia e Milan, veniva chiamato quando giocava. Lui certamente no, ma il suo Palermo ad un certo punto è sembrato essere proprio un pugile in balia dell’avversario, tanto da gettare anzitempo la spugna. «Ieri ci è mancata la giusta cattiveria soprattutto nel secondo tempo. La prima frazione la giudico benino. Abbiamo sprecato troppo. Non credo sia notte fonda, poi altre squadre hanno perso. La nota positiva è che abbiamo preso gli ultimi due gol che potevamo evitare, dobbiamo cambiare degli atteggiamenti». Novellino ci crede e sembra essere molto motivato. D’altronde il Palermo ha un buon calendario, ma la situazione in casa rosanero è tutt’altro che semplice.« Vedremo dobbiamo lavorare su certe situazioni, ma il ko di ieri mi sembra un po’ troppo severo». Il mister del Palermo alla fine da al Chievo il giusto merito. « È una realtà del nostro campionato. Gioca un buon calcio e sa difendersi molto bene. Non mi stupisce la classifica che si ritrova, ma ieri noi dovevamo fare meglio in certe situazioni. Ci fosse stata più attenzione, forse, avremmo ottenuto almeno un punto che sarebbe stato fondamentale per la nostra classifica. Meglio pensare già alla prossima sfida con la Lazio in casa».
Ore 11.50 – (L’Arena) Il balletto scoordinato con cui ha festeggiato il suo gol è probabilmente ancora rivedibile. Fabrizio Cacciatore per il resto però merita solo applausi. Contro il Palermo prestazione sontuosa: un gol, un assist e tanta sostanza sulla propria corsia di competenza. Anche grazie a lui il Chievo ha raggiunto l’obiettivo. «Sì, ce l’abbiamo fatta. Abbiamo superato la quota chiave dei 40 punti. Matematicamente non abbiamo in tasca ancora nulla ma siamo messi molto bene», dice. «Contro il Palermo era fondamentale vincere». E la strada l’ha spianata proprio il suo guizzo al 6′. «Mi sono trovato in area perché Castro era un attimo in affanno», sorride Cacciatore. «Mi ha chiesto proprio lui di chiudere quel movimento ed è andata bene. Mi sono trovato nel posto giusto. Sono felice per il primo gol con il Chievo. Ho esultato così perché lo avevo promesso ad amici. L’ho fatto per loro. L’importante comunque sono i tre punti». La proiezione di Cacciatore è già al futuro. «Adesso dobbiamo continuare a spingere e dare il massimo», conclude. «Possiamo provare anche a vincerle tutte. Durante la stagione abbiamo dimostrato di essere un gruppo forte, già dalle prime giornate. Abbiamo attraversato pochissimi momenti di flessione. Ci siamo meritati quello che abbiamo. Concludiamo nel miglior modo possibile».
Ore 11.30 – (L’Arena) Dal gol alla prima giornata ad Empoli alla punizione perfetta all’incrocio dei pali contro il Palermo. In mezzo trenta giornate dove l’estro di Valter Birsa ha spesso illuminato il Chievo. Uomo copertina di un meccanismo rodato. La sua meravigliosa pennellata ha archiviato anche la pratica Palermo e ha permesso ai gialloblu di superare la fatidica soglia dei 40 punti. E il fantasista sloveno a stento placa gli entusiasmi. «Matematicamente non so bene come siamo messi», il suo tentativo. «So solo che in classifica siamo in ottima posizione. Comunque stiamo bene anche a livello di gioco. La squadra si esprime sempre al meglio. Tutti hanno una grande voglia di vincere. Non dobbiamo fermarci. Se avremo la possibilità di fare un salto di qualità dobbiamo provarci. Io ci spero tanto». Birsa non pone quindi limiti a questo Chievo. La squadra di Maran è la nona forza del campionato, appena dietro le forze conclamate del nostro calcio. Il laboratorio-Chievo si è conquistato l’ennesima coccarda al merito. «A Veronello si lavora molto bene», abbozza un sorriso Birsa. «Il mister spinge molto, ci sprona a migliorarci continuamente. L’ambiente poi è un altro dei nostri segreti. Ci sono le condizioni ottimali per lavorare con tranquillità. Queste sono chiavi importanti nel calcio di oggi». Condizioni di cui ha beneficiato proprio lo stesso Birsa. Il giocatore sloveno ha probabilmente disputato il suo miglior anno da quando è in Italia. Durante questa stagione ha saputo esprimere il proprio talento con il dono della continuità. «Le statistiche sono dalla mia parte», esclama con tono convinto quello che attualmente è il capocannoniere