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  • Editoriale

Presidenti in vetrina in un Triveneto che fiorisce: l’alba di una nuova era

mercoledì 28 Marzo 2018 - Ore 00:09 - Autore: Dimitri Canello

V come Venezia. Ma anche come “vittoria”. E anche come “vincente”. Come la mentalità di Joe Tacopina, un rullo compressore, che trascina tutti al rialzo. Il presidente, non appena è arrivato, è stato accolto da molti come un venditore di fumo, come un prestigiatore della finanza, come l’ennesimo bluff in laguna. Penso di essere stato uno dei pochi ad aver detto a chiare lettere sin da subito che Tacopina era e sarebbe stato tutt’altro. Ne sono testimoni i miei collaboratori e chi mi sta vicino. Quando è arrivata la notizia nell’estate del 2015 ho subito pensato: “Se gli fanno fare lo stadio, può portare il Venezia dove mai è arrivato prima”. In due anni e mezzo ha fatto tutto quello che aveva promesso, forse pure di più: ha riportato la squadra in C al primo tentativo, poi l’ha riportata in B al primo tentativo. Adesso, dopo la vittoria col Cittadella, non solo ha fatto irruzione in zona playoff, ma potrebbe persino ambire alla promozione diretta. Per chi non l’avesse capito. Stiamo parlando di Serie A. Forse ci spingiamo troppo oltre, forse il Venezia deve ancora dimostrare qualcosa in trasferta, perché in casa è un caterpillar. Sei vittorie consecutive, merito di uno staff fantastico, che lavora come una macchina perfetta. Leandro Rinaudo ha raccolto un’eredità pesantissima, quella di Giorgio Perinetti e, in punta dei piedi, a gennaio ha compiuto un piccolo capolavoro. Ha preso Litteri per 450mila euro (50 a gennaio, 150mila il secondo anno, 200 il terzo), che sinora ha segnato cinque gol, tutti decisivi, poi ha preso Firenze, due volte decisivo dalla panchina, ha tenuto Geijo (magari pure con un pizzico di fortuna, perché l’idea iniziale era quella di cederlo), ha valorizzato Stulac, ha ceduto Moreo per oltre un milione e 150 mila euro complessivi. Insomma, meglio di così era impossibile fare. Poi Inzaghi, certo. Impossibile trascurarlo o dimenticarlo. Motivatore incredibile, ha fatto di necessità virtù e ha scelto il 5-3-2, sulla falsariga della Spal dello scorso anno. Ha trasformato due esterni come Falzerano e Pinato in due mezzali d’assalto, ha tirato fuori il meglio dal gruppo e, soprattutto, predica e pratica la meritocrazia. Se si merita di giocare, con Inzaghi si gioca. E, “se si fa il fenomeno”, come ha detto lui stesso, si resta ad ammuffire in panchina. E’ un allenatore pragmatico, che col tempo è migliorato molto sotto tutti i punti di vista. Magari non sarà l’innovatore del ventunesimo secolo, magari il gioco del Venezia non sarà il tiki-taka di Pep Guardiola, ma Superpippo sta scolpendo su pietra un piccolo capolavoro: se andrà ai playoff sarà già un risultato notevole, se poi dovesse riuscire in quello che sarebbe a tutti gli effetti un autentico miracolo, entrerebbe senza alcun dubbio nella leggenda. 

