Venezia in B, Tacopina a tutto tondo sulla ‘Gazzetta’ tra investitori, Real Madrid e stadio. “E Inzaghi…”
giovedì 4 Maggio 2017 - Ore 10:00 - Autore: Gabriele Fusar Poli
I russi, i russi, gli americani. Due anni fa a Venezia si è chiusa mestamente l’era Korablin (esclusione dalla Lega Pro) e si è aperta quella entusiasmante e più credibile di Joe Tacopina. Due promozioni dalla D alla B partendo dalle macerie, una Coppa Italia di Lega Pro e ora la Supercoppa per fare il triplete. L’avvocato newyorkese innamorato del nostro calcio è alla terza avventura dopo Roma e Bologna. Funziona così: coinvolge investitori statunitensi facendo leva sui nomi delle nostre città e raccoglie finanze utili al rilancio dei club. Due settimane qui e due a New York, lavorando seguendo il fuso orario e rinunciando a ore di sonno. Sulla sua scrivania, nell’elegantissima sede realizzata in una vecchia carbonaia a Mestre, c’è il telegramma di congratulazioni arrivato dalla Juventus. «Mi hanno chiamato anche i miei amici Buffon, Totti e De Rossi. Ma il primo a scrivere è stato il Real Madrid».
Addirittura?
«La settimana prossima andiamo da loro a studiare il club più famoso al mondo. E’ il nostro modello. Il Real ha il 3% di tifosi a Madrid e il 97% in giro. Sarà così anche per Venezia, la città più famosa al mondo: 3% di tifosi in Italia, 97% in giro».
Tre promozioni di fila (la prima a Bologna), due stagioni con il d.s. Giorgio Perinetti (dallo D allo scudetto ha vinto tutti i campionati) e una con Pippo Inzaghi (campione del Mondo e tutto il resto). Come si sente con loro?
«Come fare una torta, con tanti ingredienti: lavoro, passione, credere in te stesso e nelle tue idee, l’integrità morale e di gruppo, sentirsi campioni. Anche in Serie D avevamo il pullman, le divise, struttura e look da A, e gli avversari ci guardavano straniti. Non è arroganza offensiva, ma arroganza positiva. Io sono il Venezia, punto».
In Italia, facendo così, è un attimo passare per fenomeni…
«Non è maleducazione. C’è rispetto per tutti. Crediamo nelle nostre capacità e nella nostra storia. Venezia è conosciuta in tutto il mondo più di Tacopina, Inzaghi e Perinetti».
La triade resterà unita in B?
«Se non cucinassero la torta come me, la cucina sarebbe un casino… L’anno prossimo sarà la stessa torta, poi ingredienti e sapori possono cambiare. Mi piace vincere e voglio vincere. Perinetti ha iniziato questo progetto con me: ci siamo stretti la mano per portare il Venezia in Europa. Vede: ci sono Londra, Parigi, Madrid, Barcellona, Milano, Roma, poi Venezia. Le altre sei città hanno squadre famose, noi la stiamo costruendo».
Come?
«Stiamo aprendo academy in Cina, Irlanda, New York. Il futuro è anche il settore giovanile, crescendo giocatori con i nostri valori e la nostra cultura. Poi il merchandising: Venezia ha milioni di turisti, qualcuno viene allo stadio e tanti cercano i prodotti del club. Quando sono arrivato, andavo nei negozi a chiedere la maglia del Venezia e ridevano, poi mi sono presentato e ho spiegato cosa volevo fare. Adesso abbiamo tre punti vendita, uno anche nel luxury mall vicino a Rialto (Fontego dei Tedeschi, ndr). Il nostro progetto è legato al calcio, ma chiaramente si va oltre, grazie alla più bella e famosa città del mondo. La nostra valutazione sui social media porta numeri incredibili, ci viene riconosciuta una creatività unica» (mostra schermate sull’iPad con dati inequivocabili).
Chi sono i suoi partner?
«Io sono l’azionista di maggioranza, un gruppo di grandi investitori mi aiuta. Sono stati qui la settimana scorsa, orgogliosi di far parte di questo progetto. Si sono fidati di me, ma è bastato il nome di Venezia…». [nella foto scatta dalla nostra redazione domenica scorsa, sono presenti alcuni degli investitori]
Nel progetto c’è il nuovo stadio, tema che a Venezia è vecchio come le gondole. Lei e il sindaco siete sicuri: è la volta buona?
«Prima di venire ho visto tante volte Brugnaro e sta mantenendo le promesse. Se ne parla da anni, ma nessuno ha fatto niente. Noi abbiamo portato la squadra in B, lo stadio sarà pronto in due anni: la nuova legge è importantissima, senza l’Italia non potrà mai più ospitare manifestazioni di livello».
La Roma fatica a realizzarlo…
«Qui siamo in Veneto, abbiamo Zaia e Brugnaro: sanno che Venezia potrà avere uno degli stadi più belli al mondo. L’investimento è nostro, creeremo lavoro e pagheremo tasse: i politici se ne potranno vantare».
Lei ha sempre detto che gli americani vedono grandi possibilità di business nel calcio italiano. Ne è sempre convinto?
«Anche di più, i frutti tornano. Basta chiedere ai miei partner: quando abbiamo preso il Venezia valeva zero, e adesso…».
[…]
Avete investito più di 3 milioni per vincere la D e più del doppio per salire in B. Giusto?
«Diciamo quasi il triplo».
Avete già fissato il budget per la prossima stagione?
«Sì».
Non è per farvi i conti in tasca, ma solo con un budget importante Inzaghi può restare…
«Per me non ci sono condizioni. Perinetti è qui perché ha deciso con me di portare Venezia in alto, senza se e senza ma».
Non vuole proprio parlare di Inzaghi… Si dice che piaccia al Verona, si dice che cerchi un’altra piazza vincente: preoccupato?
«Inzaghi ha un contratto, ha detto che vuole rimanere e non solo l’anno prossimo, anche lui vuole portare Venezia in Europa. Quando uno vince tutti lo vogliono, è normale. Ho capito come funziona il calciomercato, ma non vedo problemi. Crediamo in lui, mi ha detto che vuole essere ancora parte di questo progetto, non mi preoccupo delle voci che girano».
[…]
(Fonte: Gazzetta dello Sport, Nicola Binda. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)
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