clivense. «Questa è sicuramente la mia miglior stagione in Italia. Gol e assist parlano chiaro. Però, ripeto, c’è un concetto: al Chievo c’è la possibilità di lavorare con serenità e questo alla fine dei conti pesa tanto. Devo ringraziare squadra e staff per il grande supporto». Ma l’orizzonte è già proiettato sulle prossime gare. «Intanto davanti abbiamo una settimana di lavoro», se la cava con diplomazia Birsa. «Dobbiamo preparare bene la gara contro il Carpi per cercare di vincere e guadagnare altri punti. In queste ultime gare dobbiamo semplicemente mantenere la nostra identità: correre e lavorare. Così i risultati arrivano. Non dobbiamo inventare un’altra ricetta». Il Chievo dovrà sicuramente proseguire sulla strada tracciata. Per il futuro intanto meglio garantirsi un contratto a vita con Maran, uno che la ricetta vincente pare avercela in tasca. «Con lui sono cresciuto tanto», chiude Birsa. «Mi ha consegnato sul campo la posizione ideale, quella dove riesco ad essere maggiormente utile. Sul suo futuro però non posso pronunciarmi. Sono questioni della società. Speriamo venga presa la decisione migliore per il Chievo».
Ore 11.10 – (L’Arena) Maran arriva in sala stampa con il sorriso dei giorni migliori. Una tirata di bocca alla Fred Buscaglione e poi via a parlare dell’ennesima perla della stagione: «Ogni partita i ragazzi riescono a sorprendermi, non si pongono limiti e questo è il bello. La squadra va avanti alla grande, anche se ha raggiunto da tempo l’ obiettivo. Abbiamo una classifica straordinaria e mi auguro non sia finita. Siamo tutti davvero molto felici. Abbiamo vinto una gara che poteva diventare davvero diventare complicata». Maran gongola, quasi sorpreso dalla fame che i suoi mettono ancora in campo. Un modesto Palermo è stato sbranato da un branco di lupi guidato questa volta da un «Cacciatore». Già, perchè, dalla sua carabina sono partite traiettore micidiali per Sorrentino: gol e assist per Rigoni.« Questa è una cosa che mi fa veramente piacere» ammette mister Maran, « è la forza del gruppo. Tutti sono stati protagonisti nell’arco della stagione. Attacchiamo con molti giocatori e questi sono i risultati. Sono davvero soddisfatto e contento per il ragazzo». Il mister fa il modesto, ma quando tornano alla ribalta per condizione, efficacia e peso, ragazzi che qualche volta si erano pure seduti in panchina, il merito è di chi li allena e del suo staff. «No, no, guardate il merito è tutto di Cacciatore come di altri ragazzi che stanno facendo un campionato straordinario, lo ripeto». Peccato che la gioia della nuova vittoria sia arrivata a pochi giorni dall’infortunio di Dainelli, altro grave stop della stagione dopo quello di Izco.« Sono davvero dispiaciuto» commenta il buon Rolly, « per l’infortunio subito da Dario, poi ad una partita dal traguardo delle 400 gare in serie A. Un destino beffardo, proprio ora che c’era da divertirsi. Non ha mai avuto, credo, infortuni così gravi. Saprà riprendersi ne sono convinto e lo aspettiamo più forte di prima». Birsa non è una novità e del resto anche Nicola Rigoni. Allora stando ai singoli meglio tornare sul monumentale Maran , l’uomo che insegue il suo record di punti in serie A: 56 ottenuti col Catania tre stagioni fa. « Accidenti sono tanti punti ancora che ci separano da quella quota. L’importante è continuare ad inseguire un sogno e cercare magari di prendere la Lazio, poi non so cosa accadrà». Maran è blindato al Chievo da un contratto importante, però nel valzer delle panchine che inizierà fra qualche settimana, il suo nome è fra i più gettonati. Torino, Genoa, Atalanta e perfino Lazio.