Nel Triveneto che finalmente fiorisce come ai tempi d’oro, il fattore determinante sono i presidenti. Finalmente, dopo epoche buie, qualcosa all’orizzonte si muove. L’alba di una nuova era. A Trieste, per esempio, dove Mario Biasin ha salvato la Triestina dal baratro e, con Mauro Milanese, sta ricostruendo una casa distrutta dalla tempesta perfetta dopo anni da tregenda. A Padova, sempre per rimanere in tema, dove Roberto Bonetto prima ha contribuito a far rinascere il Biancoscudo umiliato da anni di gestioni folli assieme a Giuseppe Bergamin. Poi, una volta che il socio storico si è fatto da parte, sta dimostrando di che pasta è fatto. Il traguardo è vicino, manca ancora un piccolo sforzo ma per la B ci siamo quasi. A Cittadella, dove Andrea Gabrielli governa senza eccessi, senza alzare i toni e puntando tutto sui fatti. Si è svenato per tenere Stefano Marchetti sul ponte di comando e la sua creatura è un gioiello che va oltre le più rosee aspettative. A Pordenone, dove fra qualche eccesso e qualche derapata, Mauro Lovisa ha trasformato una piccola realtà in una squadra che lo scorso anno ha sfiorato la B e che quest’anno, dopo aver sbandato, in un modo o nell’altro, tiene. A Mestre, dove Stefano Serena ha raccolto le ceneri di due colori (l’arancio e il nero in frantumi) e in pochi anni li ha riportati a splendere in C, controvento e fra mille difficoltà. Senza uno stadio e senza avere il terreno sotto i piedi, camminando in equilibrio sul precipizio. A Bassano, dove Renzo e Stefano Rosso si accontentano del piccolo cabotaggio ma potrebbero alzare l’asticella in qualsiasi momento. A Bolzano, dove Walter Baumgartner a fari spenti sta portando il SudTirol sempre più in alto. Senza dimenticare Giampaolo Pozzo, uno che ha dimostrato che si può vivere di calcio se si sa gestire un club. O Luca Campedelli, che vive il suo anno più difficile, ma che da anni è in Serie A e che ha sfornato capolavori a ripetizione.

Ecco, in un quadro simile ci sarebbe da augurarsi davvero che il Vicenza, per il bene del calcio triveneto, trovi presto una proprietà all’altezza della sua storia ultracentenaria. Sembra incredibile che quella che da tutti è definita la nobile provinciale per eccellenza del calcio italiano, non riesca a trovare pace, penalizzata in classifica, fallita ufficialmente, con allenatori che vanno e allenatori che vengono, fantasmi che si agitano nell’ombra e un curatore costretto a fare i salti mortali per tenere accesa la fiammella. L’ultima mossa è quella disperazione: Lerda al posto di Zanini, per cercare di raddrizzare una barca che va a fondo. Sempre più in basso, sempre più giù, a due punti dall’ultimo posto. Non ci sono spiegazioni tecniche che tengano. A Vicenza manca tutto, ma non i giocatori. Senza stipendi, senza una guida, sono sperduti e spauriti, ma le qualità le hanno. Magari lo dimostreranno quando arriverà un presidente vero, qualcuno che gestisca il club non per meri interessi personali o per manie di protagonismo, ma perché crede in questi colori. Oppure, ben venga un business man alla Tacopina, per intenderci. Si può fare affari e, allo stesso, saper guidare una società. Non è impossibile, ma bisogna sapere ciò che si fa. E bisogna saperlo fare molto bene. Altrimenti si annaspa. E prima o poi si affonda.






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    UDINESE 2023-2024 (Calciomercato invernale new!) Acquisti: Giannetti (d, Velez), Pizarro (a, Deportivo Colo-Colo) Cessioni: Pafundi a (Losanna), Masina d (Torino) Oggi così (3-5-2): Okoye; Joao Ferreira, Perez, Giannetti; Ehizibue, Samardzic, Walace, Lovric, Kamara; Lucca, Thauvin. All. Cioffi

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    Trento 2023-2024 (calciomercato invernale, new!) Acquisti: Satriano a (Heracles), Italeng a (Atalanta Under 23), Giannotti c (Crotone), Cappelletti d (Brindisi), Spalluto a (Monopoli), Caccavo a (Pergolettese), Puletto c (Spal) Cessioni: Galazzini d (Brindisi), Ercolani d (Albinoleffe), Attys c (Feralpisalò), Petrovic a (Spal), Garcia Tena d (Potenza) Probabile formazione (3-4-2-1): Russo; CAPPELLETTI, Trainotti, Obaretin; Vitturini, Di Cosmo, Sangalli, GIANNOTTI; Anastasia, ITALENG; SPALLUTO. All. Moll Moll

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