« Stiamo facendo vedere attraverso la classifica il lavoro di tutti. Dal presidente, al direttore sportivo ai giocatori e perchè no, anche dell’allenatore. È normale che arrivino dei complimenti, spero che tutte le mie squadre riescano a far bene ed avere un buon seguito…» Maran ha dribblato la domanda, lo facciamo notare. In pratica il tecnico gialloblù non risposto:« mi hanno insegnato a non rispondere» e giù una bella risata, « c’è da finire questo campionato alla grande, mancano sette partite poi vedremo cosa accadrà. È presto per parlare di qualsiasi cosa e poi sono legato da un contratto di tre anni». Ed allora meglio godersi il grande momento e pensare davvero ad un altro traguardo dopo aver raggiunto quello della salvezza. A sette gare dalla fine, avere tredici punti di vantaggio è una dote invidiabile. Manca soltanto la matematica, ma visto lo stato di grazia del Chievo sembra davvero offensivo parlare ancora di «miserie» da massima serie. « Avanti allora. Ai ragazzi» conclude Maran, «avevo chiesto col Palermo, una prova di grande maturità. Sono andati oltre, quindi a questo punto divertiamoci. Non poniamoci dei limiti». Maran esce fra gli applausi dei tifosi, anche quelli della Calzedonia che hanno appena visto trionfare dal megaschermo del Palaolimpia la loro squadra nella lontana e fredda Siberia in Euro Challenge. Chissà se l’anno prossimo, oltre alla Blue Volley ci sarà anche il Chievo in Europa?
Ore 10.50 – (L’Arena) Meno ricami più sostanza. Tanta sostanza. E tre punti che proiettano il Chievo oltre quota 40, in una dimensione cui non era più tanto abituata a navigare considerato che ancora mancano sette giornate alla fine del campionato.Ridono i gialloblù, se la spassa Rolando Maran, godono come matti i tifosi del Bentegodi nell’applaudire il netto 3-1 sul Palermo, quasi inebriati dall’andatura di una squadra che riesce a fare il pieno anche quando non tutto gira sempre a mille. Merito della ormai proverbiale compattezza, dello spirito inossidabile, della capacità di accorciare o allargare le misure del campo a seconda della bisogna. E dell’abilità nel gestire il ritmo e imbavagliare il nemico che pure nella circostanza aveva – sulla carta – impellenze di classifica ben più stringenti. Nulla evidentemente che possa spaventare la squadra della Diga, nulla che possa rallentarne una marcia fattasi nelle ultime settimane disinvolta e che la proietta ora a un solo punto dalla Lazio ottava in classifica. Sogni? Macché. Solo la splendida realtà targata Rolly & premiati soci. NON BASTA IL «GILA». A sporcare la domenica stavolta non è servito neppure l’ennesimo acuto di Alberto Gilardino, al tredicesimo centro in carriera contro il Chievo. Chissà che qualcosa non sia scattato nella testa di Bizzarri e compagnia proprio lì, quando il consumato rapace d’area ha punto proprio come aveva fatto all’andata, rimestando ricordi antipatici. Quelli di una delle sconfitte meno meritate della storia del Chievo in Serie A.Perché lì i gialloblù, che nel primo quarto d’ora avevano impartito una esemplare lezione di pallone salvo rallentare vistosamente fino all’1-1, hanno ripreso in mano le operazioni tornando ad occupare con costanza la metà campo rivale. Con criterio, intelligenza, mestiere. Senza strafare ma riducendo al contempo i pericoli, meno brillanti ma sempre molto attenti, organizzati, pronti ad affondare il colpo.LA SCOSSA. Il resto lo deve avere combinato Maran al cambio di campo, impartendo una scarica di elettricità di cui probabilmente i suoi avevano bisogno. E infatti non appena se ne è ripresentata l’occasione è arrivato anche il nuovo vantaggio sul malefico traversone di Cacciatore – già autore del gol del vantaggio – su cui Rigoni ha trovato il perfetto tempo di inserimento. Tutto ok allora? Forse, perché davanti c’è un’altra quarantina di minuti e il timore che una ulteriore flessione sul passo complichi ancora i piani di viaggio. Non capita. Il Chievo ha esaurito i regali e ha troppa voglia di venirne a capo una volta per tutte. A costo di dover moltiplicare gli sforzi, con Meggiorini più volte sorpreso a fare il terzino, il solito Castro a tutta fascia, Radovanovic centro di gravità permanente, il ritrovato Inglese – subentrato a Floro Flores – a sbattersi da una corsia all’altra per attaccare e difendere.E quando il pomeriggio decide di mettersi stabilmente sul sereno capita anche che Birsa – ieri più svagato del solito – riesca ad estrarre dal cilindro uno dei suoi pezzi forti. Palla da fermo qualche metro fuori dall’area, esecuzione incantevole con quel sinistro che fa calcio e musica, Sorrentino che ci prova ma proprio non può arrivarci. SOLO APPLAUSI. Lo stadio adesso è tutto in piedi. Non c’è più spazio neppure per i fischi, feroci, che avevano accolto proprio Sorrentino sotto la Nord e il finale senza sussulti – fatta salva l’occasione, episodica, di Andelkovic agli sgoccioli di gara – è un dolce viatico verso il triplice fischio, ultimo trillo della melodia primaverile. Quarantuno punti, zona retrocessione distante 13, l’ottava piazza che quasi la puoi toccare e un calendario che invita ad accelerare ancora. E la salvezza? Quello è affare per altri…
Ore 10.20 – (Messaggero Veneto) Sono volti sorridenti, quelli che escono dagli spogliatoi bianconeri, dopo la vittoria. «Era importante per lo spirito – è il pensiero di Kuzmanovic –, abbiamo disputato una grande partita e siamo riusciti a mettere il Napoli in difficoltà. Credo che alla fine il risultato sia giusto e meritato». «Il nuovo allenatore ha cambiato il modulo e abbiamo giocato più aggressivi e con grinta – ha aggiunto il giocatore –, ed è quello che dobbiamo continuare a fare. Non abbiamo ancora conquistato la salvezza, la strada è ancora lunga. Sappiamo che se vogliamo salvarci dobbiamo vincere tutte le partite, e la gara contro il Napoli ha mostrato che la squadra è viva. Di Natale? Anche lui è contento per questa vittoria, sono certo che lo rivedremo presto di nuovo in campo». «Sento molto la fiducia dell’allenatore – ha detto Silvan Widmer –, ed era quello che forse mi era mancato finora. La vittoria contro il Napoli è stata importantissima, anche se non siamo ancora salvi. Dobbiamo continuare così e non mollare di un centimetro. Abbiamo ora maggiore convinzione e sicurezza, che probabilmente prima di queste due ultime gare non avevamo. Abbiamo battuto una grande squadra giocando da gruppo e lottando tutti insieme».
Ore 10.00 – (Messaggero Veneto) Poche sensazioni eguagliano il volo, quel senso di libertà estremo che si prova staccando i piedi da terra per guardare tutto il mondo sottostante da un altro punto di vista. E quello di Bruno Fernandes, fino al primo minuto di recupero del primo tempo, era decisamente rivolto verso il basso con l’immagine del secondo rigore calciato, e sbagliato, a balenargli in testa molto più del primo penalty, segnato sì, ma solo col brivido. Cosa c’era di meglio, dunque, che spiccare il volo per liberarsi dal peso di quell’errore? É così ha fatto il classe ’94 portoghese, che ha staccato entrambi i piedi da terra per trasformare in gol, con una splendida rovesciata, il morbido cross di Zapata. «Sinceramente non ci ho pensato a farla, ho solo visto che non ci sarei potuto arrivare di testa. Sono contento perchè con quel gol ho rimesso la partita a posto dopo il rigore sbagliato». Ecco come Bruno ha spiegato quel momento di estetica meraviglia, autore di un gol anche simbolicamente liberatorio, con la porta completamente spalancata del Napoli ad accogliere tutta la voglia repressa dall’Udinese negli ultimi mesi. D’accordo, la partita era ancora lunga, ma quella rovesciata ha trasmesso il senso di un’impresa possibile a un’Udinese che Fernandes ha visto gagliarda come non mai. «Siamo stati solidi. Sono stati bravissimi i centrali della difesa nel lavoro su Higuain e i loro attaccanti, praticamente annullati, e sono stati bravi i centrocampisti. Sappiamo che ci sono partite in cui bisogna soffrire e ripartire, e questa era una di queste». A dirla tutta, anche l’Udinese non aveva mai visto un Fernandes così “terreno”, disposto a farsi chilometri in campo facendo la spola tra l’area avversaria e la propria, dando una mano in difesa come un umile mediano. Insomma, una partita a tutto tondo, in cui oltre all’errore del dischetto si è aggiunto solo il neo dell’ammonizione rimediata al 79’ minuto, e che gli costerà la squalifica a Marassi, dove già corre il pensiero del portoghese. «Sappiamo che abbiamo qualità, ma adesso non dovremo commettere passi falsi a Genova, dove dovremo dimostrare ancora concentrazione e attenzione». Poi, il siparietto finale davanti alle telecamere di Udinese Tv. Fernandes vede arrivare De Canio in postazione e gli cede il posto con un commento. «Da quando c’è il mister avverto fiducia, mi ha parlato, e i suoi consigli sono preziosi. É cambiato tutto». De Canio lo guarda e replica: «Dove scappi? Guarda che devi allenarti». Fernandes sorride e se ne va. Anzi, vola via leggero.
Ore 09.40 – (Messaggero Veneto) «Non mi esalto per il risultato, ma credo che abbiamo voltato pagina». È un Gianpaolo Pozzo soddisfatto quello che si è presentato ai microfoni di Udinese Tv alla fine della partita. «Ho sempre creduto che le qualità e le potenzialità di questa squadra fossero superiori a quelle che avevamo visto – ha dichiarato –, l’allenatore è stato bravo a mettere ordine, ha fatto pulizia e ha messo idee chiare in testa a tutti. Non vorrei sbilanciarmi troppo, ma sono convinto che faremo un buon finale». «La vittoria è stata frutto di una partita giocata bene – ha concluso –, anche perché il Napoli non è rimasto a guardare. Siamo riusciti a dominare e a vincere. De Canio? Mi ricordavo un allenatore che sa far giocare bene le squadre, i meriti di questi tre punti sono suoi, oltre che dei giocatori, perché ha dato organizzazione e non ha sbagliato davvero una mossa».
Ore 09.20 – (Messaggero Veneto) Avete mai sentito parlare del pallone che pesa un quintale? «Siamo stati vittima di una pressione innaturale che dobbiamo imparare a gestire meglio». Stavolta, ascoltando Maurizio Sarri – bravo, ma a volte decisamente poco sereno in panchina – quel famoso pallone era tra i piedi del Napoli, nervoso e distratto dalla polemica sui continui posticipi rispetto alla Juve, mentre l’Udinese volava leggiadra a centrocampo, alla faccia di una zona retrocessione che le alitava sul collo. Ecco il merito principale di De Canio: aver riportato la tranquillità in casa bianconera, ingrediente che, legato alle indicazioni tattiche ha fatto la differenza ieri: «Alla squadra ho chiesto organizzazione e voglia di sacrificarsi», racconta l’allenatore lucano. La squadra, dopo aver ottenuto quattro punti nel giro di due partite, pare rigenerata mentalmente… «E per questo sono soddisfatto. L’importante è mantenere i piedi ben saldi a terra: non siamo ancora salvi oggi, come se ci fosse stato un risultato diverso non saremmo retrocessi. Abbiamo sette gare di questo minitorneo da giocare, con partite altrettanto difficili e dobbiamo dimostrare di essere continui». Anche dal punto di vista tattico l’Udinese ha fatto dei passi in avanti… «Sapevo che loro cercano la manovra in velocità e quando ci riescono sono devastanti. Ho cercato di togliere loro questa caratteristica, mentre in fase offensiva eravamo decisi a creare più occasioni e infatti abbiamo tirato in porta più volte del solito, un dato importante per quella che era la squadra che aveva l’attacco più anemico del campionato. È importante anche per l’autostima». De Canio, è stata una partita giocata all’insegna del coraggio fin dalla vigilia: ha escluso dalla lista dei convocati un monumento come Di Natale. Alla luce di questo risultato si può dire che ha avuto ragione… «Non dovete vederla in questo modo. Io ho rinunciato a dei giocatori (anche Domizzi, oltre a Totò, ndr), perché sono l’allenatore dell’Udinese e quindi devo utilizzare gli elementi che sono più in forma. Non ho messo fuori rosa nessuno. Anzi. li aspetto da martedì con la disponibilità di rientrare. Sarebbe stato lo stesso per tutti, io ho solo agito coerentemente: nessuna guerra con nessuno. Anche perché, oltre alla stima per un attaccante che ha realizzato più di 200 gol in serie A, c’è altro: Totò è di una simpatia unica». Resta lo spazio per spiegare uno dei pochi errori della giornata: il secondo rigore sbagliato da Fernandes. Forse conveniva cambiare tiratore… «Vero. Non ho avuto il tempo per avvisarlo, richiamare la sua attenzione. Anche perché sono convinto che in caso di due rigori di una partita bisogna cambiare…».
Ore 09.00 – (Messaggero Veneto) Chi temeva il ritorno di Lorenzo il magnifico (Insigne) visto all’opera contro la Spagna o due-tre “pipite” nel sacco bianconero si è sbagliato di grosso. L’arco (di trionfo) dei Rizzi ieri era un monumento alla concretezza dell’Udinese di De Canio, capace di annientare il Napoli, di consegnare metà scudetto alla Juventus e, soprattutto, di aggiungere tre punti determinanti a una classifica che si stava facendo preoccupante. Non male per una squadra che, meno di un mese fa, dopo il flop casalingo contro la Roma, sembrava in picchiata. Prendere la cloche per cambiare la traiettoria non era semplice, ci voleva un pilota coraggioso e il Deca ha dimostrato di avere il brevetto da Top Gun nella missione salvezza. Per il modo con il quale ha presentato l’Udinese in campo contro Sarri, per il rigore comportamentale nelle scelte, compresa quella difficile su Totò (vecchio) sceicco del Friuli, incapace – ahinoi – di reggere il ritmo degli allenamenti imposti dal tecnico lucano. L’avevamo detto al momento del suo insediamento sulla panchina bianconera: il motto della riscossa doveva essere cantato necessariamente sulle note di “chi non lavora, non fa l’amore” e De Canio l’ha fatto. Ora si aspetta un segnale da parte di Di Natale, al quale ha teso la mano, riconoscendogli carisma e classe, qualità che, tuttavia, senza una condizione atletica adeguata, in serie A non possono più garantirgli un posto in campo. Difficile capire se il capitano tornerà a disposizione per la gara con la Sampdoria, se si piegherà alle richieste del tecnico di giocare le amichevoli infrasettimanali (e quelle durante la sosta, come contro l’Istra, quando il problema si è materializzato) o se darà seguito alle voci di una rescissione del contratto, magari per raggiungere immediatamente l’America o gli Emirati. Resta un velo di tristezza tra gli ingranaggi della ruota del calcio che macina tutto, spesso anche i ricordi nel nome del risultato. Il ruolo di Di Natale è stato uno dei nodi che hanno condizionato l’Udinese di quest’anno (e forse già quella di Stramaccioni) e la società dovrà mettere anche questo sul piatto della bilancia a fine stagione, quando Gino Pozzo dovrà riprogettare la squadra, inserendo tre-quattro pedine capaci di completare una rosa che non è malaccio se si esprime con l’intensità e la voglia messe in campo contro il Napoli. Non è stata una botta di… sedere o di Irrati (i due rigori fischiati dal pistoiese ci stavano, anche il secondo, quello fallito da Fernandes, e pure l’espulsione di Higuain): a Reggio Emilia, in casa Sassuolo, si erano intuiti degli spiragli interessanti che la sosta di campionato non ha chiuso. Il 3-5-2 con Bruno capace di recitare da attaccante aggiunto, da trequartista in un 3-4-1-2, è una soluzione logica con Kuzmanovic regista, uno schermo che dà anche solidità alla difesa bianconera, mentre il tandem offensivo (prima Zapata-Thereau, nel finale di partita Perica-Matos) ha decisamente più appoggi nella costruzione, come dimostra l’azione del secondo gol, siglato proprio da Fernandes in rovesciata su cross del Panteron Duvan. Chiaro che ora De Canio spingerà i vagoni bianconeri su questo binario, nella speranza di staccare il biglietto salvezza il prima possibile: dovrà cercare di fare risultato a Genova, la prossima domenica, contro il Doria, e tentare il colpo con il Chievo per raggiungere quota 38 con cinque giornate ancora da disputare. Insomma, l’Udinese non è ancora salva, ma da ieri è sulla buona strada.
SERIE A
Commenti
commenti